Illegalità, l’economia sommersa cresce in Italia

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Lavoro nero, sommerso, droga, prostituzione e altre attività illegali hanno nel complesso un valore pari a 206 miliardi di euro in Italia.

Rappresentano, dunque, il 12,9% del Pil. E’ quanto riporta l’Istat analizzando il peso dell’economia non osservata, cioè sommersa e proveniente da attività illecite (quali droga, prostituzione e contrabbando sigarette), per l’anno 2013. Il solo valore aggiunto dall’economia sommersa ha circa un valore pari a 190 miliardi di euro, pari all’11,9% del Pil, in aumento dall’11,7% nel 2012 e 11,4% nel 2011.

Se si guarda alle sole “attività illegali” (produzione e traffico di stupefacenti, servizi di prostituzione e contrabbando di tabacco), queste hanno generato un valore aggiunto di 15,2 miliardi di euro. “Tenendo in considerazione l’indotto (1,3 miliardi di euro)”, spiega in particolare l’Istat, “il peso di queste attività sul risultato complessivo nazionale è pari all’1,1%”.

Se si guarda ai pesi del sommerso, nel 2013 il valore generato da questa economia grigia “arriva per il 47,9% dalla componente relativa all’attività sotto-dichiarata dagli operatori economici. La restante parte è attribuibile per il 34,7% al valore aggiunto prodotto dal lavoro irregolare, per il 9,4% alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per l’8% alle attività illecite”.

Ci sono ovviamente comparti nei quali il sommerso riesce ad attecchire con maggiore peso, come affermano gli esperti dell’Istat:

Altre attività dei servizi (32,9% nel 2013), commercio, trasporti, attività di alloggio e ristorazione (26,2%), costruzioni (23,4%). Il peso della sotto-dichiarazione sul complesso del valore aggiunto prodotto in ciascun settore risulta particolarmente elevato nei servizi professionali (con un’incidenza del 17,5% nel 2013), nelle costruzioni (14,2%) e nel commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (13,9%). All’interno dell’industria, l’incidenza risulta più marcata nelle attività economiche connesse alla produzione di beni alimentari e di consumo (8,3%) e molto contenuta in quelle di produzione di beni di investimento (2,7%). La componente di valore aggiunto generata dall’impiego di lavoro irregolare – aggiunge l’istituto di statistica – è particolarmente ampia nel settore degli altri servizi alle persone (21,7% il peso nel 2013), dove è principalmente connessa al lavoro domestico, e nell’agricoltura, silvicoltura e pesca (15,4%).

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