Un rinnovato ottimismo percorre le borse europee

 Bene Wall Street, migliorano le borse europee, il mercato immobiliare va riprendendosi dal suo stato comatoso e i titoli di Stato si riprendono una parte del mercato.

Sono gli indici borsistici a dare misura di come il sentiment degli investitori stia cambiando e non solo verso quelle economie che hanno dato dimostrazione di avere delle basi su cui poter costruire la ripresa, ma anche verso quei paesi che, fino a poco tempo fa, erano considerati impossibili da salvare.

Parliamo dei Piigs, acronimo che racchiude in un nome che connotati non certo positivi i nomi di PortogalloItalia IrlandaGrecia e Spagna, nei cui mercati si stanno riversando fondi e risparmi in quei comparti che danno alti rendimenti.

Come definire questo cambio di rotta? Bene, in America è stato definito esuberanza razionale, ossia un ottimismo verso i mercati dato da delle evidenze di fatto -gli indici azionari, appunto- che si contrappone a esuberanza irrazionale, ossia alle tanto temute bolle speculative. Mario Draghi l’ha voluto chiamare contagio positivo.

Qualunque sia il termine che si vuole utilizzare, rimane l’evidenza e, come sottolinea anche il Financial Times, questa nuova ondata di capitali che ha investito le borse italiane, spagnole, portoghesi e greche è particolarmente importante perché per la prima volta dall’inizio della crisi non si tratta di denaro immesso ad opera delle banche centrali, ma di denaro reale che proviene da investitori (perlopiù extraeuropei) che credono possibile un alto ritorno del proprio investimento. Si tratta di un nuovo ottimismo che si spande per l’Europa proprio grazie al progetto dell’Europa Unita.

► Dove si corre il rischio c’è più gusto

Il segnale più forte di questo ottimismo arriva dalla salita dei tassi di interesse dei titoli di Stato, in modo particolare di quelli tedeschi e di quelli americani. Al momento della crisi questi bond sono stati considerati da tutti gli investitori un bene rifugio, nel quale investire anche se i rendimenti erano piuttosto bassi. Il fatto che nell’ultimo periodo si sta assistendo ad un rialzo dei loro tassi di interesse, indica che le persone decidono di investire in titoli di stato che rendono di più, come quelli italiani o spagnoli.

Chiaro segno che la paura del default è finita. Quali sono le cause di questo cambiamento. Gli analisit e gli esperti ne hanno indicate tre:

1. la vittoria di Barack Obama alle elezioni e la risoluzione, anche se solo temporanea, del Fiscal Cliff e del tetto del debito;

2. la Cina che ha ripreso a crescere dopo gli allarmi sul rallentamento di quella che è considerata la nuova tigre dell’economia mondiale;

3. la politica monetaria delle banche centrali

Elusione fiscale Apple

 Apple elude le tasse? Da qualche mese tiene banco la questione delle “evasioni legalizzate”. Ad esempio in Gran Bretagna, aziende come Apple, Google, Amazon e Starbucks pagano pochissime tasse in virtù delle scappatoie fornite dal governo.

Adesso, però, Apple è anche nel mirino dell’America.

Pare che il New York Times stia indagando già da tempo sulla questione. La Apple ha sede in California ma ha spostato in Nevada la sua sede legale.

Con questa mossa la casa fondata da Steve Jobs risparmia milioni di dollari ogni anno di imposte.

Aliquote

In California l’aliquota è dell’8,8%. E in Nevada? Dello zero per cento!

Con lo stesso metodo, Apple ha generato filiali in Irlanda, Olanda, Lussemburgo, Isole Vergini britanniche, con il solo obiettivo di versare meno tasse.

Secondo l’inchiesta portata avanti dal quotidiano americano Apple è riuscita ottimamente nel suo intento.

Metodo Apple

Nel 2012 mentre ha guadagnato profitti globali per oltre 34 miliardi di dollari, Apple ha versato 2 miliardi e 400 milioni di tasse. Lo dice il dipartimento del Tesoro americano, che segnala un’aliquota del 9,8 per cento.

Per fare un paragone, Wal-Mart, gigante del commercio al dettaglio Usa, nello stesso anno ha pagato 5 miliardi e 900 milioni di dollari di tasse a fronte di 24 miliardi e 400 milioni di fatturato, con un’aliquota del 24 per cento.

