Per Jp Morgan Euro e Costituzione italiana sono incompatibili

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 La società finanziaria Jp Morgan, che ha sede a New York e che è leader nei servizi finanziari globali, servendo più di novanta milioni di clienti ha espresso un parere del tutto ‘particolare’ sulla crisi e sulla sua valenza politica.

In un cominicato rilaciato dalla società si legge che il pensiero di quest’ultima all’inizio della crisi era che i problemi nazionali ereditati dal passato fossero sempre e solo di natura economica.

Col passare del tempo e con l’evoluzione della crisi, tuttavia, è stato impossibile negare la seguente evidenza secondo Jp Morgan: “Esistono dei problemi politici profondamente radicati nella periferia che a nostro avviso, devono cambiare se l’UEM dovrà funzionare correttamente nel lungo periodo”.

Jp Morgan allude a quei sistemi organizzati successivamente alla dittatura. Il problema, dunque, sorge dal punto di vista costituzionale quando le Costutizioni sono ‘figlie’ della suddetta modalità di ‘controllo’ del popolo. Jp Morgan, dunque, rileva che

“Tali Costituzioni tendono a mostrare una forte influenza socialista, che riflette la forza politica che i partiti di sinistra guadagnarono in seguito alla sconfitta del fascismo”.

Secondo la società, queste sono le caratteristiche rappresentate dai sistemi politici in questione: “un potere esecutivo debole, uno Stato centrale debole rispetto alle regioni, la tutela costituzionale dei diritti del lavoro, sistemi di costruzione del consenso che alimentano il clientelismo politico, e il diritto di protestare se vengono apportati cambiamenti sgraditi allo status quo politico”.

Caratteristiche che, dunque, si rifletterebbero nell’Italia di oggi, rea di averle ereditate. Caratteristiche tornate in auge con la crisi.

Secondo Jp Morgan, a dimostrazione di ciò “Le nazioni della periferia dell’eurozona hanno conseguito solo un parziale successo nell’adottare quelle riforme economiche e di bilancio che erano in programma, con governi vincolati dalle costituzioni nazionali (Portogallo), dalla forza delle regioni (Spagna), e dall’ascesa di partiti populisti (Italia e Grecia)”.

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