Quanto costa essere proibizionisti? Il caso italiano

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In Italia c’è il proibizionismo rispetto alle droghe catalogate come “leggere”. E anche se la marijuana è stata sdoganata dalla medicina come strumento importante nella terapia del dolore, il commercio di questo prodotto non è legale. Ma ha un costo elevato per il nostro Paese. 

Un interessante reportage del gruppo Espresso approfondisce i costi del proibizionismo in Italia dove la marijuana è usata in medicina ma non può essere acquistata per uso personale come sostanza stupefacente. Il punto di riferimento per la trattazione dell’argomento è un’esperienza maturata in America.

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In Colorado l’erba è stata legalizzata e lo stato ne ha subito beneficiato in termini economici. A un anno e mezzo dall’apertura dei coffee shop si parla di una spesa sanitaria invariata, ma anche della diminuzione dei crimini e di un incremento delle entrate fiscali del Paese.

Si può ottenere lo stesso risultato anche in Italia. Il fatto che sia la forte presenza della mafia nel commercio di droga, fa pensare che sia impossibile arrivare ad un commercio legale ma l’Antimafia sarebbe d’accordo a valutare una sperimentazione antiproibizionistica seguendo il modello del Colorado. Scrive l’Espresso:

Se l’Italia liberalizzasse le droghe leggere, le casse pubbliche potrebbero guadagnare fino a 8,5 miliardi di euro all’anno, una cifra enorme. Quasi equivalente, per capirci, a quanto servirebbe oggi al governo di Matteo Renzi per evitare l’aumento dell’Iva previsto a partire dall’anno prossimo. […]

Tuttavia, i vantaggi finanziari non si limitano alle tasse. Regolamentare il mercato delle droghe leggere permette infatti anche di risparmiare, soprattutto sulle spese che lo Stato sostiene per la repressione del crimine. Tesi che sembra condividere anche dalla Direzione Nazionale Antimafia italiana.

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