Imprese italiane: le migliori soddisfazioni dall’estero

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Le imprese italiane hanno difficoltà nel nostro Paese ma recuperano all’estero. L’ufficio studi di Mediobanca ha pubblicato l’Annuario R&S, giunto alla sua quarantesima edizione, che recensisce i dati dei 50 maggiori gruppi industriali e finanziari italiani quotati.

L’analisi, che parte dal 2010, traccia un panorama imprenditoriale a due facce. Da una parte le società private, che la lunga stagnazione italiana ha spinto sempre più all’estero. Dall’altra le ex monopoliste pubbliche, un po’ meno scintillanti ma che continuano a macinare “utili enormi”. Tra il 2010 e il 2014 sono stati pari a 46,5 miliardi, che si trasformano in dividendi “vitali” per l’azionista Stato: 11,8 miliardi nel quinquennio 2010-2014 (di cui 5,8 dalla sola Eni) e quasi il doppio rispetto a quanto hanno incassato i soci delle società private. I colossi partecipati dal governo, comunque, surclassano negli utili le concorrenti private, che nei cinque anni esaminati hanno guadagnato un terzo, pari a 15,1 miliardi; per inteso, tutti guadagnati dalla manifattura, perchè i servizi nel periodo di miliardi ne hanno persi 0,7.

Nel 2014 la relazione tra fatturato all’estero e redditività è “evidente”, secondo la ricerca. I gruppi pubblici hanno il 60% di ricavi oltre frontiera e un ritorno sul capitale (Roe) del 5,6%, mentre i privati fatturano il 79% al’estero e hanno una redditività all’11,1%. Se poi si guarda alla sola manifattura privata, il peso dei ricavi stranieri è al 91%, e questo fa salire il Roe al 14,3%. Sui servizi l’estero pesa meno (42%) e la redditività cala al 4,9%. Sette gruppi su 10 vendono all’estero oltre il 60%, e sono tutti manifatturieri tranne cinque grandi contrattisti (Salini Impregilo, Astaldi, Caltagirone, Eni, Enel). Dove la manifattura italiana è più forte è in Nord America (+10,9%), e Asia (+6%), mentre l’Italia è in calo frazionale, l’Europa fa +1,6% e il Sud America perde l’11,4%.

La generazione di ricchezza è appannaggio principalmente della manifattura privata, la sola che grazie a un recupero di redditività ha saputo dal 2010 arricchirsi del 17,5%, secondo il numero indice calcolato ad hoc da R&S. Invece il settore “servizi e diversi privati” ha generato ricchezza per il 5,3%, e i gruppi pubblici e il comparto energetico sono di poco superiori a quota zero.

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