Ecobonus auto elettriche, ecco come funziona lo sconto

L’obiettivo è quello di provare a rilanciare il settore automotive e il Governo, proprio per tale ragione, ha preso la decisione di ampliare gli incentivi dedicati all’acquisto delle auto elettriche. Sembra, almeno stando a quanto previsto da un emendamento proposto alla legge di Bilancio, che ha già ricevuto approvazione in Commissione Finanze della Camera dei Deputati, una novità che dovrebbe prendere piede a breve.

Bonus 1000 euro, allungato il termine per la presentazione delle domande

Una nuova circolare che è stata pubblicata da parte dell’INPS ha messo in evidenza diversi punti chiave che si riferiscono al bonus 1000 euro, che è stato confermato all’interno del Decreto Ristori. Si tratta di una misura di vantaggio solamente per alcune categorie di lavoratori, che hanno dovuto affrontare una serie di danni e di conseguenze per colpa della pandemia da Coronavirus.

All’interno del decreto Ristori troviamo nuovamente un bonus pari a 1000 euro, ma solo per determinate categorie di lavoratori, che comprendono gli intermittenti, i lavoratori dello spettacolo, gli stagionali e pure i lavoratori somministrati del turismo. L’INPS ha deciso, tramite una nuova circolare, di fare chiarezza su tutti i dettagli, con l’estensione dei termini per proporre domanda, con la scadenza fissata al 18 dicembre.

Cartelle esattoriali sospese, stop fino al 31 dicembre

Cartelle esattoriali sospese: l’Agenzia delle entrate specifica che è stato stabilito uno stop ai pagamenti delle cartelle, agli avvisi, alle notifiche e ai pignoramenti fino al 31 dicembre 2020. Cosa cambia effettivamente per il debitore nei confronti dell’erario?

Contributo a fondo perduto: chiarimenti sulla richiesta

Il contributo a fondo perduto è uno dei mezzi messi a disposizione dallo Stato per aiutare le partite Iva a fronteggiare i problemi nati durante e dopo il lockdown obbligato dalla pandemia di Covid 19: al fine di chiarire alcuni dubbi, l’Agenzia delle Entrate ha emesso una circolare dedicata.

Regime agevolato, gli esclusi del 2020

Vi sono novità e non piacevoli per alcuni contribuenti che lo scorso anno hanno aperto partita Iva in regime agevolato: alcune categorie potrebbero trovarsi a chiuderla nel corso di questo 2020.

FCA, Agenzia entrate chiede pagamento tasse arretrate

Proprio mentre si trova al lavoro con PSA per il memorandum di intesa sulla fusione FCA subisce un ennesimo colpo: stavolta ad infierire è l’Agenzia delle Entrate che richiede il pagamento delle tasse arretrate relativamente all’acquisizione di Chrysler avvenuta nel 2014.

Tra crisi di Governo e stangata Iva: arriva l’allarme

 Il Governo aveva promesso che avrebbe scongiurato l’aumento automatico dell’Iva, ma se dovesse cadere l’esecutivo, la stangata sarebbe inevitabile. Manca poco e bisogna far presto, secondo gli addetti ai lavori, altrimenti arriverà una batosta sui consumatori che si rifletterà sull’economia del paese.

Se l’attuale maggioranza non dovesse trovare una soluzione alla crisi, o se si dovesse passare ad un Governo tecnico senza avere il tempo di apportare i correttivi, allora i cittadini pagheranno 23 miliardi in più per le merci.

L’aumento automatico dell’Iva

L’Iva è destinata ad aumentare automaticamente in base alle leggi di Bilancio che hanno introdotto le clausole di Salvaguardia. Queste scattano in modo automatico se non si rispettano i parametri europei. È quanto aveva promesso l’attuale Governo, rispettare questi parametri.

I conti pubblici italiani hanno bisogno di una sistemata, degli interventi che però potrebbero saltare anche in caso di Governo tecnico nominato dal Presidente della Repubblica. Salvini chiama al voto di sfiducia per il 20 agosto, ma gli interventi per “disinnescare” le misure automatiche e trovare le risorse necessaria per coprire i buchi richiedono tempo.

E le previsioni dicono che in caso di scatto automatico, l’incremento dell’Iva sarà di 23,07 miliardi di euro, che pagheranno cittadini ed imprese.

Si tratterebbe di un aumento che potrebbe mettere in ginocchio i consumatori. Anche perché questa volta l’aumento sarebbe consistente, con l’Iva che andrebbe al 22% per i beni di consumo, e al 25,2% per altri beni. Anche i beni che godono di un’aliquota avvantaggiata, quelli essenziali ed alimentari, andrebbero al 13%, con un aumento netto di un solo colpo del 3%.

Fino ad ora l’aumento automatico dell’Iva era stato evitato grazie ai vari interventi, ma mai era capitata una crisi nel bel mezzo di un momento così delicato, con la lettera di richiamo da parte dell’Unione Europea ancora fresca, e le relative promesse italiane accettate da Bruxelles.

