Oro: in vista il sell-off di fine anno

 Il mercato dell’oro è uno dei più accattivanti per chi investe in opzioni binarie. In genere il terreno più redditizio è quello valutario ma “scommettere” sulle materie prime può essere altrettanto interessante. Ecco perché dobbiamo sempre dare uno sguardo a quel che succede alle quotazioni dell’oro, soprattutto nei momenti di passaggio come quello che stiamo vivendo.

Nel 2013, a livello borsistico, sono state riposte moltissime speranze. Molti analisti hanno annunciato la ripresa dell’economia europea e sono pochi quelli che sono rimasti cauti sull’andamento del metallo giallo che in genere è considerato bene rifugio e quindi illustra la permanenza della crisi.

E’ vero che nel 2012 c’è stata un rincorsa all’oro da parte della Cina e dell’India e di recente anche la banca del Brasile ha dimostrato interesse per l’ampliamento delle risorse auree. L’oro avrebbe dovuto acquisire molto valore ed avvicinarsi di nuovo ai livelli massimi, mentre sembra si avvicini il sell-off di fine anno.

Ogni volta che parliamo di Sell, siamo in presenza di un’azione di vendita sul mercato borsistico. Quando parliamo di sell-off ci riferiamo alla vendita dei beni d’investimento in un momento di ribasso delle quotazioni, al fine di evitare perdite consistenti in conto capitale.

Il 20 dicembre, intanto i prezzi dell’oro sono crollati fino a quota 1.635 dollari l’oncia.

Petrolio, acciaio e caffè: i trend di fine anno

 Il mercato delle materie prime, in questo scorcio di fine anno è attraversato da modifiche profonde. La prima di cui abbiamo fornito un resoconto è quella dei semi di soia il cui prezzo è calato vertiginosamente dopo l’annullamento di importanti ordini provenienti dalla Cina.

Adesso prendiamo brevemente in esame quello che sta succedendo al petrolio, all’acciaio e al caffè.

Petrolio. Petrochina, che è la divisione della Cnpc (China National Petroleum Corp) ha deciso di avviare le trattative per rilevare la quota di Exxon Mobil in Iraq, presso lo giacimento di West Qurna-1. Questo giacimento è stato messo in vendita dall’azienda  a stelle e strisce che ha deciso di concentrare i traffici sul Kurdistan. Si prevede quindi che la Cina diventi per l’Iraq il partner privilegiato.

Acciaio. La produzione di acciaio, anche a novembre, è cresciuta del 5,1 per cento portandosi a 122 milioni di tonnellate. Tutto anche in questo caso si lega all’accelerazione della produzione sul versante asiatico dove in Cina, ad esempio, l’output è aumentato del 13,7 per cento. La produzione d’acciaio è invece rallentata sia negli Stati Uniti, sia in Europa.

Caffè. In Brasile il raccolto di caffè è stato di 50,8 milioni di sacchi da 60 chili. Si può parlare di record.

 

Soia: la Cina cancella un ordine molto grande

 Se la Cina decide di annullare un grande ordine di soia, il mercato delle materie prima va in fibrillazione e vuol dire che sta succedendo qualcosa all’economia cinese, oppure è in atto una manovra di cui vediamo soltanto i primi passi.

Il fatto che riportiamo è molto semplice. Gli acquirenti cinesi, alla fine della settimana scorsa, hanno deciso di annullare un ordine di semi di soia dagli Stati Uniti per 540 mila tonnellate.

A memoria, nel mercato finanziario, non è mai successo che fosse annullato un ordine così corposo in un solo giorno. In più molti analisti ritengono che arrivasse sempre da Pechino l’annullamento di un altro ordine di 120 mila tonnellate, registrato sempre all’inizio della settimana scorsa ed attribuito ad “acquirenti sconosciuti”.  La Cina, in più aveva annullato anche un altro ordine in settimana per 300 mila tonnellate di soia.

Tutti questi annullamenti hanno scatenato le vendite sul prodotto tanto che il prezzo dei semi di soia è stato spinto al ribasso e si è verificato un calo del 2 per cento ai mini da un mese a questa parte.

Il calo del prezzo ha interessato anche frumento e mais ma, in questi casi, la riduzione del valore deve essere attribuita rispettivamente alle nevicate delle Grandi Pianure USA e alle esportazioni inferiori al previsto.

Se tutti gli italiani restituissero i soldi degli interessi percepiti avrebbero la possibilità di pagare meno tasse. Tutto in teoria, per il momento.

Il prezzo dell’oro è ai minimi da agosto

 Stanno avendo conferme le previsioni degli analisti che hanno sconfessato una ventata di aumenti generalizzati per l’oro. Il metallo giallo, sebbene non abbia perso lo status di bene rifugio, è molto più insensibile agli acquisti delle banche centrali e subisce molto di più le vendite sul mercato.

