Ripresa, le banche italiane sono pronte a raggiungere i livelli europei

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L’Italia è pronta a tenersi al passo con l’Europa: la crescita è più solida, secondo il Rapporto di previsione 2015-17, elaborato dall’Associazione delle banche italiane (Abi) con gli uffici studi degli istituti del credito.

Il documento rende noti i numeri del governo e prevede l’uscita della nostra economia dalla crisi di concerto con un processo di convergenza della nostra performance economica verso quella media dell’area euro.

Ciò non si verificava dall’inizio del nuovo millennio. Se infatti quest’anno, data la pesante eredità della recessione, la crescita del Pil dovrebbe essere di 7 decimi di punto, nel biennio 2016-17 un insieme di favorevoli condizioni dovrebbe condurre l’Italia ad uno sviluppo stabile dell’1,6% annuo: tra esse, il perdurante buon apporto delle esportazioni e il determinante contributo della domanda interna.

Proprio sul fronte interno, i consumi dovrebbero beneficiare in particolare della risalita del reddito disponibile reale (+0,9 in media nel triennio di previsione contro una contrazione pari al -1,5% medio annuo dal 2008 al 2014) alimentata da una buon ripresa dell’occupazione e da un consolidamento della fiducia delle famiglie.

Gli investimenti, abbattuti nel bel mezzo della crisi economica e che già nel primo trimestre sembrano aver mostrato segni di risveglio, dovrebbero rispondere positivamente alle prospettive di ripresa divenendone nel biennio finale della previsione il fattore trainante. Sul profilo di entrambe le componenti della domanda interna oltre ai fattori nazionali eserciterà effetti benefici la politica della Bce nonostante l’incertezza strutturale dovuta all’esistenza di una politica monetaria unica accanto a tante politiche fiscali quanti sono i paesi membri dell’Eurozona.

In base a quanto contenuto nel rapporto, la ripresa della domanda riuscirà ad allontanare definitivamente i rischi di deflazione, con una crescita dei prezzi al consumo in Italia che sarà inferiore a quella europea (1,3% contro 1,7% nella media del biennio 2016-17) ma ben distante dai valori negativi conosciuti a inizio d’anno.

 

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