Il trucco? Avere i commercialisti e gli avvocati migliori sulla piazza fa risparmiare un bel po’ di soldi detraendoli allo stato.

Icebank vince ricorso contro Olanda e Inghilterra

 Tutto ha inizio nel 2009 quando l’Islanda subì il crack finanziario. Banche al collasso e l’Isola che rifiuta di restituire i soldi ai 350mila correntisti olandesi e inglesi che avevano affidato i loro risparmi ad Icesave, la banca on line figlia di Landesbanki, colpevole di aver sottratto ben 4,5 miliardi di euro dai depositi dei correntisti stranieri, grazie all’applicazione di tassi d’interessi molto alti.

 La ripartenza dall’Islanda

Subito un lungo contraddittorio che portò le banche inglesi ed olandesi a decidere di rimborsare loro stesse i correntisti derubati, per poi andare a battere cassa direttamente a Reykjavik. Ci hanno provato, soprattutto dopo che l’Islanda ha iniziato e portato avanti con successo il percorso di riassetto bancario e finanziario, per poi trovarsi, però, con molto meno di quanto avessero già sborsato (i correntisti furono rimborsati al 100%).

► Il caso dell’Islanda è emblematico?

Icebank, infatti, appellandosi al diritto comunitario, decise di rimborsare solo 20mila per ogni correntista come previsto dagli accordi Ue. Ovviamente Olanda e Gran Bretagna non hanno accettato questa decisione e hanno fatto ricorso alla Corte per il libero commercio, riuscendo, per la seconda volta, a ottenere un nulla di fatto.

La corte, infatti, ha dato ragione all’Islanda che, quindi, ha saldato il suo debito e può tornare tranquillamente a crescere come previsto dopo il risanamento. Per quest’anno l’isola artica dovrebbe crescere del 2,9%.

 

Shinzo Abe approva bilancio record

 Il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha deciso di cambiare il Giappone e il suo futuro. Il paese, da tempo ormai in fase di regressione economica, ha necessità di un intervento deciso e decisivo per tornare ad essere la tigre di qualche tempo fa.

Così Abe, dopo aver deciso un piano di stimolo all’economia giapponese pari a 10.300 miliardi di yen (90 miliardi di euro) tra sgravi fiscali e progetti per la realizzazione di grandi infrastrutture, ha anche messo a punto e approvato un bilancio statale di previsione per l’anno fiscale 2013/2014 da record: 92.610 miliardi di yen (mille miliardi di dollari).

Le prospettive economiche del Giappone

Le misure previste sono riduzione delle spese del welfare e aumento, invece, di quelle per la difesa e un ulteriore piano di stimoli fiscali all’economia da 10.300 miliardi di yen. A questo si aggiungono altri 4.400 miliardi di yen per la ricostruzione delle zone distrutte dal terremoto e dallo tsunami del 2011.

Questa manovre porteranno il debito pubblico del Giappone a livelli record, ma Abe non sembra preoccupato, neanche di fronte alle raccomandazioni dell’Ocse.

Con Abe cambia il Giappone e il suo futuro

I finanziamenti per questo bilancio arriveranno in parte -46,3% del budget ordinario dello Stato- dall’emissione di nuovi titoli di Stato e il restante grazie alle maggiori entrate fiscali previste per l’anno in corso -stimati circa 750 miliardi di yen- grazie alla ripresa dell’economia.

Per realizzare tutto ciò, Abe ha anche rivisto la stima di crescita del paese, portandola, per l’anno fiscale in corso, da un +1,7 a +2,5%.

Olli Rehn parla di Italia e Europa

 Olli Rehn ha parlato diffusamente al Parlamento europeo dell’Italia, in una lunga analisi che vede il nostro paese preso sia come esempio di ciò che non andrebbe fatto e anche come esempio, invece, di ciò che tutti dovrebbero fare per accompagnare l’Europa fuori dalla crisi.

Rehn attacca Berlusconi e difende Monti

Nel secondo esempio, com’era prevedibile, Rehn ha citato quanto fatto dal governo tecnico presieduto da Mario Monti, per il primo la stoccata è arrivata direttamente a Silvio Berlusconi.

Secondo il Commissario, infatti, il Cavaliere non ha rispettato gli impegni presi per il consolidamento di bilancio previsti per l’estate del 2011 (il consolidamento era fondamentale per l’acquisto dei titoli di Stato italiani da parte della BCE).Il mancato rispetto dei termini ha fatto sì che il costo del finanziamento diventasse molto più pesante per lo Stato e questo ha provocato il soffocamento della crescita dell’Italia, fino a che, come dichiarato dallo stesso Rehn, l’Italia non ha fatto passi da gigante, riguadagnando la fiducia dell’Europa, con l’arrivo di Monti.

