Contratto determinato e altri contratti dopo il Jobs Act

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Con i decreti attuativi del Jobs Act ci sono una serie di contratti che sono irrimediabilmente modificati come il contratto a progetto destinato a scomparire, oppure il contratto part time. Ci sono poi una serie di contratti che non subiscono modifiche sostanziali come gli altri contratti e il contratto determinato.

Il contratto a tempo determinato, diversamente rispetto al contratto a progetto, non è destinato a scomparire, anzi, diventa un’alternativa per il datore di lavoro che non può impegnarsi in modo inequivocabile del lavoratore di cui ha bisogno per un tempo limitato.

Come cambiano le collaborazioni a progetto

Il riferimento normativo rispetto al contratto a tempo determinato è il famoso decreto di Riforma Contratti, approvato il 20 febbraio scorso dal Governo nel consiglio dei ministri.

Nonostante si debba ancora concludere la discussione a riguardo, è stato confermato interamente l’impianto del Decreto Poletti  2014, per cui il contratto a tempo determinato sarà consentito a queste condizioni:

  • per tre anni senza causale (36 mesi),
  • non può riguardare più del 20% dell’organico aziendale a tempo indeterminato (tranne che nelle micro-imprese fino a cinque dipendenti),
  • non dovranno essere obbligate dal limite del 20% anche le start-up innovative, le assunzioni di lavoratori con almeno 55 anni, le sostituzioni di dipendenti assenti, le attività stagionali, i contratti per specifici spettacoli o programmi radiofonici e televisivi.

Per quanto riguarda gli altri tipi di contratti: non ci sono novità sostanziali per il contratto di lavoro intermittente e per i lavoratori con più di 55 anni o con meno di 24 anni di età, è ammesso per un massimo di 400 giornate lavorative in tre anni.

Per il contratto di somministrazione tutto resta come prima: i dipendenti in somministrazione non possono superare il 10% dell’organico a tempo indeterminato. Per il lavoro accessorio invece ci sono piccole novità nel senso che l’uso dei voucher è ampliato a tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite di 3mila euro di corrispettivo annuo. In generale, il limite annuo della somma dei committenti è pari a 7mila euro, mentre ogni singolo committente non può superare i 2mila euro.

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