Le banche centrali in aiuto delle Borse

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Le banche centrali soccorrono i listni. Nel martedì del quasi-rimbalzo, i mercati europei vogliono credere in un finale positivo.

Per quello che fanno e per quello che forse non faranno (se non aumentano i tassi in America) le autorità monetarie sono protagoniste di una tregua. Effimera: il recupero di Wall Street scema in serata, turbato da voci su capovolgimenti politici a Pechino. Il copione è il terzo remake dalla crisi del 2008: il protagonismo delle banche centrali è una costante. Basterà questa volta?

Dopo venerdì e lunedì neri, anche la giornata di ieri si apre sotto pessime luci: la Borsa di Shanghai in caduta libera, meno 7,6%. La mini-svolta positiva arriva dopo la chiusura del mercato di Shanghai, quando la banca centrale cinese annuncia due misure anti-crisi. Taglia i tassi d’interesse, decurtando dello 0,25% il costo del credito. E riduce le riserve obbligatorie delle banche.

Questo secondo gesto equivale a “liberare” più di 100 miliardi di dollari di liquidità. Inondare di moneta l’economia reale: è una cura che ricorda il “quantitative easing” (acquisto di bond) della Federal Reserve.

Sui media cinesi per la prima volta affiorano critiche verso il dirigismo dei giorni scorsi, quando le autorità cercavano di calmare la Borsa acquistando direttamente titoli sul mercato. Il quarto giorno consecutivo di ribassi ha distrutto 1.000 miliardi di dollari di ricchezza finanziaria in Cina. Il Financial Times evoca un siluramento del premier cinese Li Keqiang.

In Europa si sentono i primi benefici dalla mossa della banca centrale cinese. Rialzi ovunque: gli europei vogliono credere che Pechino sta riprendendo la situazione in mano. Wall Street parte in recupero ma chiude in calo. In America cresce l’auspicio che la Fed rinunci ad alzare i tassi nel 2015.

 

 

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