Fornero dice basta alle politiche di debito

 Quella che si è trovata di fronte il governo tecnico capitanato da Mario Monti era una situazione davvero disastrosa, dovuta a tante scelte sbagliate delle amministrazioni precedenti. Per questo è stato necessario correre subito ai ripari con delle misure di emergenza che non sono state ben accolte dal popolo.

Il Ministro Fornero, uno dei tecnici del governo che ha subito più critiche, ha parlato a Famiglia Cristiana cercando di dare delle spiegazioni alle sue decisioni e a quelle prese di concerto con i restanti membri del governo.

Per prima la riforma delle pensioni:

Un welfare che poggia su politiche di debito non è più sostenibile. Quando un edificio ha larghe crepe, occorre metterlo subito in sicurezza. E’ vero, la riforma delle pensioni, ispirata a criteri di sostenibilità finanziaria e di equità tra le generazioni, è stata severa.

Per questo motivo si è reso necessario per le pensioni un passaggio da una politica retributiva a una contributiva:

La riforma delle pensioni mira a ristabilire l’equilibrio, passando dalla formula retributiva a quella contributiva. Nella previdenza, la pensione deve corrispondere ai contributi versati durante la vita lavorativa. Ma se la pensione è povera e non permette di arrivare alla fine del mese, allora va integrata con risorse pubbliche, in modo trasparente e corrispondente all’equità.

Il Ministro parla anche dei giovani, che, a sua detta, sono tra le priorità della riforma del lavoro:

I giovani sono al centro della nostra riforma del mercato del lavoro. Tutti i fondi che avevo li ho messi a disposizione per l’occupazione dei giovani. La riforma del lavoro mira a realizzare un mercato inclusivo. Per tirare dentro quelli che sono ai margini: giovani, donne e anche lavoratori anziani. Per realizzare questo obiettivo abbiamo diversi strumenti, a cominciare dall’apprendistato, per avvicinare i giovani al mondo del lavoro. E ridurre le distanze tra scuola e lavoro.

Fino a 600 mila euro per il ricongiungimento previdenziale

 La previdenza è la bestia nera del governo tecnico, questione sulla quale si stanno facendo molte proposte, a volte anche contrastanti fra loro, per riuscire a risolvere il problema: da un lato la necessità di recuperare fondi per la copertura degli esodati (coloro che con la riforma si sono trovati senza reddito e senza pensione) e, dall’altro, il problema del ricongiungimento delle pensioni.

In questo secondo caso, all’ordine del giorno nell’agenda governativa, non sono mancate polemiche, forse meno gridate di quelle degli esodati, ma non per questo meno forti.

Il ricongiungimento, che fino a qualche tempo non costituiva un problema, dal momento che farlo era gratuito e anche piuttosto semplice, ora si è trasformato in un incubo. Dal 2010, infatti, il passaggio dei contributi pensionistici all’Inps è a titolo oneroso e, purtroppo, si tratta di somme impressionanti (alcuni potenziali ricongiunti si sono sentiti chiedere anche 600 mila euro).

E non c’è via di scampo: per chi, passando dal pubblico impiego al privato, cambia cassa di appartenenza, l’unica altra soluzione è quella di chiedere il cumulo dei contributi versati, il che porterebbe al calcolo della pensione secondo il sistema contributivo e non in base all’ultimo stipendio, il che si traduce, nella quasi totalità dei casi, in un dimezzamento della cifra percepita.

 

Camusso e Fornero: completo disaccordo su riforma delle pensioni

 Se da un lato c’è il Ministro del Lavoro Elsa Fornero che, rispondendo al question time al Senato, assicura che ci sono tutte le garanzie per mettere in atto la riforma delle pensioni con la creazione di una Super Inps, nella quale andranno a confluire anche Inpdap e Enpals, e ribadisce che

Non ci sono effetti sulla sostenibilità del sistema previdenziale che resta rafforzato dall’ultima riforma pensionistica.

Dall’altro lato c’è la leader della CGIL Susanna Camusso che, per niente convinta da queste affermazioni, chiede un’immediata revisione della riforma delle pensioni del governo Monti:

Dobbiamo modificare, e ci rivolgiamo al nuovo governo, la legge sulle pensioni – ha detto -. E’ sbagliata, non solo perché bisogna rimediare alle ingiustizie immediate, come il caso degli esodati, ma perché il Paese non può reggere questa riforma che così stravolge la vita di tante persone.

I problemi da affrontare, continua Susanna Camusso nell’intervista rilasciata a RadioArticolo1, sono molteplici e toccano tutto il mondo del lavoro: dalla questione produttività – l’incontro con le associazioni delle imprese italiane si è concluso con un nulla di fatto – e a quello della collocazione degli impiegati delle amministrazioni provinciali, che, a causa del taglio delle provincie, si ritroveranno presto senza un lavoro.

