Google e i paradisi fiscali

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 Sembra ormai certo che i grandi colossi dell’informatica siano ricorsi ai paradisi fiscali per eludere il fisco. Dopo Apple, anche Google è sospettata di aver fatto ricorso ai paesi in cui le leggi sul fisco per eludere in modo legale quello europeo, riuscendo così ad evitare di sborsare ogni anno miliardi di dollari nelle casse dei paesi in cui opera.

E’ quanto dichiara Bloomberg, una dichiarazione che conferma le ipotesi di evasione già formulate in Italia e alle quali si sta cercando di dare un chiarimento attraverso i controlli della Guardia di Finanza fatti nelle sedi di Google, che dovrebbe pagare circa 96 milioni di euro all’erario italiano, e nelle sedi di Facebook Italia.

Le operazioni di trasferimento di denaro di cui parla Bloomberg si riferiscono al 2011, quando BigG avrebbe spostato quasi 10 miliardi di dollari alle Bermuda, riuscendo ad eludere il fisco per circa 2 miliardi di dollari. Nella pratica non c’è nulla di illegale – è possibile spostare i propri capitali e i propri guadagno dove meglio si crede visto che la legge lo consente – ma è proprio questo vuoto legislativo a costituire il problema.

Google, come già fatto per gli accertamenti subiti in Italia, risponde mettendo sul piatto le sue cifre e evidenziando che, anche nel caso in cui ci fosse stato davvero uno spostamento di capitali verso mete offshore, il suo operato sul territorio europeo vale 700 posti di lavoro in Germania e 1200 in Inghilterra.

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