Ma se da una parte si scongiurano aumenti per i cittadini, sulle merci, dall’altra lo Stato continua a dover coprire i buchi, come successe al tempo di Renzi che dovette mettere sul piatto quasi 30 miliardi in due anni. Con Gentiloni furono 15 i miliardi in più da aggiungere, e con Conte, l’anno scorso, si arrivò quasi a 13 miliardi di manovra.

Geneve Invest e l’opinione sui Bitcoin: investimento sicuro, truffa o fenomeno temporaneo?

 “Concretamente è molto difficile dare un valore al Bitcoin – spiega Neri Camici di Genève Invest –  da un lato la blockchain è sicuramente una tecnologia rivoluzionaria, per la quale intravedo molti campi di applicazione, dall’altro è opportuno far notare che, allo stato attuale, poche società accettano pagamenti in Bitcoin: ad oggi, è considerato più un bene rifugio, come l’oro, che come un vero e proprio mezzo di pagamento.”

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“I numeri – spiega ancora Camici da Geneve Invest, società indipendente di gestione patrimoniale fra le più importanti in Europa – ci dicono che nonostante l’incremento del prezzo dallo scorso anno sia stato del 2000%, il numero delle transazioni in Bitcoin è aumentato “solamente ” dell’8%,  è quindi possibile dedurre che l’incremento di valore non derivi tanto dall’utilizzo corrente di questa criptovaluta, ma bensì dalla percezione della stessa come di un investimento speculativo foriero di rapidi guadagni. A mio avviso – spiega Camici rappresentando una delle opinioni di Geneve Invest sul tema, comunque tutte coerenti fra loro– se c’è stato un abbaglio nella percezione di questo strumento, è stato il pensare che potesse essere utilizzato, un giorno, come strumento di pagamento per le esigenze di tutti i giorni, mentre allo stato attuale è chiaro il suo ruolo di asset conservativo.”

Il Bitcoin è senza dubbio il protagonista del momento sui mercati finanziari, passato da argomento riservato a pochi addetti ai lavori a obiettivo di investitori più o meno competenti, in cerca di profitto facile.
Creato nel 2009 da un programmatore ad oggi conosciuto con il nome, fittizio, di Satoshi Nakamoto, questa moneta virtuale si è resa protagonista, in un lasso di tempo molto contenuto, di un incremento di valore straordinario. Se consideriamo solo il 2017, siamo passati dai 1000 dollari circa di inizio anno, ai 17’000 di fine Dicembre, con un picco massimo di 19’000: una crescita superiore al 1’700%. Se avessimo investito, all’inizio del 2015, circa 10’000 euro in Bitcoin (quando la quotazione era intorno ai 200 dollari) a Dicembre, dunque due anni dopo,  il nostro portafoglio avrebbe avuto un valore di circa 850’000 euro.

Dopo i record fatti registrare nella fase finale del 2017, i primi mesi del 2018 non sono iniziati sotto i buoni auspici per le criptovalute in generale e in particolare per Bitcoin, che viaggia attualmente intorno agli 8’000 dollari: un calo di più del 50% rispetto ai valori di fine anno scorso.
Le ragioni del calo sono diverse. Il gruppo londinese Lloyds, ad esempio, ha deciso di vietare ai suoi clienti di utilizzare le carte di credito per l’acquisto di Bitcoin, come strumento di protezione dei propri correntisti dall’eccessiva volatilità di questo strumento.
L’impatto maggiore l’hanno avuto però, probabilmente, le restrizioni imposte da Cina, India e Corea del Sud. Quest’ultima, soprattutto, ha deciso di autorizzare lo scambio di Bitcoin unicamente attraverso conti bancari intestati e non, come accadeva in precedenza, tramite conti anonimi; l’obiettivo è chiaramente quello di evitare che le criptocurrencies vengano usate per il finanziamento di attività criminali.

Come accennava in apertura Neri Camici di Genève Invest truffa, una parola che in molto utilizzano riferendosi al Bitcoin, non è adatta per parlare di questa criptocurrency, il cui valore è senza dubbio legato alla tecnologia che lo supporta e che permette di garantire transazioni sicure tra i possessori di Bitcoin senza un intermediario che faccia da garante, una banca per intenderci.
Il recente importante incremento di valore di questa valuta digitale ha legittimamente fatto sorgere il dubbio di essere in presenza di una bolla. Eppure, definire e identificare una bolla finanziaria è più difficile di quanto sembri.