L’oro, da dieci anni a questa parte, ha visto aumentare in modo incredibile le quotazioni per poi perdere terreno in modo altrettanto veloce. Il rally sembra adesso in una fase di stallo e i rialzi previsti all’inizio dell’anno potrebbero non essere confermati nei consuntivi di fine anno.

I rialzi dei prezzi alla fine del 2012, sono stati complessivamente del 5 per cento. Per il dodicesimo anno consecutivo si archivia un’annata in positivo ma i rialzi sono i più bassi dal 2008 a questa parte e, soprattutto, sono inferiori a quelli della maggior parte delle materie prime.

Il prezzo dell’oro, in seguito all’intensificarsi delle vendite, è arrivato a 1661 dollari l’oncia, dopo aver toccato un picco negativo al 1636,23 dollari. Questo movimento è dovuto ad un maxi ordine di vendita al Comex che ha instaurato una reazione a catena.

Il prezzo dell’oro è rimasto poi insensibili all’annuncio della banca centrale brasiliana che in tre mesi ha raddoppiato le sue riserve auree portandole a 2,16 milioni di once.

Argento: com’è andato l’investimento

 L’Argento è stato uno degli investimenti più azzeccati del 2012, visto che le quotazioni di questa materia prima sono aumentate di ben 15 punti percentuali nel corso di un anno. Alla fine nel settore delle commodity l’argento è risultato quello con la migliore performance. 

Oggi il prezzo dell’argento si è assestato sui 33 dollari per oncia e se qualcuno teme che questo materiale soffra della competizione con le altre materie prime, si sbaglia visto che per l’argento non esiste il complesso d’inferiorità.

Soltanto nell’ultimo mese a fronte di un aumento del prezzo dell’oro dell’un per cento c’è stato un aumento del prezzo dell’argento del 5 per cento e se si fa un consuntivo di quel che accade negli ultimi 6 mesi si nota che comunque l’aumento del prezzo dell’oro è stato mediamente del 5% mentre quello dell’argento è stato del 16 per cento.

Una differenza che si fonda sicuramente sulla differenza del mercato mosso da queste due materie prime: il business che c’è attorno all’oro, in termini di numero di future scambiate, è quattro volte più grande di quello dell’argento. In più bisogna considerare che l’argento è considerato un bene rifugio a livello industriale e non per le banche. Le industrie si dedicano all’argento che può essere usato nel comparto elettronico.

Petrolio: da dove arrivano i pericoli

 Il prezzo del petrolio, in genere, subisce delle oscillazioni sulla base della disponibilità dei paesi che sono i maggiori produttori di oro nero, a venderlo ai loro partner commerciali e prezzi accessibili. Insomma, la disponibilità di petrolio garantisce prezzi contenuti dei barili.

L’indisponibilità del materiale spesso si lega all’instabilità politica di un territorio particolare e si va sempre alla ricerca di nuovi paesi, democraticamente solidi, che possano garantire approvvigionamento energetico a tutti. Nel settore petrolifero le novità riguardano soprattutto gli Stati Uniti e si tratta di notizie positive.

Gli USA, infatti, potrebbero diventare, secondo l’AIE, i prossimi maggiori produttori di gas, soprattutto se le tensioni in Medio Oriente non accennano a diminuire. Su Fool, invece si parla in particolar modo del petrolio e si fa riferimento a tre elementi di tensione. 

Il primo è la tensione in Medio Oriente che mette sempre in forse l’erogazione di un certo quantitativo di petrolio. Poi c’è da aggiungere alle cause di tensione anche la  nuova era di nazionalizzazione energetica portata avanti dal governo di Chavez.

Infine s’inizia a fare i conti anche con la Russia che oggi è il maggiore produttore mondiale di petrolio con 10 milioni di barili. Purtroppo l’estrazione del petrolio avviene in regioni come la Siberia in cui le condizioni dei lavoratori sono durissime e in cui la pressione esterna non si allenta mai.

Produzione agroalimentare in calo

 I dati parlano chiaro: negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad un aumento “esponenziale” della produzione agroalimentare, benché l’ascesa sia stata in qualche modo non uniforme e talvolta poco sostenibile. Adesso gli analisti dicono che si è giunti ad una fase di rottura quindi ci sarà un’inversione di tendenza.

Entro il 2021 la produzione agroalimentare nel mondo è destinata a rallentare. Un dato che impone delle scelte politiche molto nette: occorre infatti che i paesi favoriscano gli investimenti delle aziende in alcune zone del mondo che dal punto di vista agricolo sono rimaste inesplorate.

La FAO, nella presentazione del suo Rapporto sullo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura 2012, ha spiegato che gli investimenti delle aziende hanno un duplice obiettivo, da un lato quello di ridurre la game nel mondo e dall’altra quello di essere sostenibili nel lungo periodo quindi sostenibili a livello ambientale.

