Congedi parentali e certificati medici: le novità del 2013

 La legislazione in materia di congedi parentali ha subito delle importanti modifiche con la riforma del lavoro e i decreti successivi (decreto sulla crescita, Dl 179/2012, convertito dalla legge 221/2012, e quello anti-infrazioni Ue, Dl 216/2012).

La prima modifica riguarda i certificati medici per malattia del figlio che, con il Dl 179/2012, dovranno essere inviati all’Inps direttamente dal medico curante del bambino per via telematica, che dovrà poi inviarli anche ai datori di lavoro – con lo stesso sistema in uso per i lavoratori dipendenti – e, infine, tramite posta elettronica, al lavoratore o alla lavoratrice che ne ha fatto richiesta.

Per quanto riguarda poi i congedi parentali – disciplinati dai contratti collettivi nazionali di lavoro e non possono fruibili contemporaneamente dai due genitori – si potranno chiedere cinque giorni lavorativi all’anno per ciascun genitore, non sono retribuiti ma conteggiati nell’anzianità di servizio.

L’altra novità che riguarda i congedi parentali è quella della possibilità di fruizione ad ore degli stessi a partire dal 1° gennaio 2013, secondo le regolamentazioni espletate dai diversi Ccnl per il calcolo della base oraria. In questo modo i genitori avranno la possibilità, come prevedono le direttive europee in materia, di ridurre l’orario lavorativo e avere così a disposizione un periodo di congedo proporzionalmente più lungo.

Aspi: cos’è e come funziona

 A beneficiare dell’Aspi, l’Assicurazione Sociale per l’Impiego, saranno tutti i lavoratori che hanno maturato almeno 24 mesi di anzianità assicurativa e un anno di contribuzione nell’ultimo biennio.

Si tratta di un sostegno a tutti coloro che hanno subito le conseguenze della contrazione del mercato del lavoro nell’anno passato, anche se si trovano esclusi dal sussidio i lavoratori assunti con i contratti a progetto, gli operai agricoli, i religiosi, i dipendenti a tempo indeterminato delle PA e i giornalisti professionisti, sia praticanti che pubblicisti.

L’Aspi è erogata per 12 mesi fino al 55 anno di età e per 18 mesi superata la soglia e il suo importo è calcolato in base alla retribuzione media mensile degli ultimi due anni. La richiesta per l’erogazione dell’Aspi può essere fatta dal 1° gennaio 2013 fino al 1° aprile 2013 esclusivamente per via telematica.

Chi non ha i requisiti sopra indicati, può usufruire della Mini-Aspi, che ha un ridotto ed è erogabile per coloro che hanno maturato 13 settimane di contribuzione su 12 mesi di possibile lavoro.

Le imprese dovranno contribuire all’erogazione dell’Aspi con:

– contributo ordinario dell’1,61% fra imponibile e contributi imposti dalla legge;

– contributo del 3,01% dato dalla somma del contributo ordinario e di quello addizionale:

– contributo per interruzione di lavoro per causa diversa dalle dimissioni.

Scadenza contratti precari: migliaia di lavoratori in allarme

 L’entrata in vigore della riforma del lavoro voluta dal Ministro Fornero è molto vicina. Il I gennaio del 2013 si inizieranno a vedere gli effetti delle nuove regole del mercato del lavoro e a farne le spese per primi saranno i precari, sia del settore pubblico che di quello privato, che hanno i contratti in scadenza il 31 dicembre.

Le proiezioni fanno venire i brividi: centinaia di migliaia di persone impiegate con contratti precari, come le collaborazioni a progetto o le associazioni in partecipazione, nella maggior parte dei casi si troveranno senza lavoro o, se lo avranno ancora, le condizioni saranno molto peggio delle attuali. E’ la denuncia che ha fatto il Nidil Cgil, secondo cui le imprese e le aziende  invece di trasformare il precariato in una forza lavoro stabile, approfitterà delle lacune delle nuove leggi per impiegare i lavoratori con partita Iva o con i voucher.

