Cresceranno anche in Italia i derivati sul clima?

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Cosa sono i derivati sul clima? Si tratta di cedole assicurative che rimborsano un’azienda sulla base del verificarsi o meno di una determinata condizione climatica. Questi prodotti, anche in Italia, sarebbero utili ma i premi troppo alti ne limitano la diffusione.

I derivati sul clima sono nati intorno al 1997 ma il loro volume di scambio è talmente basso che la diffusione virale di questi prodotti non è arrivata. Adesso se ne parla con maggiore insistente per due motivi: in primo luogo perché stanno facendo ricorso ai derivati climatici grandi aziende come Heineken e Coca Cola; in secondo luogo perché il tempo è sempre meno prevedibile e fuori dalla classica ripartizione stagionale.

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Quali sono gli esercizi commerciali che potrebbero beneficiare dei derivati atmosferici? Sicuramente tutti quelli la cui attività dipende dall’andamento climatico, per esempio i balneatori, oppure i gestori di parchi acquatici ma anche i produttori di frutta, di gelato, di acqua e naturalmente i turisti che possono veder guastata la vacanza al mare da un mese di pioggia torrenziale.

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Come funzionano questi prodotti? L’azienda valuta qual è il clima ideale entro il quale sviluppare il proprio business. Poi definisce delle soglie superate le quali ci può essere un calo consistente delle vendite e del fatturato. Se ha sottoscritto un derivato climatico, al superamento delle soglie stabilite, riceve un premio assicurativo a compensazione del calo del fatturato.

Siccome è molto difficile capire i rischi di questi prodotti anche le compagnie assicurative non sono propense a pubblicizzarle oltremodo. Invece, in stagioni estive come quella del 2014, un derivato climatico avrebbe protetto molti agricoltori da un pessimo raccolto.

In Italia i derivati climatici, così come sono concepiti all’estero, sono ancora irraggiungibili dal punto di vista economico per le PMI nostrane. Eppure qualche assicurazione simile è stata stipulata. Per esempio il Banco di Sondrio nel 2003 aveva stipulato un derivato climatico con una produttrice di acque minerali, la Fonte Tavinia che voleva proteggersi dalle stagioni non troppo calde. Il contratto prevedeva che sopra i 28,5 gradi pagasse l’azienda, ma sotto questa soglia era la banca a dover pagare Tavinia.

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