Anas, le strategie per non gravare sui conti dello Stato

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E’ in atto una vera e propria rivoluzione l’Anas. Se il Governo darà il via libera alla trasformazione studiata dai nuovi vertici della società guidata dall’ex diretteore genrale di Terna, Gianni Armani, le cose cambieranno radicalmente.


Prendendo spunto proprio dalla sua esperienza nella società che gestisce la rete ad alta tensione, Armani vorrebbe convertire Anas, da azienda senza risorse proprie, con una governance che risale al secolo scorso, e che ogni anno deve dipendere dal bilancio dello Stato per trovare le risorse, a una società con una gestione finanziaria autonomia, entrate proprie e la possibilità di ricorrere al capitale privato e di erogare obbligazioni.

Armani, nominato poco meno di tre mesi fa mettendo fine al “regno” decennale di Pietro Ciucci,si è posto un compito che – sulla carta – sembra un ossimoro se riferito a un pezzo della pubblica amministrazione: rendere efficiente uno dei baracconi di Stato, con più passaggi nelle cronache giudiziarie che in quelle economico-finanziarie. Figuriamoci poi ipotizzare di poter “vendere” l’investimento in Anas agli investitori internazionali…

Invece, è questo l’obiettivo finale al quale vuole puntare Armani. Lo ha anticipato nelle prime interviste e lo ha confermato l’altra settimana durante un’aundizione in commissione parlamentare. Il primo passo è quiello di rendersi autonomo dal punto di vista economico e non dover dipendere più dal bilancio dello Stato. E come? Esattamente come è accaduto per le reti del gas e dell’elettricità, occorre che chi utilizza il servizio paghi una voce in “tariffa” dedicata. Per le reti “luce&gas” ha funzionato: un lieve incremento della bolletta ha permesso di ristrutturare le infrastrutture con un risparmio di medio-lungo periodo.

Ma come far pagare la tariffa? E dove trovare nuovi fondi per non gravare sullo Stato che versa ogni anno circa due miliardi di euro, e visto che il programma pluriennale 2015–2019 presentato dalla società richiede investimenti per 20,2 miliardi di euro, mentre i finanziamenti disponibili sono solo di 4,7 miliardi?

 

 

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