Ocse e fisco, prese di mira Google e Apple

 E’ il quotidiano Le Figaro a riportare la notizia secondo la quale molto presto, già dal 14-15 febbraio quando a Mosca si riunirà il g20 Finanze, l’Ocse -Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico- presenterà le sue prime proposte per cercare di arginare il fenomeno dell’evasione fiscale.

Il dito dell’Ocse è puntato soprattutto contro i grandi colossi americani  (Google, Apple, Amazon, Starbucks) che hanno la possibilità di sfruttare lacune e mezzi legali per aggirare il fisco, soprattutto operando quella che viene chiamata l’ottimizzazione fiscale, attraverso la quale riescono ad eludere quasi completamente il fisco.

Google e i paradisi fiscali

Ciò su cui, inoltre, si punterà l’attenzione dell’Ocse sono i cosiddetti paradisi fiscali, ossia quei paesi che hanno delle condizioni fiscali particolarmente agevolate. Il piano dell’Ocse, secondo le prime notizie riportate, si baserà su due principi cardine: il primo è il divieto dell’utilizzo di quelle che vengono chiamate scatole vuote, cioè le società che non hanno nessuna attività reale ma che sono utilizzate solo per il trasferimento dei fondi, e il secondo, è quello di imporre un divieto alle società ibride (società che hanno diversi domicili).

Pronto il piano d’azione dell’Unione europea contro l’evasione

Si tratta di una grande rivoluzione, un progetto particolarmente ambizioso anche per l’Ocse, soprattutto perché queste pratiche sono legali nella maggior parte dei paesi.

Isole Cayman non più paradiso fiscale

 Pressioni politiche ed economiche stanno spingendo le Isole Cayman ad abbandonare lo status di paradiso fiscale, che detengono fin dalla fine del Settecento. Quindi, in queste isole vige l’esenzione dalle imposte e, dal 2003, anche un mercato deregolamentato per i fondi comuni di investimento.

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Secondo il Financial Times questi territori sarebbero pronti ad una maggiore trasparenza per quanto riguarda le migliaia di società e le hedge fund con domicilio nell’isola. Il territorio inglese di oltremare, infatti, non gode di una buona reputazione presso gli altri stati e, nell’intento di non apparire più sulle Liste Nere – le Cayman sono inserite nella lista nera del governo italiano dal 1999 – le autorità delle Isole stanno cercando delle vie per rendere agevole la raccolta di informazioni su società e relativi manager che qui hanno sede.

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La prima proposta è stata quella di creare un database in cui siano elencati tutti gli hedge fund con domicilio alle Cayman. Una proposta che raccoglie le critiche, sia di Europa che di America, nei confronti dei requisiti minimi di comunicazione imposti dalle Isole Cayman alle società registrate.

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Ma, come anticipato, le pressioni non sono solo politiche, ma anche di natura economica. Alle Isole Cayman, infatti, hanno sede un grande numero di fondi pensione al mondo che non hanno la possibilità di verificare i dettagli dei fondi delle Cayman in cui investono nè dei loro manager.

Google e i paradisi fiscali

 Sembra ormai certo che i grandi colossi dell’informatica siano ricorsi ai paradisi fiscali per eludere il fisco. Dopo Apple, anche Google è sospettata di aver fatto ricorso ai paesi in cui le leggi sul fisco per eludere in modo legale quello europeo, riuscendo così ad evitare di sborsare ogni anno miliardi di dollari nelle casse dei paesi in cui opera.

E’ quanto dichiara Bloomberg, una dichiarazione che conferma le ipotesi di evasione già formulate in Italia e alle quali si sta cercando di dare un chiarimento attraverso i controlli della Guardia di Finanza fatti nelle sedi di Google, che dovrebbe pagare circa 96 milioni di euro all’erario italiano, e nelle sedi di Facebook Italia.

Le operazioni di trasferimento di denaro di cui parla Bloomberg si riferiscono al 2011, quando BigG avrebbe spostato quasi 10 miliardi di dollari alle Bermuda, riuscendo ad eludere il fisco per circa 2 miliardi di dollari. Nella pratica non c’è nulla di illegale – è possibile spostare i propri capitali e i propri guadagno dove meglio si crede visto che la legge lo consente – ma è proprio questo vuoto legislativo a costituire il problema.

Google, come già fatto per gli accertamenti subiti in Italia, risponde mettendo sul piatto le sue cifre e evidenziando che, anche nel caso in cui ci fosse stato davvero uno spostamento di capitali verso mete offshore, il suo operato sul territorio europeo vale 700 posti di lavoro in Germania e 1200 in Inghilterra.

Pronto il piano d’azione della Commissione Europea contro l’evasione

 Algirdas Semeta, commissario europeo per la fiscalità e l’unione doganale, l’audit e la lotta antifrode, non ha dubbi:

Ogni anno nell’UE si perdono mille miliardi di euro a causa dell’evasione e dell’elusione fiscali. Non si tratta soltanto di una scandalosa perdita di entrate estremamente necessarie, ma di una minaccia per la giustizia fiscale. Sebbene gli Stati membri debbano potenziare le misure nazionali per la lotta all’evasione fiscale, le soluzioni unilaterali non saranno sufficienti. In un mercato unico, nel contesto di un’economia globalizzata, le incoerenze e le lacune nazionali diventano il terreno di gioco per chi cerca di eludere la tassazione. Una posizione forte e coesa dell’Unione nei confronti degli evasori fiscali, e di coloro che li agevolano, è quindi fondamentale.

Nel piano d’azione presentato oggi in Comissione Europea, si auspica che l’Unione Europea, per mezzo delle sue istituzioni e dell’operato delle singole unità nazionali, si schieri, in maniera forte e coesa, contro i paradisi fiscali, anche attraverso misure specifiche per convincere i paesi terzi ad applicare le norme di governance dell’Unione.

In secondo luogo Semeta ha ribadito la necessità di una pianificazione fiscale aggressiva, che vada a colmare le lacune legislative e a chiarire i tecnicismi che fino ad ora hanno permesso l’evasione e l’elusione fiscale, cercando di creare le condizioni per cui la tassazione si basi sulla reale possibilità economica di ogni azienda che opera nell’Unione.

Tra le altre misure suggerite dal piano d’azione contro l’evasione ci sono: un codice dei contribuenti, un codice di identificazione fiscale dell’UE, un riesame delle disposizioni antiabuso delle principali direttive comunitarie e gli orientamenti comuni per la tracciabilità dei flussi di denaro.

Normativa sul trasferimento nei paradisi fiscali

Qualche volta, fare ricorso contro una notifica, può essere controproducente e confermare che il motivo della notifica sussiste. Lo spiega bene la normativa sui trasferimenti nei paradisi fiscali, seguita ad una sentenza della Corte di Cassazione.