Le persone a rischio, secondo gli ultimi dati dell’Inps che si riferiscono al 2011, sono 1.464.950 in totale, fra concorrenti ed esclusivi. Una situazione che resta più grave nel privato che nel pubblico, dove la Legge di stabilità ha previsto una proroga del contratto di sei mesi per i precari che hanno già una collaborazione di almeno 36 mesi.

 

Approvata la legge per i professionisti senza albo

 Osteopati, interpreti, grafologi, sociologi, tributaristi, kinesiterapisti, councelor, amministratori di condominio e molte altre professioni che sono emerse negli ultimi venti anni finalmente possono fare riferimento per il riconoscimento e per l’esercizio della loro professione ad un albo comune.

Ieri, infatti, la commissione Attività produttive della Camera ha approvato la legge “Disposizioni in materia di professioni non regolamentate” con 20 voti favorevoli, due contrari e un astenuto, grazie alla quale sono state definite delle regole (non obbligatorie) per le loro attività nel mondo del lavoro.

Si tratta di un buon numero di lavoratori autonomi (la cifra esatta è ancora avvolta nel mistero, c’è chi dice che siano un milione e mezzo, per altri invece, almeno tre milioni) che hanno trovato il loro riconoscimento e un sentiero comune per l’esercizio professionale.

la legge approvata dalla Commissione, comunque  non impone nulla ai lavoratori che, quindi, saranno liberi di scegliere se seguire le regole proposte o continuare ad esercitare in modo autonomo. Non è previsto neanche l’obbligo di iscrizione ad albi o associazioni, ma nel momento in cui si decide di farlo si dovranno rispettare le regole previste dagli ordinamenti specifici.

Gli ordini già esistenti, però, non sembrano essere molto contenti della decisione, e, soprattutto nel caso di commercialisti e psicologi, è stato sottolineato il pericolo di confusione che potrà nascere per questo indiscriminato del termine professionista, che questa legge estende anche a coloro che non hanno sostenuto un esame di stato.

Firmato il nuovo contratto nazionale per i metalmeccanici

 Il nuovo accordo per i lavoratori metalmeccanici è stato sottoscritto, avrà una durata di tre anni (dal 2013 al 2015) e prevede un aumento salariale di 130 euro. La firma è avvenuta tra Federmeccanica-Fim Cisl e Uilm. Seconda assenza per la Fiom-Cgil, che già  nel 2009 si era rifiutata di siglare l’accordo contrattuale.

I sindacati si ritengono soddisfatti per ciò che sono riusciti ad ottenere (incremento salariale di 130 euro al quinto livello):

Gli aumenti – spiega il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella – verranno corrisposti ai lavoratori nell’arco dei prossimi tre anni, cioè 35 euro il 1 gennaio 2013, 45 euro il 1 gennaio 2014 e 50 euro il 1 gennaio 2015. Si tratta di un risultato importante per il settore metalmeccanico, dato che il comparto industriale è stato gravemente colpito dalla recessione economica in essere nel Paese.

Ma non solo l’aumento di stipendio, i due milioni di lavoratori metalmeccanici saranno interessati anche da:

importanti innovazioni normative per quanto concerne l’inquadramento, il salario, la flessibilità e l’orario di lavoro, la tutela delle malattie e la previdenza integrativa sanitaria.

Ma la Fiom la pensa in modo opposto, dal palco della manifestazione dei metalmeccanici a Milano Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, dichiara che i sindacati non sono stati in grado di difendere i lavoratori e che la firma di questo contratto nazionale a queste condizioni sancisce la morte della categoria dei metalmeccanici.

