Call center, si conserverà il posto anche quando l’azienda cambia

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È stato approvato un emendamento al disegno di legge delega sugli appalti, alla Camera, che ha introdotto delle tutele per i lavoratori in outsourcing. Beneficeranno di queste novità, in primo luogo, proprio i lavoratori dei call center. Soddisfatti tutti i sindacati. 

La chiamano clausola sociale per i lavoratori in outsourcing e questo vuol dire che anche quando dovesse cambiare l’azienda committente il lavoratore non perde il posto. Un freno deciso che la politica vuole mettere alla precarietà anche se poi si dovrà intervenire in modo più sistematico sul settore.

Sanzioni per i call center impertinenti

La Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici, intanto, ha approvato il disegno di legge delega sugli appalti che a giugno era stato licenziato dalla Camera. E c’è questa novità per i call center:

in caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center, il rapporto di lavoro continua con l’appaltatore subentrante, salvaguardando i trattamenti economici e normativi previsti.

Il Ministero del lavoro adesso dovrà definire dei criteri generali di attuazione, in assenza di una disciplina collettiva ma ci sarà l’obbligo delle stazioni appaltanti sia pubbliche che private che dovranno dare comunicazione della stipula di nuovi contratti ai sindacati. Questi, da più fronti, hanno manifestato la loro soddisfazione. Prendiamo ad esempio la dichiarazione del segretario generale dell’Slc Massimo Cestaro che dice:

“Oggi è un giorno importante per migliaia e migliaia di lavoratrici e lavoratori dei call center che vedono, finalmente, l’Italia allinearsi all’Europa introducendo una norma che obbliga le parti a trovare soluzioni che assicurino loro continuità occupazionale nei cambi di appalto”. Si tratta di un intervento, spiega Cestaro, “che mette fine alla deriva che stava, ormai da diversi anni, riportando un intero settore ad una intollerabile condizione di precarietà quando non di vera e propria illegalità”.

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