Gli investitori, quelli che scommettono sul settore produttivo, a questo punto vogliono conoscere i dati presentati dal rapporto FAO: si stima che entro il 2021 ci sarà una riduzione della produzione agricola mondiale pari all’1,7 per cento che è meglio del trend del 2,6 per cento registrato negli ultimi 10 anni.

Peccato che lo sviluppo sia stato un po’ disordinato e quindi ci siano paesi in cui la produzione agricola è aumentata anche del 50 o del 70 per cento come Brasile e America Latina e paesi in cui la crescita è stata contenuta sotto il 10 per cento.

 

Cresce la domanda di cereali

 Le scorte di cereali dovrebbero ricominciare a crescere dall’anno prossimo visto che l’ultimo raccolto è stato esiguo a causa delle condizioni meteo: una siccità molto acuta ha interessato sia le coltivazioni di cereali degli Stati Uniti, sia quelle a ridosso del mar Nero.

La siccità è stata così potente che non appena ci si è resi conto dei suoi effetti, la preoccupazione per gli squilibri del mercato è stata incessante. Adesso la prospettiva più plausibile è quella di un aumento dei prezzi che dovrebbe portare entro 5 anni al recupero dei livelli di stoccaggio del 2011-2012.

Niente di buono all’orizzonte dunque? Non per gli investitori che sanno già di poter “contare” sull’incremento dei prezzi. L’International Grain Council che raccoglie i dati dei 27 paesi aderenti all’organizzazione, non è ottimista sullo sviluppo del mercato agricolo.

La previsione è la seguente: a patto che le condizioni meteo restino nella norma e quindi non si verifichino eventi che condizionano il raccolto, la produzione di grano e cereali foraggeri dovrebbe superare i 2 miliardi di tonnellate.

Tra il 2013 e il 2014 ci potrebbe essere un primo rimbalzo della produzione con un +8,1 per cento, poi il tasso di crescita dovrebbe tornare “ai livelli di guardia” e assestarsi sul +3,2 per cento. Poiché però, la domanda aumenta, i prezzi potrebbero schizzare alle stelle. Da tenere d’occhio!

L’oro si trova anche alle Poste

 L’oro è il bene rifugio per eccellenza e questo vuol dire che si configura come il terreno d’investimento privilegiato sia per i privati che per le aziende e per le banche centrali che, come nel caso di Cina ed India, hanno dato avvio ad una vera corsa all’oro.

Finora non abbiamo detto niente di nuovo, in realtà sull’argomento una piccola novità c’è ed è la possibilità di acquistare l’oro anche alle Poste. Poiché la domanda di oro è sempre maggiore e l’oro è un vero e proprio oggetto del desiderio, la politica ha pensato di “assecondare” le richieste dei cittadini.

Quindi con il Decreto sviluppo convertito in legge dalla Camera, si autorizza Poste Italiane a vendere l’oro ai suoi clienti. Questo non vuol dire che allo sportello delle Poste si farà la fila per acquistare un lingotto da mettere sotto il materasso.

Poste Italiane sarà soltanto un tramite per la registrare degli ordini che sono trasferiti alle società partner. Queste andranno a conservare direttamente nei loro forzieri i lingotti e su richiesta li consegneranno agli acquirenti se questi vorranno poi effettivamente portarli a casa.

Sicuramente lasciarli in custodia evita una serie di grane: è maggiore la sicurezza, il prodotto non perde valore e difficilmente viene tradotto in liquidità.

Al London Metal Exchange volano rame e zinco

 Il mercato dei metalli di Londra, la scorsa settimana, ha aperto in aumento grazie al picco di valutazioni per il rame e per lo zinco. Tutto nasce da sentimenti positivi all’indirizzo della Cina. Ma cosa c’entra la Cina con i metalli?

Il London Metal Exchange ha vissuto un nuovo momento positivo, una specie di fiammata, legata al sentiment nei confronti della Cina che quest’anno deve arrendersi, dicono gli esperti, ad un rallentamento nella crescita. Eppure, come la rielezione di Obama in America, anche in Cina influisce molto la decisione del leader del partito Xi Jinping, il quale ha annunciato che non modificherà le politiche macroeconomiche.

Questo vuol dire che la Cina si avvia verso una nuova fase di espansione attraverso la programmazione di interventi decisi che stimolino la crescita del paese. Per esempio pare si voglia forzare il processo di urbanizzazione del paese e si vogliano stimolare gli investimenti eteri in Cina.

Chi deve portare soldi a questo paese ci crede, anche se i numeri vanno nella direzione opposta a quella delle sensazioni. Fatto sta che il mercato londinese dei metalli reagisce positivamente alle notizie che arrivano dalla Cina e della situazione approfittano le quotazioni di zinco e rame. Lo zinco raggiunge i livelli massimi da due mesi a questa parte e a niente serve sapere che le giacenze nei magazzini hanno raggiunto 1,231 milioni di tonnellate.