Per il Fmi l’Italia può tornare a crescere

Oltre al caso Italia, Rehn è anche intervenuto sulla situazione dell’Europa e dell’euro, definendo la situazione buona, ma ancora insicura. Ciò che gli stati membri devono fare, ora, è consolidare il mercato del lavoro con riforme atte a rimuovere gli ostacoli all’occupazione.

 

Scandalo tassi Euribor ora tocca alle banche tedesche

 Nel mirino degli inquirenti sono finite Deutsche Bank, Portigon e altri due istituti importanti con la stessa accusa che era stata fatta, ad esempio, a UBS, il colosso svizzero, e Barclays, ossia il maneggiamento dei tassi di scambio interbancari (Libor ed Euribor) che regolano il costo dei prestiti da una banca all’altra, riuscendo così ad ottenere una maggiorazione degli introiti.

► Scandalo Libor: UBS pronta al patteggiamento che le costerà un miliardo di dollari

Quindi i banchieri di Angela Merkel saranno messi sotto la lente di ingrandimento della Bafin -l’autorità federale di controllo del sistema bancario- con particolare attenzione a Anshu Jain, co-numero uno della Deutsche Bank insieme a Juergen Fitschen.

Il suo posto è a rischio, così come quello degli altri manager che potranno risultare coinvolti nella faccenda. Per ora la Bafin sta mettendo in pratica una sorta di strategia della sorpresa, con visite non programmate nelle sedi degli istituti coinvolti alla ricerca di materiale e documentazioni che possano o scagionare o accusare in modo definitivo le banche e i loro quadri.

► Scandalo tassi interbancari: come cambierà la situazione?

A dare la notizia in anteprima è stato lo Sueddeutsche Zeitung, il quotidiano liberal di Monaco nella sua versione on line, ma,ancora, nessuno degli istituiti coinvolti o presunti tali ha dichiarato nulla. La paura, infatti, è quella di screditarsi agli occhi del mercato internazionale.

9 miliardi di dollari per cinguettare in borsa

 L’offerta fatta da BlackRock per l’acquisto dei titoli di Twitter ai dipendenti che le possiedono è arrivata a quota 80 milioni di dollari. Una cifra molto importante e soprattutto inaspettata, dato dopo ciò che è successo con la quotazione in Borsa di Facebook.

Il social network creato da Mark Zuckerberg, infatti, fu quotato con capitalizzazione di mercato da cento miliardi di dollari per crollare poi dopo pochi giorni, lasciandosi appresso uno strascico di amara delusione e di cause giudiziarie. Quindi gli analisti finanziari guardano con scetticismo la quotazione in borsa di questa tipologia di aziende, ma questo no sembra accadere con Twitter.

Facebook lancia Graph Search ma la borsa s’aspettava di più

Il social network di microblogging, infatti, pur se aspramente criticato ai suoi esordi per non avere un piano di marketing ben definito, è riuscito lo stesso a crescere: al suo lancio nel 2006 valeva 500 milioni di dollari, ora vale 11 miliardi; il numero di utenti è di circa 500 milioni per circa 340 milioni di tweet ogni giorno. Migliorie grazie alle quali Twitter è riuscito a far aumentare gli introiti della pubblicità dai 45 milioni di dollari del 2010 ai 288 milioni del 2012.

Aumento profitti Google

In soli sette mesi Twitter è riuscito ad aumentare il suo valore da 3,7 miliardi a 8 miliardi di dollari. Grazie a questo trend di crescita strepitosa, il social network potrebbe presentare la documentazione per l’ Initial public offering già alla fine del 2013 o all’inizio del 2014, quando i ricavi previsti dovrebbero arrivare a un miliardo di dollari.

Lo spread delle pensioni

 L’Europa deve crescere unita. E’ questo quello che chiedono dall’Eurotower e  dintorni, ma la realtà dei fatti ci racconta un’altra storia, della quale protagonista assoluta è la Germania.

