Interventi sugli involucri degli edifici

 Chi s’impegna economicamente nell’ottimizzazione del consumo energetico della sua abitazione e quindi la rende più calda e risparmiosa, può chiedere l’accesso ad una serie di benefici. Gli ultimi previsti sono quelli per la riqualificazione energetica che consistono in una detrazione d’imposta del 55% della spesa sostenuta fino ad un massimo che varia in base al tipo d’intervento. 

Abbiamo visto in altri articoli le caratteristiche principali delle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico, abbiamo valutato i destinatari di questi interventi ed abbiamo considerato che lo sconto sull’Irpef del 55% non può essere cumulato con altre detrazioni. 

Abbiamo quindi preso in esame gli interventi che possono ottenere detrazioni fino a 100.000 euro. Adesso passiamo in rassegna gli interventi sugli involucri degli edifici.

Per questo tipo di attività si possono ottenere detrazioni fiscali fino ad un massimo di 60.000 euro ma occorre rispettare alcuni requisiti. Per esempio è necessario intervenire su edifici esistenti, su parti di edifici esistenti, sulle strutture opache orizzontali, verticali, sulle finestre, gli infissi e via dicendo.

Rientrano negli interventi sugli involucri degli edifici, anche la sostituzione dei portoni d’ingresso affacciati all’esterno. E’ necessario che per ogni operazione un tecnico valuti il miglioramento in termini energetici per l’edificio. La detrazione massima per questi interventi è pari a 60 mila euro.

Interventi di riqualificazione energetica

 La legge individua le tipologie d’interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti che possono essere incluse nelle richieste di agevolazione. Abbiamo già visto insieme una panoramica di tutti gli interventi ammessi al beneficio, i destinatari delle detrazioni e l’impossibilità di cumulare più di uno sconto.

Adesso, tra tutti gli interventi ammessi al beneficio, prendiamo in esame quelli di riqualificazione energetica di edifici esistenti.

Il valore massimo della detrazione per questo tipo d’interventi è stabilito in 100.000 euro, che è il 55 per cento di 181.818,18 euro. La cifra che eccede questo limite non può essere sottoposta ad ulteriori detrazioni. Nella categoria definita non sono stati ulteriormente specificati gli interventi di riqualificazione energetica ammessi al beneficio.

Quindi, sono compresi tutti quegli interventi che consentono il raggiungimento di un indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale non superiore ai valori definiti dal decreto del Ministero dello Sviluppo economico dell’11 marzo 2008 – Allegato A.

Per ogni singolo intervento o per l’insieme degli interventi che influiscono sulle prestazione energetiche di un edificio, rendendolo maggiormente efficiente, può essere richiesta l’ammissione al beneficio.

C’è da ricordare che, come dice l’Erario:

“L’indice di risparmio per fruire della detrazione deve essere calcolato in riferimento al fabbisogno energetico dell’intero edificio e non a quello delle singole porzioni immobiliari che lo compongono.”

Scritture contabili e atteggiamenti antieconomici

 Il Fisco non è tenuto a dare un’opinione sulle scelte fatte da un imprenditore a patto che queste scelte poi non ricadano sulla gestione contabile o meglio non evidenziano un’incongruenza tra scritture contabili e scelte irragionevoli.

Entriamo nel dettaglio di un interessante pronunciamento della Corte di Cassazione che ha dato qualche indicazione su come le aziende devono gestire le scritture contabili nella sentenza n. 19559 del 9 novembre.

Il Fisco, in pratica, può procedere con l’accertamento dei dati contabili di un’azienda che si sia sottoposta agli studi di settore, se rileva che alcune opzioni esercitate dall’imprenditore sono “antieconomiche” o comunque illustrano una gestione dell’azienda insostenibile nel tempo.

Questo non vuol dire che l’Erario mette in dubbio la correttezza delle scritture contabili ma non le trova congrue con quanto l’imprenditore dichiara di aver fatto e di voler fare.

