Le conseguenze del vertice Opec per la Russia

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La mancata diminuzione dei livelli di produzione giunta al termine della riunione dell’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) a Vienna ha aggiunto pressioni ribassiste alle quotazioni del petrolio, già gravemente penalizzate durante gli ultimi mesi a causa del forte apprezzamento del dollaro statunitense e dell’eccessivo squilibrio che si è venuto a formare tra domanda e offerta a seguito dello sviluppo dello della nuova tecnologia di estrazione statunitense, lo Shale Oil.

I prezzi del WTI e del Brent hanno aggiornato i nuovi minimi che non si rilevavano da metà del 2010, rispettivamente a 67,75 dollari/barile e a 71,14 dollari/barile. Tali movimenti hanno condizionato molti asset a livello globale, nello specifico quelli dei Paesi strettamente dipendenti dal petrolio, quali ad esempio la Russia, i cui proventi in campo energetico gravano per quasi il 20% del Pil. Il Paese, il cui destino è stato già seriamente compromesso dalle sanzioni imposte dalla Ue e dagli Usa in scia alle vicende legate all’Ucraina, è tornato così nuovamente sotto pressione.

Affermano gli esperti:

La stretta dipendenza della Russia dalle fonti energetiche sta creando non pochi problemi al paese, che non riesce più ad attrarre investitori esteri per i crescenti dubbi sulla tenuta economica. Questa incertezza si è trasmessa negli ultimi giorni sul mercato valutario e su quello obbligazionario. I timori di un deciso deterioramento dell’outlook del Paese hanno alimentato una serie di vendite massicce sui bond russi, con il rendimento sul titolo a 10 anni che è tornato sopra la soglia del 10,50%, un livello che non vedeva da settembre 2009. Ma i movimenti più sensibili si sono avuti sul mercato valutario, dove questa mattina il rublo è tornato ad aggiornare i minimi storici sia verso euro che verso dollaro. Il cambio Eur/Rub si è fermato a un soffio da 62 (61,97), mentre il cross Usd/Rub a 49,75.

 

 

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