“Generalmente – spiegano ancora in questa sorta di recensione tecnica da Geneve Invest – parliamo di bolla quando il prezzo di un bene appare svincolato dai suoi fondamentali, ma di quali fondamentali possiamo parlare a proposito del Bitcoin? Risulta impossibile arrivare ad una previsione assoluta rispetto a cosa accadrà, verosimilmente potremmo affermare che una parte importante del rapido incremento di prezzo sia da riferirsi a ingenti acquisti da parte dei “ritardatari”, investitori senza molte competenze tecnologiche che allettati dal rally dei prezzi hanno voluto partecipare ad una facile presa di profitto. Certo è anche opportuno ricordare che la capitalizzazione del Bitcoin ha raggiunto ad oggi i circa 140 miliardi di dollari, che comparati con il valore del mercato globale rappresentano ancora una percentuale trascurabile. Anche riguardo ad un potenziale rischio sistemico, secondo una rilevazione citata da Bloomberg, sono appena 1.000 individui a possedere il 40% di tutti i Bitcoin in circolazione, con 100 account che controllano il 17% del mercato.
Questo per dire che – chiudono gli analisti finanziari della società di gestione patrimoniale Geneve Invest – è affidabile il mezzo tecnico, in parte, visto che anche nel tanto paventato caso dello scoppio di una bolla, la diffusione di un’ingente quantità di Bitcoin nelle mani di pochi individui permetterebbe di mantenere il rischio circoscritto.

Il Processo Tributario Telematico: facoltativo o obbligatorio?

 Il tema è molto attuale: Il Processo Tributario Telematico (PTT) è facoltativo o obbligatorio?

 Avviato sulle orme del “fratello maggiore”, ovvero il processo telematico civile, il neonato PTT è entrato in vigore ormai in tutte le regioni d’Italia.

Il decreto attuativo del Processo Tributario Telematico risale al 2011 ma da quella data sono state tante le norme che si sono susseguite ed ognuna ha aggiunto un tassello alla procedura. Sul proprio sito, Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha pubblicato un interessante documento. Si tratta di Guida al Processo Tributario Telematico, che ripercorre tutta la normativa di riferimento.

Cerchiamo, quindi, di rispondere alla domanda inziale. Il PTT è obbligatorio?

La risposta è: per adesso è un’opzione facoltativa che possono esercitare contribuente e professionista. Ovvio che una volta scelta la via questa va seguita fino in fondo. Ovvero non è possibile tornare indietro alla forma cartacea se si è optato per il telematico.

Per il 2017 era chiaro il motivo: non tutte le regioni d’Italia avevano le Commissioni Tributarie pronte. Ad esempio solo il 15 luglio 2017 è ufficialmente entrato in vigore il PTT nelle regioni Marche e Valle D’Aosta e le Province autonome di Trento e Bolzano.

Quindi il Processo Tributario Telematico sarà obbligatorio dal 2018? Ancora non vi è una informazione ufficiale chiara in merito, ma presumibilmente no. Perchè per renderlo procedimento obbligatorio per tutti sarà necessaria una norma ad hoc e che ancora non è all’orizzonte.

I professionisti che vorranno seguire la strada del PTT dovranno, sicuramente, organizzarsi con una nuova modalità di lavoro. A questo scopo potrà essere utile dotarsi di un software per la gestione del contenzioso fiscale, ovvero di un gestionale che permetta di organizzare e conservare la documentazione necessaria al Processo Tributario Telematico.

In questo modo la nuova procedura telematica potrà essere affrontata in maniera semplice e sicura. Senza considerare i notevoli vantaggi in termini di risparmio di tempo ed efficientamento del lavoro che un software gestionale può garantire e questo a prescindere dall’entrata in vigore del PTT.

Compreso dunque che non è obbligatorio bensì facoltativo resta da capire come funziona il PTT.

Come funziona Processo Tributario Telematico?

E’ abbastanza semplice, ecco in breve gli step da seguire:

  • Prima di tutto occorre accedere al portale SIGIT ed effettuare la registrazione con i propri dati;
  • Una volta ottenuti gli accessi è possibile iniziare il caricamento dei dati relativi al procedimento che si vuole depositare;
  • Preparare ed allegare la documentazione necessaria al deposito che deve soddisfare i seguenti requisiti:
    • i documenti devono avere il formato PDF/A-1a oppure PDF/A-1b;
    • devono essere privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
    • non devono avere restrizioni per le operazioni di selezione e copia. Pertanto non è ammessa la copia per immagine;
    • vanno sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale, con nome “nome file libero.pdf.p7m”;
    • devono avere la dimensione massima, per ogni singolo documento informatico, di 5 MB;
    • vanno correttamente classificati secondo la tipologia resa disponibile dal sistema, avendo cura di tenere distinti l’atto principale dagli allegati.

A questo punto il fascicolo è pronto ed alla fine dell’iter si ottiene la ricevuta di deposito.

In conclusione, le complessità in materia di contenzioso fiscale, il PTT e il progressivo passaggio al digitale rendono indispensabile un cambio di rotta epocale per tutti i Professionisti. Tale passaggio sarà più arduo per coloro che ancora oggi manifestano resistenze verso le nuove tecnologie applicate al lavoro di tutti i giorni. La strada è quella di adottare progressivamente soluzioni all’avanguardia e di farlo in maniera compatibile con la propria organizzazione interna, tenendo sempre in alto l’asticella dell’innovazione nei processi interni per trovarsi in una comfort zone quando il PTT sarà a regime.