Lusso, la crisi di Gucci e degli altri brand

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Da Gucci a Louis Vuitton, non è un buon momento per il lusso. Si addensano le nuvole di un futuro ancor più negativo.

Il lusso perde colpi, o sopravvive alla crisi che attanaglia l’Europa da molti anni? Secondo gli esperti, il mercato nel 2017 raggiungerà quello che viene definito come “un nuovo livello di normalità”.

Si attesterà a 250-265 miliardi sulla base di una crescita solida, non più gonfiata dagli acquisti di regali della classe politica e burocratica cinese, bensì sostenuta dallo shopping di americani e giapponesi. Lo shopping degli europei, invece, è meno sicuro.

La crescita, inoltre, sarà sostenuta dai consumatori che afferiscono alla ‘upper middle class’, che aumenta esponenzialmente nel globo.

Bisogna dunque affidarsi alla parola “normalità”. Un termine che però non deve trarre in inganno. Si aprono nuove opportunità, ma anche enormi rischi per chi non sarà in grado di cogliere per tempo le novità.

In primo luogo ci sarà un forte cambiamento demografico, il quale vedrà consumatori trentenni in America, Asia, Europa, sostituirsi ai cinquantenni. Il lusso continua ad esercitare fascino anche sui giovanissimi, ma le nuove generazioni molte volte non lo associano alle stesse cose e agli stessi desideri dei genitori.

Vogliono l’alta qualità, ma sono in cerca di marchi anche nuovi o marchi di nicchia che corrispondono al loro stile di vita. Questo stile incorpora valori etici e rispettosi nei confronti dell’ambiente. Potranno, dunque, avvantaggiare piccoli brand che un tempo sarebbero stati esclusi dalla competizione.

In un mercato polarizzato verso gli estremi, dal lusso assoluto al lusso accessibile, vi sarà tuttavia sempre più spazio per i brand inseriti nella fascia che si pone come alternativa al lusso. Questa fascia comprende un segmento di brand con codici del lusso ma con prezzi accessibili. Già nel 2014, questa fascia ha registrato una tendenza di crescita superiore ad altri frangenti.

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