Il fatto. Una Srl si era opposta ad un avviso di accertamento per Irpeg ed Iva relativi al 2003. Il giudice di primo grado aveva aveva respinto l’opposizione  anche i giudici di secondo grado avevano fatto lo stesso piegando che nelle scritture contabili era emerso un atteggiamento antieconomico perdurante dell’imprenditore.

Questo ha pensato di rivolgersi allora alla Cassazione lamentandosi per un’irregolarità nella procedura dove sarebbero stati omessi i fatti decisivi del processo. La Cassazione però, ha condannato l’antieconomicità delle scelte dell’impresa spiegando che la correttezza delle scritture contabili non preclude un accertamento del Fisco se si va oltre i criteri di ragionevolezza della gestione economica dell’impresa. 

La simulazione del Redditest

 Del nuovo redditometro abbiamo parlato approfonditamente enucleando nel dettaglio le nove macrocategorie di spesa  previste da questo strumento ed anticipando le polemiche conseguenti alla simulazione del software.

Gli italiani, oggi alle prese con la scadenza più imminente, quella dell’Imu, faticano ad essere sereni sui controlli che potranno ottenere in futuro. Non è servito a niente indugiare sul fatto che il Redditest è sostanzialmente uno strumento di autoanalisi per i contribuenti e comunque uno strumento che punta a stanare gli evasori.

I timori e le perplessità nascono dall’esito di una simulazione che Befera, nella presentazione ai cittadini, ha provato a stemperare. Per la definizione del Redditest sono stati simulati i redditi di alcune famiglie italiane, così come sono stati indicati nella dichiarazione dei redditi.

Ne è emerso che circa 4,3 milioni di dichiarazioni dei redditi già inviate all’Erario risultano irregolari, il che vuol dire che 1 famiglia su 5 non presenta una situazione “reale” congruente con quanto dichiarato. In più è stato notato che 1 milione di famiglie circa ha dichiarato redditi prossimi allo zero.

Queste due “irregolarità”, secondo Befera, sarebbero legate soprattutto al lavoro nero e ad una serie di redditi da canoni d’affitto incassati ma mai dichiarati. Sicuramente un’incongruenza non evidenzia sempre e soltanto un’evasione, ma genera la richiesta di dialogo da parte dell’Erario.

Befera presenta e spiega il temuto Redditest

 Redditest è il nuovo strumento di verifica dei redditi degli italiani, il nuovo redditometro per intenderci che il Presidente dell’Agenzia delle Entrate ha presentato prima alle associazioni di categoria e poi ai contribuenti scatenando già una serie di polemiche.

Il fatto è che i contribuenti potranno usarlo soprattutto come strumento di autoverifica, per capire se quanto dichiarato al fisco corrisponde alla realtà, se cioè è stato speso meno o tanto quanto si è guadagnato. Il fatto di vedersi dare il via libera dall’Erario è sicuramente una soddisfazione, mentre preoccupa quel pallino rosso che potrebbe far scattare una verifica dell’Agenzia delle Entrate.

Simulazioni a parte, avremo modo di affrontare l’argomento, del nuovo Redditest, spiega Befera, devono avere paura soltanto gli evasori che con il loro comportamento fiscale arrecano un danno a tutta l’economia del paese.

Nel Redditest, molto più completo della precedente edizione, sono considerate nove macro categorie di spesa che consentiranno l’accertamento sintetico del reddito degli italiani:

  • acquisti di beni durevoli
  • trasporti
  • abitazione
  • alimenti, bevande, abbigliamento e calzature
  • combustibili d’energia
  • immobili, elettrodomestici e altri servizi per la casa
  • sanità, comunicazioni e istruzione
  • tempo libero, cultura e giochi
  • altri beni e servizi.

E’ evidente che in questo caso, rispetto a quanto accadeva in passato, il Redditest si basa sulle spese realmente sostenute e sulle situazioni di fatto enucleate dall’Istat. In più si considera area geografica di residenza della famiglia e la classificazione Istat conseguente.