 

Monito europeo all’Italia: l’ordinamento giuridico sulla sicurezza del lavoro è da rivedere

 

 Nelle specifico le norme che la Commissione Europea ha chiesto vengano riviste (entro il termine massimo di due mesi) per fare sì che anche le normative italiane siano adeguate a quelle europee sono la norma che che esonera il datore di lavoro dalla sua responsabilità in materia di salute e sicurezza in caso di delega e subdelega e al norma che differisce nel tempo l’obbligo di fornire un documento di valutazione dei rischi nel caso di nuove imprese o di modifiche significative nell’attività di un’impresa.

Il tutto è arrivato con un parere motivato della Commissione e le autorità italiane hanno sessante giorni di tempo per adeguarsi (il parere è arrivato il 21 novembre). Un documento nel quale sono contestate ben sei irregolarità del testo unico italiano sulla sicurezza del lavoro. Oltre alla due menzionate, nel documento si parla anche di
proroga dei termini per la redazione di documenti contenenti i risultati di una valutazione dei rischi nel caso di una nuova impresa o di modifiche sostanziali apportate a un’impresa esistente;

– il differimento dell’entrata in vigore dell’obbligo di valutazione del rischio di stress da lavoro;

– il differimento dell’entrata in vigore della legislazione sulla salute e sulla sicurezza per i lavoratori appartenenti a cooperative sociali e organizzazioni di volontariato della protezione civile;

– la proroga dei termini per l’adeguamento alle disposizioni di prevenzione degli incendi delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto esistenti in data 9 aprile 1994.

Chiariti i termini per le comunicazioni con i centri per l’impiego

 Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 192/2012, inserito nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre, sono cambiati, oltre alla modalità dei pagamenti alle aziende, anche i termini per la comunicazione di dimissioni, revoca e risoluzione consensuale di un rapporto di lavoro.

La nota n. 18273 del Ministero del Lavoro ha chiarito le tempistiche e le modalità di comunicazione ai centri per l’impiego. Nello specifico si sono dati chiarimenti per quanto riguarda il dies a quo, ossia il giorno da cui parte il conteggio dei cinque giorni di tempo per l’invio delle comunicazioni.

Per il Legislatore i termini per la comunicazione della risoluzione del rapporto di lavoro devono essere certi e, anche in caso di effetti retroattivi del licenziamento, non devono incidere sui termini di effettuazione dell’obbligo di comunicazione al Centro per l’impiego: nella nota viene spiegato che l’obbligo di comunicazione decorre dal momento in cui si risolve il rapporto, ossia quando si ha la certezza delll’esito delle procedure di licenziamento.

Lo stesso varrà per le dimissioni, pratica per la quale i 5 giorni di tempo per la comunicazione iniziano da quando viene effettivamente fatta decorrere la risoluzione di dimissioni. Nel caso in cui, poi, ci fosse una revoca della decisione presa (sia per il licenziamento che per le dimissioni) dal giorno in cui si attua la risoluzione partono anche i cinque giorni di tempo per la comunicazione al centro dell’impiego.

 

Rinnovato il contratto nazionale per gli agricoltori

 Il contratto nazionale del lavoro per gli impiegati agricoli è stato firmato CiaColdirettiConfagricoltura,Flai-CgilFai-Cisl, l’Uila-Uil Confederdia. A darne notizia Giorgio Carra, segretario nazionale della Uila.

Nella nota rilasciata da Carra dopo la firma del contratto si legge:

In questo contesto è apprezzabile il risultato economico che prevede un aumento retributivo del 5,5% (2,6% dal 1/12/2012, 2,9% dal 1/9/2013), da calcolarsi sulle retribuzioni contrattate sia a livello nazionale che provinciale.
Ancor più significativo è il miglioramento di alcune tutele contrattuali, come la maternità obbligatoria che verrà integrata al 100% (era al 90%) e la possibilità di usufruire di periodi di aspettativa non retribuita di 6 mesi, anche nelle aziende con almeno tre impiegati (prima erano cinque).