Anche il tema della storia è sempre lo stesso, lo spread, ma non quello che c’è tra i nostri buoni del tesoro e gli equivalenti teutonici, ma quello esistente nella previdenza pensionistica. La Germania, anche grazie all’alto tasso di occupazione registrato nell’ultimo periodo, infatti, è riuscita a mettere nelle casse della Rentenversicherung, l’equivalente della nostra Inps, qualcosa come 30 miliardi di euro.

Record pensioni Germania 2012

Situazione molto diversa da questa parte dell’Europa, invece, in cui paesi come l’Italia, ma anche la Francia e il resto dei paesi che affacciano sul Mediterraneo, riescono a stento a affrontare il pagamento dei mensili pensionistici attuali e non hanno molto per poter garantire che, in futuro, si potrà continuare a dare le stesse speranze di reddito.

Ma la Germania, nonostante la situazione positiva che ha permesso addirittura di diminuire i contributi previdenziali obbligatori dovuti dai lavoratori, ha voluto comunque placare gli animi e ha invitato alla prudenza, soprattutto cercando un modo per cui i politici, attuali e che verranno, non possano mettere mano a questo tesoretto e dissiparlo, rovinando le speranze nel futuro della popolazione tedesca.

Bundesbank rivede stime di crescita

Non si tratta di una paura ingiustificata: queste riserve pensionistiche potrebbero essere utilizzate per ridurre i contributi dell’erario pubblico al sistema pensionistico di circa 4,75 miliardi di euro, fatto che metterebbe il paese nelle condizioni di criticità dei suoi colleghi europei se dovesse esserci un riaggravarsi della crisi o una qualsiasi emergenza.

Novità dal mercato degli smartphone

 Da quel momento in poi la telecomunicazione ha cambiato i suoi connotati. Addio ai telefoni a tastiera, che resistono ancora grazie soprattutto ai BlackBerry, che erano in grado di telefonare, mandare messaggi e, al massimo, fare delle fotografie.

Ora la comunicazione viaggia su Internet e, se fino a qualche tempo fa questa tecnologia era ad esclusivo appannaggio dei business man, adesso è di massa, tanto che, solo nel 2012, in un periodo di piena crisi economica, gli smartphone venduti a livello globale sono stati 700 milioni.

Crollo di Apple in borsa

Il che vuol dire che il giro di affari generato è di 1 miliardo 600 milioni, più della metà del volume di affari di tutto il mercato dei cellulari, in aumento del 43% rispetto ai dati del 2011. La colpa, se così si può definire, fu di quel primo iPhone e di tutto il marketing che la casa di Cupertino è stata in grado di creare intorno a questo nuovo ritrovato.

Apple lancia l’iPhone low cost

Una concorrenza spietata che ha messo in ginocchio case di produzione, fino ad allora leader come la Nokia, e ha dato alla Apple e alla Samsung la possibilità di ingigantire i propri fatturati. Ma, se questa è una battaglia vinta, non si può dire lo stesso della guerra: sono in arrivo, infatti, delle novità dall’Oriente che potrebbero rovesciare le sorti soprattutto della Apple.

Cameron contro Starbucks

 Cosa c’entra il premier inglese Cameron con il caffè? Nulla, a meno che non si stai parlando del caffè di Starbucks. Il premier inglese, nel suo ultimo intervento al WEF di Davos ha voluto lanciare una frecciatina ad una delle più grandi catene di caffè americane, la Starbucks.

Draghi al WEF: il 2012 anno dell’euro

Sull’onda delle tante polemiche che da più parti si stano sollevando contro le multinazionali -soprattutto quelle tecnologiche, tra cui le più bersagliate sono Apple e Google– il premier inglese ha ribadito che, spesso, le multinazionali del genere approfittano del loro potere per non pagare le tasse.

Se sia vero nel caso della Starbucks ancora non è dato saperlo, fatto sta che dai piani alti dell’azienda sono arrivati commenti molto duri su questa ‘illazione’ del premier e fanno sapere, attraverso la voce di Chris Engskov, direttore della filiale inglese, che se il premier non rivede quanto detto, gli investimenti in programma nel prossimo periodo sul territorio inglese potrebbero anche essere rivisti.

La lotta all’evasione colpisce la tecnologia

La linea di difesa scelta dalla Starbucks è molto semplice: dal momento che la società non ha avuto profitto in Inghilterra non è tenuta a pagare le tasse. Ma il problema è che nell’ultimo rapporto di Starbucks si parla di un profitto globale di 274 milioni, ma nessuno di questi generato in Inghilterra, che nel documento, non ha neanche un prospetto separato.