Disponibili gli elenchi del 5×1000

 Il 5 per mille è quella parte dell’Irpef che i cittadini possono decidere di versare ad enti, organizzazioni di volontariato ed organizzazioni sportive che hanno fatto per tempo la richiesta d’inserimento negli appositi elenchi nazionali.

Su cosa sia il 5×1000, a chi vada versato e la trafila da seguire per chiedere di essere inseriti negli elenchi per tempo in base al fatto di essere enti di volontariato o associazioni sportive, ci siamo già soffermati. Nel frattempo sono stati pubblicati sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali gli elenchi dei pagamenti di questa quota Irpef relativa alle dichiarazioni del 2010 e quindi ai redditi del 2009.

Gli enti di volontariato che avevano chiesto di inserire il proprio codice fiscale tra i beneficiari, possono controllare la propria presenza negli elenchi. Tutti i pagamenti effettuati hanno fatto salire il monte totale a 220 milioni di euro che saranno destinati in parte ai 39 enti che hanno importi superiori a 500 mila euro, come lo sono Medici senza frontiere o Emergency, in parte a tutti gli altri enti che non superano i 500 mila euro.

Nel caso in cui un’associazione verifichi la propria assenza dagli elenchi ufficiali, può chiedere dei chiarimenti al Fisco ma è necessario considerare che in questo momento l’Agenzia delle Entrate sta effettuando una serie di controlli e se ci dovranno essere delle rettifiche i pagamenti potrebbero slittare al 2013.

Non paga l’IVA la discoteca galleggiante

 Una casa galleggiante, di quelle che si trovano soprattutto in Nord Europa, che sia affittata a terzi per un’attività commerciale, non è sottoposta al pagamento dell’Imposta sul Valore Aggiunto. Ecco la decisione della Corte di Giustizia.

Il fatto. Ad una cittadina tedesca, che possiede una casa galleggiante, è stato chiesto di pagare l’IVA sulla locazione del suo immobile che in quanto tale poteva essere considerato immobilizzato in modo definitivo sulla riva del fiume. L’immobile in questione era usato come ristorante e discoteca.

La cittadina tedesca, però, ha già stipulato un contratto con lo stato per l’occupazione di una parte del Reno e del terreno immediatamente confinante con la casa sull’acqua. Questa signora ha poi pensato di concedere il suo immobile in affitto ad una società che ha trasformata la struttura in una discoteca.

Sul canone d’affitto corrisposto i firmatari del contratto non hanno pagato l’Iva, dal momento che si tratta appunto di un contratto di affitto. L’amministrazione tedesca, verificato che l’affitto riguardava un bene mobile, ha chiesto alla contribuente di versare l’Iva evasa.

Per dirimere la questione la Corte d’Appello tedesco ha sottoposto dei quesiti alla Corte di Giustizia Europea che ha definito un quid unico la casa galleggiante, l’area per l’ormeggio della stessa e i pontili necessari all’accesso e poi ha spiegato che la casa galleggiante deve essere trattata come un immobile dando quindi ragione alla cittadina.

Indicatori, redditest e difese future

 Il nuovo redditometro è pronto, adesso ai contribuenti devono soltanto imparare a conoscerlo ma online sono già pronte le guide per difendersi in futuro dalle spie rosse che il software accende per dimostrare che c’è una qualche irregolarità.

Sono mesi che il nuovo redditometro è promosso dall’Agenzia delle Entrate e il software in questione, adesso, sembra arrivato al capolinea. I rappresentanti delle categorie produttive ne hanno già preso visione ma i contribuenti potranno visionarlo soltanto a partire da oggi.

I tempi di realizzazione e sperimentazione del prodotto sono stati abbastanza lunghi: si parla di circa due anni e mezzo visto il redditest era stato presentato con la manovra estiva del 2010. Il programma in questione sarà a disposizione dei contribuenti che indicando redditi e spese potranno sapere se il fisco valuta congrue le dichiarazioni rilasciate.