Carra sottolinea, inoltre, che l’accordo è nato dopo una lunga trattativa con le parti coinvolte, trattativa che si è prolungata oltre i termini a causa della profonda crisi in cui versa il settore e che ha portato a diverse richieste sulle quali è stato necessario trovare un compromesso:

La situazione negativa del settore ha spinto le controparti a chiedere il ridimensionamento di alcuni istituti contrattualiRichiesta respinta, mentre sono stati ritoccati, marginalmente e solo per i nuovi assunti, i termini contrattuali previsti per il periodo di prova e di preavviso in caso di licenziamento.

Questo rinnovo si pone come un forte segnale a tutto il comparto agricolo italiano, in cui tutte le parti in causa hanno dimostrato di cercare il bene sia per i lavoratori che per le aziende, dimostrando quanto questo settore sia importante per l’economia italiana.

 

10 cose da sapere sulla riforma del lavoro

 La Legge 28 giugno 2012, n. 92, Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita, ha introdotto la riforma del lavoro voluta dal Ministro Fornero. La legge presentata è stata rivista e integrata con il D.L. n. 83/2012 (decreto sviluppo) convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134, per venire incontro alle pressioni fatte da aziende e partiti per la tutela dell’articolo 18.

Quando si tratta di leggi e di terminologie burocratiche, per la maggior parte delle persone è complicato districarsi e comprendere davvero quali sono gli effetti reali di questa riforma. Per questo vi proponiamo le 10 cose che bisogna sapere sulla riforma del lavoro della Fornero, cercando di chiarire le principali tematiche trattate e come queste cambieranno per effetto della legge.

Ammortizzatori sociali

Le novità per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali riguardano l’introduzione dell’ASPI (Assicurazione Sociale per l’Impiego), dedicata soprattutto a coloro che hanno un contratto di lavoro subordinato e non ai precari (ai quali è riservata la mini-ASPI).

Con l’introduzione dell’ASPI si vuole sostituire, almeno in parte, il ricorso alle indennità di disoccupazione e di mobilità. Il sussidio ha una durata di 12 mesi per i lavoratori fino ai 54 anni e di 18 mesi per coloro che hanno superato i 55 anni. Chi ha intenzione di avviare un’attività autonoma può richiederla anche in un’unica soluzione.

Pur essendo già attiva (sono stati già stanziati circa 1,8 miliardi di euro) l’ASPI entrerà a pieno regime solo nel 2017.

Apprendistato

L’apprendistato è stato presentato dal Ministro Fornero come lo strumento principale per l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro, per questo sono stati previsti tre anni di sgravi fiscali per le imprese ( di qualsiasi settore e dimensione) per il pagamento dell’INPS.

I contratti di apprendistato hanno una durata minima di sei mesi e durata massima di tre anni, oltre i quali il contratto di apprendistato si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

Il numero di assunti con contratto di apprendistato per il quale si applicano gli sgravi contributivi varia in base al numero totale di addetti dell’azienda.

Donne e dimissioni in bianco

Altro tema caro al Ministro Fornero è quello della situazione lavorativa delle donne, molto spesso costrette dai datori di lavoro a firmare, appena dopo il contratto, la lettera di dimissioni che viene utilizzata poi dal datore di lavoro nel caso di sopraggiunta maternità.

Con la riforma del lavoro questo non sarà più possibile perché, durante il periodo della maternità e fino ai primi tre anni di vita del bambino, le dimissioni delle lavoratrici e anche le cosiddette risoluzioni consensuali dovranno passare al vaglio del servizio ispettivo del ministero del Lavoro. Se, al controllo dell’Ispettorato, emerge un abuso il datore sarà costretto a pagare una multa tra i 5 mila e i 30 mila euro.

Dipendenti pubblici

Le nuove norme che estendono il tanto discusso articolo 18, quelle chiamate, appunto, della flessibilità in uscita, saranno applicate anche al settore delle Pubbliche Amministrazioni (ministeri ed enti locali). E’ stato previsto, però, per questo particolare settore una delega al ministro delle P.A. per decidere tempi e modi di applicazione delle nuove norme.

