Chiude Sodastream in Palestina, a rischio il lavoro di tanti palestinesi

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Perché parlare della chiusura di una fabbrica in Palestina? Che ingerenza ha l’Italia o l’Europa in questo affare che valica i confini nazionali e del Vecchio Continente. Niente allarmismi, non è per la paura dei profughi ma per il fatto che alla base della chiusura di Sodastream ci potrebbe essere un grosso boicottaggio. 

Centinaia di palestinesi rischiano il posto di lavoro dopo l’annuncio della prossima chiusura dell’azienda Sodastream nel territorio palestinese. Si tratta di un’azienda israeliana molto interessante e famosa che produce una miscela da aggiungere all’acqua naturale per la produzione di bevande gassate.

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Questa azienda ha deciso di aprire una nuova fabbrica nel deserto di Negev nel sud di Israele che andrà a sostituire l’impianto di Ma’ale Adumim. Un affare i cui termini si conoscono da un anno ormai con tanto di critiche che Sodastream aveva ricevuto per aver costruito una sede dell’azienda in un territorio palestinese occupato dai coloni israeliani.

L’iniziativa – come spiega Il Post – ha avuto concretamente un effetto negativo soprattutto per i palestinesi: nella fabbrica di Ma’ale Adumim lavoravano 600 palestinesi, molti dei quali probabilmente perderanno il proprio lavoro quando la fabbrica chiuderà definitivamente entro le prossime due settimane.

Il CEO di Sodastream ha sentito il dovere di precisare comunque che il boicottaggio ai danni della sua azienda, perpetrato da BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), ha avuto finora effetti marginali sui conti visto che è più che altro una campagna di “propaganda, politica, odio, antisemitismo. Tutta roba con cui non vogliamo avere a che fare”.

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L’azienda, in fondo, ha operato e annunciato per tempo una delocalizzazione che dovrebbe portare giovamento alle casse della Sodastream. È giusto sacrificare la salute di un’azienda per operazioni di marketing di facciata? L’economia è anche o soltanto marketing? Questi gli interrogativi che si pongono rispetto alla vicenda mentre c’è chi guarda con sempre maggiore interesse alle opportunità d’investimento offerte da Israele.

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