Per l’Economist è sfida tra i Rothschild e gli Agnelli

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La caccia all’Economist è aperta. In lotta ci sono due famiglie molto prestigiose: Rothschild ed Elkann.

 

Secondo le ultime indiscrezioni Lynn Forester de Rothschild, che gestisce il 21% detenuto dalla sua famiglia nel settimanale britannico non ha ancora scelto se opporsi o meno alla probabile ascesa nell’azionariato di John Elkann, che attualmente, tramite Exor detiene una quota del 4,7%. Ma chi la conosce pensa che la sua decisione finale sarà quella di opporsi al capo della famiglia che possiede il colosso automobilistico Fca.

Il 50% dell’Economist è in mano al gruppo Pearson, che nei giorni scorsi ha venduto il Financial Times ai giapponesi di Nikkei per 844 milioni di sterline e ora vuole cedere anche la quota detenuta nel settimanale finanziario per concentrarsi esclusivamente sulla scolastica e incassare una somma stimata fra i 300 e i 500 milioni di sterline.

Non c’è ombra di dubbio che i Rothschild tengano molto all’investimento nell’Economist, che ormai risale a più di settant’anni fa, e non vogliono che il 50% della proprietà passi a qualche azionista che non sia di loro gradimento. E’ vero che negli ultimi anni il successo dell’Economist si è un po’ appannato, ma il settimanale ha ancora una circolazione di 1,6 milioni di copie cartacee e online, mentre gli utili sfiorano i 60 milioni di sterline l’anno. Ma a rendere veramente prezioso l’Economist è l’allure del suo storico marchio: essere tra i suoi azionisti è la prova di fare parte della verà élite mondiale. Secondo l’analista dei media Claire Enders, è come possedere una grande tenuta nelle campagne intorno a Bordeaux.

Fin dagli anni 20 del secolo scorso, l’Economist ha una governance quasi bizantina che impedisce a un singolo azionista o società di avere il controllo del settimanale. Al momento l’azionariato è questo: il 50% è in mano a Pearson, il 21% ai Rothschild, il 4,7% a Exor, il 2% a Bruno Schroder, esponente del celebre gruppo finanziario, l’1% a testa ad alcuni membri della famigla Cadbury, l’equivalente britannico della Ferrero, mentre il resto è disperso fra una miriade di azionisti spesso appartenenti alle più importanti famiglie aristocratiche inglesi.

 

 

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