A livello visivo non ci saranno dubbi: spia verde per le dichiarazioni conformi, spia rossa per quelle che presentano una qualche irregolarità. Il bello è che il nuovo redditometro è soprattutto uno strumento di autodiagnosi e i risultati forniti ai contribuenti non potranno essere usati dal fisco.

Il fisco è molto preciso, ha raggruppato in macrocategorie qualcosa come 100 indicatori, le spese per la casa da una parte, quelle per i figli dall’altra e via dicendo. Ma se la ricchezza aggiuntiva di cui si dispone deriva dalla donazione dei famigliari (per esempio quel bonifico di papà per comprare casa), il contribuente non sarà considerato più ricco ma dovrà presentare traccia dei trasferimenti di denaro se l’Erario gliene chiederà conto.

Il fisco guadagna con la mediazione

 Evitare mille liti tributarie al mese. Se questo era l’obiettivo del nuovo istituto di mediazione del fisco italiano, allora si può festeggiare per il compimento dell’opera. La mediazione tributaria è in piedi, per così dire dall’aprile di quest’anno e le prime stime sul lavoro realizzato parlando di un bel successo.

In prima fila tra le Regioni che hanno rasserenato i rapporti tra fisco e contribuenti ci sono la Sicilia e la Campania. In sette mesi, la mediazione messa in campo dall’Agenzia delle Entrate per dirimere questioni legate ad accertamenti, contestazioni e altre “piccole” beghe di valore non superiore ai 20 mila euro, ha riportato una buona quantità di soldi nelle casse dell’Erario.

Il 31 ottobre i dati aggiornati parlavano di 27 mila istanze di reclamo, un passaggio necessario affinché i contribuenti possano poi avviare il ricorso alle Commissioni tributarie competenti. Le istanze di reclamo analizzate da aprile alla fine di ottobre sono state circa 13.550.

Di queste, ben 7 mila, che possono essere considerate mini-liti, hanno portato ad un accordo con il contribuente. La risoluzione è stata fissata a metà tra le richieste dell’Erario e quelle dei contribuenti. Un altro 25 per cento di domande, invece, sono state analizzate dall’amministrazione finanziaria che ha effettuato una proposta d’intesa ai contribuenti ed ora è in attesa di un feedback.

Indagine Confesercenti sulla tassazione

 Uno studio molto approfondito di Confesercenti offre una panoramica sulla tassazione operata nel nostro paese e in Europa, spiegando come l’Italia sia il posto più caro per i contribuenti. Ecco una breve presentazione dei risultati del rapporto.

Il primo dato interessante riguarda l’aumento netto dell’imposta calcolato nel periodo che fa dal 2001 al 2012, sembra infatti che sia stata una crescita di 9 miliardi di euro di tasse in più, mediamente, ogni anno, fino a raggiungere 103 miliardi di aumenti nell’intero periodo. 

L’incremento della tassazione è legato alla maggiore pressione fiscale introdotta progressivamente dalle manovre di finanza pubblica dalla fine del 2000 ad oggi. Il gettito complessivo è di 204 miliardi e la metà di questa quota arriva proprio dalle tasse.

Rispetto all’Europa, l’Italia è un paese molto caro, dove la pressione fiscale è cresciuta di 3,4 punti percentuali ed oggi il divario rispetto alla media UE è cresciuto fino a 5 punti. I dati ufficiali per il 2012 raccontano di una tassazione al 44,7 per cento, che vuol dire 2,2 punti in più rispetto a quanto abbiamo visto nel 2011.

In pratica, le tre manovre economiche, dalla metà del 2011 alla Legge di Stabilità, peseranno sulle tasche delle famiglie del Belpaese per ben 1450 euro. Confesercenti spiega che se l’Italia si allineasse con la tassazione all’Europa, ogni famiglia avrebbe in tasca circa 3400 euro in più ogni anno.