Così il Jobs Act prova a combattere la disoccupazione

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Se le aspettative hanno un peso dal punto di vista economico, occorre riconoscere che il Jobs Act è una scommessa importante per scuotere il mercato del lavoro.

Una liberalizzazione via decreto dei contratti a termine per togliere definitivamente le causali e permetterne i rinnovi fino a cinque volte in 36 mesi e poi la delega del lavoro, che in pochi mesi è diventata legge, sono delle buone prove.

Ora si passa alla fase attuativa, con i primi due decreti legislativi sul contratto al tutele crescenti e la nuova Aspi in rampa di lancio. Le attese stanno avendo delle risposte. L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori è superato per i futuri contratti, non per quelli vigenti. Ora, dunque, si può tornare ad assumere? Si, secondo il premier Renzi.

Ma alcuni problemi iniziano proprio in fase di attuazione per il Jobs Act. In ballo c’è il lavoro di 8,6 milioni di persone che cercano e non trovano un impiego. Il tasso di disoccupazione è superiore al 13%. Fino a fine 2016 non scenderà sotto la soglia del 12,6%.

Il Jobs Act offre una decontribuzione per le nuove assunzioni a tempo indeterminato che vale 1,8 miliardi l’anno prossimo e sale nel triennio a 5 miliardi. Inoltre, il Governo ha aggiunto sul piatto un taglio del costo del lavoro dalla base imponibile Irap per 2,7 miliardi che durante il 2017 lieviteranno a 5,6 miliardi. La domanda è: basterà?

Inoltre, l’Ufficio parlamentare di bilancio, ha accreditato le stime di 800.000 nuove assunzioni potenziali nel 2015 aggiungendo che le misure potrebbero attrarne anche di più.

Se la sfida per i conti pubblici proverrà davvero dal fronte assunzioni, il Jobs Act farà effetto.

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