Ecco perché la riqualificazione edilizia è un buon business per lo stato

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 Il saldo è in rosso. C’è un ammanco di 3,5 miliardi a causa di un incasso di 49,5 miliardi e di incassi inferiori per un totale 53 miliardi. Restringendo il cerchio e concentrandosi sulla parte più pubblica, si muoverebbe intorno a queste cifre il bilancio degli incentivi sul recupero e sul risparmio energetico.

Tuttavia, intanto, il bonus fiscale ha assicurato e continua ad assicurare il recupero di una quota consistente di un patrimonio edilizio fatiscente, inoltrando peraltro sempre nuova benzina nel motore inceppato dell’edilizia.

Non finisce qui, se si considera che in rimborsi a cittadini e imprese avvenuti in dieci anni “il saldo economico deflazionato diventerebbe positivo: un guadagno di 2,2 miliardi”.

Ipotesi e proiezioni sono a cura del Cresme che, in uno studio realizzato per la Cna, sottolinea il modo in cui la riqualificazione edilizia si configuri come un business pure per l’estate. Ammesso che lo Stato non smetta bruscamente di agevolarne l’attività interrompendo i bonus del 55% per il risparmio energetico e del 50% per le ristrutturazioni semplici.

In altri termini, tutti sperano nel business della riqualificazione abitativa che concerne gli edifici con oltre quarant’anni di vita: oggi sono il 55,4% del totale, fra dieci anni saranno il 68,6% del totale.

 

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