Tutta la verità sugli ETF in un approfondimento di Geneve Invest

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 Attirano l’attenzione e l’interesse di un numero sempre più grande di investitori, soprattutto di quantirestano colpiti da una tipologia di investimento che, purtroppo solo apparentemente, può apparire più semplice e accessibile: parliamo degli Exchange Traded Funds (ETF).

Gli ETF sono dei particolari fondi di investimento che puntano a replicare l’indice di un determinato sottostante, solitamente valute, metalli preziosi, azioni e obbligazioni. Rispetto adaltri tipi di fondi gli ETFsono caratterizzati da gestione passiva, non cercano quindi di sovraperformare l’indice di riferimento, ma semplicementenereplicanol’andamento.Si tratta di strumenti in circolazione già dagli anni ’80, ma che hanno guadagnato grande popolarità negli ultimi 10 anni. Attualmente, si calcola siano pari a 1.34 miliardi di dollari le masse gestitedagli ETF, su un totale di 14.72 miliardi di dollari (fonte Forbes) di investimenti gestiti dalle societàdi investimento in fondi: nella maggior parte dei casi fondi comuni.

Con l’aiuto di Samuele Demartini di Geneve Invest, società di gestione patrimoniale indipendente, andiamo ad approfondire quali sono i rischi più concretilegati all’utilizzo di questi strumenti.

Uno dei punti deboli dell’investimento in ETF è quello di poter incappare in fondi che, anziché acquistaredirettamente, talvolta fisicamente, il sottostante, ne acquisiscono esposizione mediante la negoziazione di strumenti derivati: il pericolo in questo caso è che la controparte che ha emesso il derivato risulti insolvente, incrementando così il livello di rischio dell’investimento. Da questo punto di vista giova ricordare come il 20% di tutti gli investimenti in ETF sia controllato da soli 5 fondi, una circostanza che obbliga gli investitori a cercare soluzioni di nicchia che necessita di una capillare conoscenza del mercato e delle possibilità a disposizione per poter massimizzare i rendimenti ed operare in maniera mirata.

Ancora, a causa della loro natura, vi è il rischio che il numero di transazioni che hanno luogo all’interno del singolo ETF sia molto elevato,con un impatto negativo sui costi. In aggiunta,data la loro natura di strumenti passivi, gli ETF in determinati settori non risultano particolarmente efficaci. È il caso dell’obbligazionario high yield, dove i risultati degli ultimi anni sono deludentisia in termini di performance che di volatilità. La costituzione del portafoglio di un ETF tende a preferire quelle posizioni caratterizzate da un beta superiore, senza tenere in considerazione che spesso si tratta di emittenticaratterizzate da una probabilità di insolvenza superiore. È, infatti, in periodi di alta volatilità che i problemi dovuti all’agnosticismo in sede di selezione delle controparti si palesano, portando a minusvalenze più pesanti rispetto all’indice.

Il fatto che i sottostanti da coprire siano limitati unitamente alla difficoltà di differenziazione strategica ha comportato un affollamento ed un livello di competizione molto elevati. Sono inoltre strumenti piuttosto remunerativi per chi li vende e per questo negli ultimi anni si sono pian piano moltiplicati, rendendo più semplice ai neofiti l’accesso a settori estremamente tecnici, da sempre appannaggio degli addetti ai lavori. Il punto è che per investire in maniera efficace in contesti di mercato tanto specifici, è necessario conoscere profondamente il terreno d’azione. Purtroppo sono ancora tantissimi, invece, gli investitori che acquistano prodotti che non comprendono a fondo.

Per quanti mirano ad implementare una strategia di lungo termine è inoltre necessario tenere in considerazione il rischio che l’ETF selezionato venga liquidato, generando plusvalenze imponibili eriducendo quindi i benefici fiscali che derivano da un investimento di lungo termine.

In chiusura, ciò che appare importante sottolineare, come ben raccontato da Demartini dall’approfondimento degli analisti di Geneve Invest, è come sia del tutto errato considerare gli ETF come una risorsa più sicura edefficiente di altri strumenti finanziari. Si tratta indubbiamente di una buona opzione per quegli investitori che desiderano acquisire esposizione nei confronti di un determinato settore/indice nell’implementazione di una strategia di investimento chiara e ben studiata. Ciò che deve però essere chiaro è che, in virtù della gestione passiva che caratterizza questi strumenti, è l’investitore che si deve occupare della strategia, perseguendo obiettivi ben precisi e adottando le necessarie contromisure finalizzatealla gestione del rischio. Si tratta quindi di una soluzione completamente differente da quella di un tradizionale fondo di investimento, dove, al contrario, vi è unprofessionista responsabile per la gestione del rischio e per “l’adattamento” della strategia in funzione delle diverse congiunture.

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