Contratto di lavoro a tempo determinato 

Il periodo di tempo che deve intercorrere tra un contratto di lavoro a termine e il successivo passa da 60 giorni per contratti di durata pari o inferiore a 6 mesi e a 90 giorni se il contratto ha durata superiore. Dal momento che il contratto indeterminato rappresenta la modalità preferenziale di assunzione, i contratti a termine costeranno di più in termini di contribuzione.

Articolo 18

La tanto discussa flessibilità in uscita. Con la riforma il licenziamento illegittimo comporta, da parte dell’impresa, il reintegro del lavoratore. Se si tratta di licenziamento senza giusta causa, invece, per il lavoratore è previsto un indennizzo pari a 12 o 24 mensilità.

Liberi professionisti e Partita Iva

Stretta sulle Partite Iva: saranno considerate veritiere solo quelle che superano i 18 mila euro annui di fatturato. Per tutte le altre, che nella maggior parte dei casi nascondono dei rapporti di lavoro coordinato, i committenti avranno tempo un anno per regolarizzare la posizione dei finti liberi professionisti.

Lavoratori con più di 58 anni

Si tratta degli esodati, i quali si sono trovati, proprio a causa della riforma, senza reddito e senza pensione (i cui tempi sono stati allungati fino a 66/67 anni). Per questi lavoratori è stato previsto un fondo di solidarietà.

Buoni lavoro e voucher

I buoni lavoro  per la retribuzione del lavoro accessorio occasionale diventeranno dei buoni orari con data e numero progressivo. Quelli del vecchio tipo potranno essere utilizzati fino alla fine di maggio del 2013.

Controversie sul lavoro

La riforma ha lo scopo di snellire le procedure per la risoluzione delle controversie sul lavoro. In caso di conciliazione si avranno 20 giorni di tempo dalla convocazione delle parti in causa. Se si va al processo la prima udienza deve essere fatta entro 40 giorni alla quale deve seguire l’ordinanza del giudice che sarà immediatamente esecutiva.

Per i ricorsi si avranno 30 giorni per la Corte di Appello e 60 per la Cassazione.

Cassazione: sì a paga extra per turni lunghi

 Il caso che ha portato alla sentenza  n. 18284 dello scorso 25 ottobre della Cassazione è quello di un dipendente di un istituto bancario, addetto alla vigilanza, il quale ha richiesto di avere una retribuzione maggiore per le giornate lavorative effettuate dopo il sesto giorno di lavoro consecutivo.

L’istituto bancario ha concesso un extra per la retribuzione, ma lo ha calcolato come se fosse la retribuzione per il lavoro  domenicale. Il dipendente, non soddisfatto, si è appellato al tribunale, che però non ha concesso un ulteriore compenso. Da qui il ricorso alla Cassazione motivato dalla esiguità del compenso per il settimo giorno lavorativo, motivazione accolta dal Supremo Tribunale: il lavoratore che lavora oltre il sesto giorno consecutivo ha diritto ad un compenso di natura retributiva che tenga conto del sacrificio della privazione del giorno di riposo.

Questo perché, secondo la sentenza della Cassazione n. 2610/2008

il lavoro prestato oltre il settimo giorno non determina solo la limitazione di specifiche esigenze familiari, personali e culturali alle quali il riposo domenicale è finalizzato, ma una “sofferenza” extra: la privazione della pausa destinata al recupero delle energie psico-fisiche.

Quindi, concludono i giudici della Suprema Corte:

In mancanza di una previsione del contratto collettivo nazionale di lavoro sarà compito del giudice determinarne la misura tenendo conto dell’onerosità della prestazione lavorativa e di eventuali forme di compensazione normativamente previste per istituti affini, quale il compenso del lavoro domenicale, ma non quello per lavoro straordinario.