Dati deflazione, come può intervenire la Bce?

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A seguito dei deludenti dati odierni riguardanti il calo dell’inflazione nell’Eurozona sarà importantissimo capire se i numeri, tornati a rappresentare una crescita negativa per la prima volta dallo scorso marzo, saranno sufficienti ad avviare i lavori in seno alla Bce per valutare le alternative più efficaci d’intervento così da risollevare un’inflazione che tutto sommato è fortemente appesantita da fattori esterni.


“La Bce ha un problema se l’energia rimarrà su questi livelli bassissimi e quindi l’ipotesi di un aumento del quantitative easing non è assolutamente da escludere. Anzi, diventa molto probabile”, ha aggiunto l’esperto. La via più praticabile sembrerebbe un’estensione della durata piuttosto che un aumento della capacità di acquisto dei titoli, che renderebbe ancora più difficile all’Eurotower reperire sul mercato i titoli da acquistare.

Gli analisti di Standard & Poor’s, secondo i quali visti i crescenti rischi esogeni l’effettiva trasmissione della politica accomodante della Bce all’economia reale è cruciale per il consolidamento della ripresa dell’Eurozona, ritengono che la Bce estenderà il quantitative easing oltre settembre 2016. “Molto probabilmente”, precisano, “fino a metà 2018, ottenendo quindi un incremento del bilancio pari a 2,4 miliardi di euro, oltre il doppio rispetto agli 1,1 miliardi attualmente previsti dall’Istituto di Francoforte”.

Gli investitori scommettono in un’azione più incisiva da parte di Mario Draghi. Dopo il dato sull’inflazione in eurozona, lo spread Btp/Bund è infatti sceso a 111 punti base con il rendimento del decennale italiano all’1,72% e a Piazza Affari l’indice Ftse Mib ora sale del 2,30% a 21.204 punti, in linea con il Dax di Francoforte (+2,24%), il Cac40 di Parigi (+2,63%) e il Ftse100 di Londra (+1,92%).

Tra l’altro, oggi l’Eurostat ha anche reso noto che ad agosto il tasso di disoccupazione in Europa è rimasto stabile. Secondo i dati diffusi oggi da Eurostat, infatti, la disoccupazione nell’Eurozona ammonta all’11% mentre nella Ue a 28 Paesi è rimasta al 9,5%, in entrambi i casi come nel mese precedente.

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