Per il FMI le riforme italiane valgono il 5% del PIL

 Il Fondo Monetario Internazionale, da tempo, tiene d’occhio quel che fa la politica italiana per stimolare la crescita economia nel nostro paese. Il FMI ha chiesto a tutti gli stati di lavorare per aumentare la flessibilità interna e ridurre i costi del mercato del lavoro. Se tutti i paesi riuscissero a lavorare nella stessa direzione sarebbe il Prodotto Interno Lordo internazionale a trarne beneficio.

 Per il Fmi l’Italia può tornare a crescere

Sembra infatti che con le liberalizzazioni e un’economia sospinta nella direzione giusta, con il progressivo abbandono dei contratti di lavoro atipici, si potrebbe arrivare ad un +5% del PIL. I punti cardine della riforma, quindi, sono nelle liberalizzazioni e nel mercato del lavoro. Due elementi in grado di trainare l’economia internazionale ma soprattutto interessanti ed efficaci nel contesto italiano.

Il nostro paese, secondo il FMI deve prima di tutto colmare il gap che lo allontana dai paesi più avanzati del centro Europa dove non è solo il divario sul terreno delle pensioni a pesare in modo insistente.

 Lo spread delle pensioni

Sul mercato del lavoro italiano il FMI è molto diretto: gli  incentivi all’apprendistato sono interessanti ma lasciare in circolazione tanti contratti atipici, può essere controproducente. Sono invece apprezzabili gli sforzi in materia di accordi sindacali e pacchetti fiscali, entrambi, ormai, risalenti al 2011.

La BCE contro Bankitalia sugli investitori

 La BCE, mensilmente, pubblica un bollettino in cui descrive la situazione finanziaria europea. Nell’ultima pubblicazione ha preso in esame i flussi di capitale ed ha sottolineato che nel nostro paese c’è una vera e propria fuga di investimenti verso i titoli core, vale a dire quelli dei paesi con la tripla A.

La BCE, alla rilevazione, ha accompagnato anche una raccomandazione: l’Italia deve fare dei passi avanti nel risanamento dei conti. Le raccomandazioni, arrivate direttamente a Via XX Settembre non hanno affatto impensierito il Governatore di Bankitalia che ha ribadito che non risultano delle fughe di capitali. Basterebbe osservare il declino dello spread che dopo la crisi di governo, in questo momento di transizione, ha comunque perso terreno scendendo al di sotto dei 265 punti.

► Record del debito pubblico italiano

Il presupposto della valutazione della Banca Centrale Europea è che l’incertezza politica allontana gli investitori, ma si tratta di una considerazione scontata e – con riferimento al caso italiano – anche piuttosto inappropriata, visto che dopo la caduta del Governo Monti, il Paese, sembra addirittura più stabile.

 Come e dove è meglio investire nel 2013

 

Draghi ha ribadito che c’è stato un miglioramento delle condizioni finanziarie dell’Italia ma ha anche sottolineato che non c’è un legame diretto tra finanza ed economia reale, ecco perché bisogna lavorare strutturalmente per la ripresa.

Grecia in default selettivo

 L’operazione di buy back decisa dal Governo di Atene per assicurarsi la terza tranche di aiuti dalla Troika, non ha ricevuto un buon parere da parte delle agenzie di rating. La prima a farsi sentire sull’argomento è stata Standard & Poor’s che vede nell’operazione il solito carne che si morde la coda.

La situazione per gli osservatori.  La Grecia, nelle condizioni economiche attuali, non è capace di saldare il debito contratto con i creditori e questo, sul medio e lungo periodo, potrebbe determinare il default del Paese. Atene ha richiesto altri aiuti alla Troika e per dimostrare che è in grado di uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciata, promette di partire con il buy back: riacquista dai creditori i titoli del debito, diminuendo il livello di questo indicatore.

Cosa ne pensa S&P’s. L’agenzia di rating non ritiene che questo “tutto per tutto” tentato dalla Grecia sia poi così efficace, per cui ha deciso di tagliare il rating sul merito di credito di Atene declassandolo dal livello CCC al livello SD che indica il default selettivo.

Che prospettive ci sono. Il livello SD è giusto un gradino sopra la bancarotta conclamata. L’unico modo che si ha per ricominciare l’ascesa è portare a termine con successo il buy back. S&P’s si dice pronta in questo senso a premiare subito gli sforzi di Atene.

 

Il recupero dello spread

 Il differenziale tra Btp e Bund era sceso sotto i 300 punti percentuali all’inizio della settimana grazie alle buone notizie che sono arrivate dalla Grecia e dall’America.

Atene, infatti, ha annunciato di voler procedere con un’operazione di buy back per oliare il meccanismo degli aiuti europei. Per quanto riguarda l’America, i timori sul fiscal cliff ci sono sempre, per il fatto che repubblicani e democratici mancano sempre l’accordo definitivo, ma arrivano messaggi incoraggianti dall’economia del Paese.

A trainare verso il basso lo spread incrementando i guadagni di Piazza Affari, ha contribuito in maniera preponderante la situazione greca. Ieri però c’è stata una correzione verso il basso del differenziale e degli indici. E’ finito l’entusiasmo?

