Gli investitori preferiscono le azioni

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Nonostante si parli spesso di volatilità finanziaria, il mercato azionario si configura come un ausilio sempre valido.

Le azioni sono eccellenti investimenti di lungo termine, e funzionano abbastanza bene nel breve.

Ciò può sembrare in contrasto con fatti recenti, quali ad esempio il crollo delle quotazioni nel 2008-2009, o gli scandali di insider trading, i crolli improvvisi e i problemi tecnici che possono costringere alla chiusura dei mercati. A ciò si aggiungano le sospette turbative del mercato da parte degli high frequency trader.

Tuttavia occorre considerare che da un secolo il ritorno annuale medio delle azioni è stato pari al 9,5%: il 5% dovuto all’incremento di valore degli stock e il 4,5% dovuto ai dividendi.

Questa media include gli anni della Grande depressione, le due guerre mondiali, numerose recessioni e innumerevoli modifiche dei listini di azioni.

Naturalmente non è stata seguita dal mercato, per raggiungere tale percentuale, una traiettoria lineare. Il Dow Jones Industrial Average, è rimasto al palo tra il 1966 e il 1982. Tenendo conto dell’inflazione, ha perso molto terreno. Un altro indice molto diffuso, lo S&P500, ha fatto di meglio, ma non troppo. Poi le cose sono cambiate. Fra l’82 e il 2000, il Dow Jones si è apprezzato di 15 volte. Dal 2000 il mercato è stato colpito da dure fasi ribassiste, nel 2001 e nel 2009. L’ultima fase è stata particolarmente dolorosa. Tuttavia a inizio 2014 le azioni hanno più che raddoppiato il loro valore dai minimi di inizio 2009.

Chi ha molta pazienza per cavalcare picchi e crolli verrà ricompensato, alla fine. Basta considerare che chi investe 10.000 dollari a 25 anni in un tax-deferred account, quale ad esempio un Ira, reinvestendo dividendi e capital gain, senza aggiungere altri versamenti diretti può accumulare ben più di 350.000 dollari a 65 anni e più di 500.000 a settanta.

 

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