 

Proposte di sperimentazione pensioni e ricongiungimento

 La riforma del sistema pensionistico proposta e messa in pratica dal governo tecnico ha scontentato la maggior parte dei lavoratori, che sperano in una ulteriore revisione del sistema previdenziale che possa raggiungere due obiettivi fondamentali: garantire la pensione a tutti coloro che hanno versato i contributi  senza gravare in modo eccessivo sulle casse dello stato.

Una proposta in tal senso arriva da Pd e Pdl, secondo la quale una soluzione potrebbe essere quella di riportare in vita la possibilità, per i lavoratori che abbiano maturato almeno 35 anni di contributi, di andare in pensione a 58 anni. La proposta potrebbe concretizzarsi in una sperimentazione che si concluderebbe nel 2017: per i lavoratori dipendenti 58 anni (57 le donne) fino a tutto il 2015 e poi 59 (58 le donne) fino alla fine del 2017, ricevendo un assegno più leggero.

Secondo l’attuale normativa pensionistica adesso si può andare in pensione non prima di aver raggiunto 62 anni di età e un minimo di 42 anni di contributi (41 per le donne). In effetti i due standard per accedere alla pensione la fanno apparire come un miraggio, tanto che, secondo alcuni recenti sondaggi, i lavoratori non sono preoccupati sul da farsi una volta in pensione, bensì la loro preoccupazione è rivolta a come arrivare alla pensione.

Un altro problema annoso è quello del ricongiungimento pensionistico che, a causa di una riforma attuata durante il governo berlusconi, è diventato talmente esoso (si va da circa 50 mila euro a somme che vanno oltre i cento mila)

 

 

La Corte dei Conti richiede un tempestivo risanamento dei fondi pensione

 Due le priorità evidenziate dal referto della Corte dei Conti per quanto riguarda la gestione dei fondi pensionistici  dell’Inps: in primo luogo un controllo più attento delle conseguenze che le riforme del lavoro e della previdenza obbligatoria hanno sulla spesa pensionistica, in secondo luogo la necessità di ripensare la previdenza integrativa e complementare.

Sono i fondi pensione complementari a preoccupare in modo particolare la Corte, in quanto l’adesione a queste forme di previdenza integrativa sono a livelli molto bassi tra i lavoratori dipendenti italiani, con una percentuale che si assesta intorno al 127% del totale.

Le misure intraprese dal governo in tal senso, come l’abbassamento dei tassi di sostituzione tra l’ultimo stipendio e il primo assegno pensionistico, non si sono dimostrate efficaci per incentivare i dipendenti a intraprendere questa strada. Il report della Corte dei Conti è un invito piuttosto perentorio al Governo: è necessario educare e informare i lavoratori sulla previdenza integrativa, come già succede da molti anni in diversi paesi d’Europa, anche attraverso un ripensamento dell’offerta previdenziale, che dovrebbe risultare più chiara e univoca.

Solo grazie ad una riduzione della parcellizzazione dell’offerta, che per ora è spalmata su proposte troppo spesso in contrasto (piani individuali pensionistici (Pip), fondi negoziali e di categoria), si potranno convincere i lavoratoti dipendenti ad assicurarsi una adeguata copertura pensionistica.

Esodati: diatriba Parlamento e Governo crea confusione

La Commissione Lavoro, per prima, approva l’emendamento alla legge di Stabilità, quindi le garanzie per gli esodati sembrano esserci. Poi la commissione Bilancio della Camera blocca lo stesso emendamento, che giudica inammissibile, quindi le garanzie non ci sono.

Poi, ancora, il ministro Fornero, parla di coperture per almeno 140mila esodati, che dovrebbero arrivare sempre attraverso la stessa legge di stabilità.

Il problema è sempre lo stesso, cioè la mancanza di una adeguata copertura finanziaria per le garanzie, emersa solo al momento del passaggio delle proposte di emendamento in commissione bilancio, che ha portato al blocco degli stessi, in particolare quelli riguardanti la ricongiunzione contributiva onerosa e l’allargamento delle categorie di esodati tutelati.

La notizia che ha dato nuove speranze a tutti i lavoratori che, loro malgrado, si sono venuti a trovare in questa situazione è arrivata in queste ore dal ministro del Welfare Elsa Fornero, secondo la quale le garanzie potrebbero essere estese a 140.000 persone. Anche in questo caso, però, la smentita non ha tardato ad arrivare: è il capogruppo del Pd in commissione Lavoro Cesare Damiano che avverte che la possibilità delle’estensione delle garanzie deve essere annunciata solo quando sia il Governo che l’Inps avranno i numeri esatti degli accordi di mobilità stipulati nel 2011.