In realtà è successo che durante la mattinata i Btp hanno viaggiato attorno ai valori di chiusura di lunedì con lievissimi rialzi, poi, sul finire della giornata di scambi, si è scoperto che il rendimento di questi titoli è rimasto stabile attorno al 4,42%.

A far incrementare il differenziale quindi ci ha pensato il Bund in denaro che ha portato lo spread a 303 punti ed ha influito anche sui bonos spagnoli.

Da considerare anche le  mosse dell’Ecofin che ha trovato una soluzione per gli aiuti alle banche spagnole ma non ha messo un punto alla questione del meccanismo di vigilanza bancaria unica.

Rendimenti e rischi dei corporate bond

 L’acquisto di obbligazioni è decisamente remunerativo se si comprendono i trend finanziari e s’indovina qual è il titolo che renderà maggiormente alla scadenza dell’obbligazione. Peccato che questo genere di prodotti si leghino anche ai rischi d’insolvenza dei paesi.

Basta vedere il rischio che stanno correndo in questo momento coloro che hanno comprato negli ultimi anni delle obbligazioni sulla Grecia. Ecco allora che se proprio lo strumento obbligazionario vi convince, dovete votarvi ai cosiddetti corporate bond.

Si tratta di una serie di obbligazioni aziendali che sono considerati migliori di tanti titoli del debito dei paesi periferici. Insomma, il mercato crede più nelle possibilità delle aziende che nella tenuta degli stati. Tra i prodotti legati al mondo dell’economia dei privati, fanno gola soprattutto le obbligazioni societarie investment grade e corporate bond.

Il rischio dell’investitore è certamente più alto ma anche i rendimenti sono più accattivanti. In più questi prodotti, oggi che il credit crunch è una realtà, sono praticamente uno strumento di “autofinanziamento” delle aziende.

Secondo molti analisti, sul breve periodo i corporate bond sono degli strumenti d’investimento redditizi soprattutto se ci si rivolge agli “industriali”. Basta osservare più da vicino quel che accade ad Eni.

Il merito di credito di Eni è uguale a quello del debito pubblico italiano, quindi BBB+ ma le quotazioni sono state migliori di quelle del debito sovrano tricolore. Un rendimento lordo al 2,2 per cento.

Il risparmio è liquido

 L’Italia, per interpretare il cambiamento del settore degli investimenti è emblematica perché i nostri connazionali, storicamente, hanno sempre investito i risparmi nel mattone. Quindi, se questo trend cambia senso nel nostro paese, vuol dire che è in atto una piccola “rivoluzione finanziaria”.

Secondo gli analisti, l’Italia è il “paradiso del risparmio”, nel senso che i cittadini tricolore, tendenzialmente, sono portati al risparmio di piccoli capitali da lasciare in eredità alle generazioni future. Questi capitali assumevano quasi sempre la forma di un immobile, nel senso che s’investiva nell’acquisto o nella costruzione di una casa.

Oggi però, la capacità di risparmio è notevolmente diminuita, il reddito disponibile è calato e il welfare familiare sta venendo meno, quindi cambia anche il profilo dell’investitore italiano. Nel 2012, per esempio, la liquidità è stata l’elemento rilevante della nostra economia.

A dirlo sono i dati dell’indagine Acri-Ipsos che fotografano la situazione degli investimenti nostrani: in crescita i cittadini in possesso di azioni che salgono dal 6 all’8 per cento, ma sono in aumento anche i proprietari di bond e certificati di deposito (con un passaggio dall’8 al 10 per cento) e i possessori di titoli di Stato che sono passi dal 5 al 9 per cento.

Interessante il fatto che sia in aumento anche il numero di cittadini che ritengono che sia arrivato il momento d’investire.

Obbligazioni Posteitaliane

 Posteitaliane è una delle aziende più attive nel settore obbligazionario e, rispettando le nuove esigenze dei cittadini, sempre maggiormente orientati alla liquidità degli investimenti, propone delle obbligazioni per diversificare le opportunità di risparmio.

Posteitaliane offre due tipi di obbligazioni: quelle strutturate che sono una soluzione d’investimento per i risparmi legata ai mercati finanziari, oppure quelle del Plain Vanilla che che puntano sul tasso fisso o sul tasso variabile. In entrambi i casi si parla di deposito titoli.

Per operare nel mercato obbligazionario, i privati interessati a questo genere d’investimenti, devono sottoscrivere un contratto per la prestazione dei servizi e delle attività d’investimento e per il servizio di custodia e amministrazione degli strumenti finanziari per conto dei clienti.

Sul sito di Posteitaliane sono disponibili le condizioni generali, il modulo per la richiesta dei servizi, le informazioni su tutti i prodotti finanziari, il foglio informativo completo e la scheda delle condizioni economiche. Prima di scegliere lo strumento d’investimento, però, cerchiamo di capire insieme con l’aiuto delle spiegazioni di Posteitaliane, cosa s’intende per obbligazione.

Si tratta di un titolo di credito che rappresenta una specie di prestito che il risparmiatore fa a favore dell’ente che emette l’obbligazione. Questa ha una durata e un tasso d’interesse, per cui alla scadenza l’ente deve rimborsare il costo dell’obbligazione e l’interesse previsto.