Gli errori degli economisti spiegati da Reinhart e Rogoff

 Un libro molto interessante che sta facendo scuola nel settore economico, è stato pubblicato da Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff. Si chiama “Crescita in tempo di debito” e spiega che quanto più è alto il debito pubblico di un paese, maggiore è la possibilità che cresca economicamente con percentuali irrisorie.

Enrico Letta può influenzare l’euro?

Secondo l’analisi svolta da questi economisti, già 3 anni fa, i paesi che hanno un debito pubblico superiore al 90 per cento, hanno tassi di crescita dell’1 per cento più bassi dei paesi con il debito pubblico inferiore alla quota indicata.

Il tasso di crescita dei paesi dove il rapporto tra debito e PIL va oltre il 90%, è praticamente negativo. Questa regola, provata empiricamente, è stata usata come cavallo di battaglia da tanti economisti avversi alla crescita del debito pubblico. A livello politico, tale “teoria” si traduce in una battaglia contro il debito che dovrebbe avere come “effetto di secondo livello”, la crescita dell’economia.

L’austerity non piace agli intellettuali

Si tratta di una situazione ormai irreversibile? Non proprio, anche se molti economisti giurano che la correlazione tra crescita e debito pubblico sia inversa, nel senso che non è il debito a determinare una crescita negativa ma è la crescita economica limitata a favorire l’incremento del debito pubblico.

Il partito anti-euro è sempre più pericoloso

 L’Europa sta affrontando una grave crisi politica e monetaria e il problema è legato al fatto che il malcontento dilaga e sia i leader dei vari paesi, sia i cittadini, hanno bisogno d’individuare un capro espiatorio.

Dall’Euro potrebbe sempre uscire la Germania

Qualcuno ha provato a dire che è tutta colpa della Germania se ci troviamo in questa situazione critica ed è soltanto per alimentare l’economia del paese in questione che si resta nell’euro. E arriviamo così alla nota dolente, al capro espiatorio per antonomasia: l’euro.

La moneta unica è ormai sotto attacco e ci sono diversi partiti politici che stanno usando il grimaldello dell’anti-euro per costruire il loro consenso.

Gli analisti della CNBC ritengono che l’ascesa di questi movimenti d’opposizione alla valuta europea possa essere davvero pericoloso. In alcuni casi i partiti neonati, come l’Alternative fuer Deutschland lanciato in Germania, appaiono molto taglienti.

L’opposizione antieuropea vince in Islanda

In comune c’è la volontà di combattere contro il clima di austerity imperante e come collante funziona il perdurare della crisi economica.

In un’unica elezione, l’AfD potrebbe portare a casa il 3 per cento ma qualcuno ritiene che il partito anti-euro, sfondando la soglia del 5 per cento con un recupero di consensi imprevisto, possa addirittura arrivare in Parlamento. La Germania è ripartita ma i presupposti per la proliferazione di queste realtà ci sono.

Draghi e sopravvivenza dell’euro

 Il presidente della BCE non deve aver preso di buon grado le critiche mosse in questi ultimi mesi alla banca centrale europea. Mario Draghi a differenza dei suoi omologhi cinesi e statunitensi, ha deciso di non abbassare nuovamente i tassi e non fomentare la guerra di valute.

Lo spread futuro non è un problema

Una scelta molto discussa in seno all’UE ma alla fine accettata come qualcosa di ineludibile, al punto che si è perso di vista un discorso molto importante di Draghi, fatto in occasione della conferenza stampa del 4 aprile scorso.

Secondo Maurizio Blondet, il governatore della BCE avrebbe usato delle parole molto forti per spiegare la situazione valutaria del Vecchio Continente e per dare qualche segnale deciso a chi si preoccupa se l’uno o l’altro paese usciranno dalla moneta unica.

Come spingono la crescita gli Stati Uniti e il Giappone

Un giornalista del sito Zero Hedge, infatti, ha deciso di porre una domanda molto particolare a Draghi: gli ha chiesto se esiste a livello comunitario una strategia o degli strumenti per evitare il crollo del sistema Europa qualora uno degli stati in crisi, per esempio la Grecia, la Spagna o Cipro, decidano di abbandonare l’euro.

Secondo Draghi si è trattato di un quesito molto ipotetico posto senza considerare il ruolo e l’importanza della moneta unica. Tutti sottovalutano la resistenza dell’euro, in realtà, secondo Draghi, questa valuta resisterà perché serve a sostenere la classe politica che ha investito tutto nell’euro.

L’Europa è una ma con tanti euro

 Ancora una volta, lo sguardo più lucido espresso sul Vecchio Continente è ad opera di un americano. Stavolta riportiamo la visione di Wolfang Munchau, il commentatore del Financial Times che ha parlato dell’Europa e dei suoi problemi anche in passato.

Il punto di partenza della sua analisi è lo studio effettuato dalla BCE sulla ricchezza delle famiglie da cui si evince che le famiglie tedesche sono tra le più povere d’Europa nonostante la Germania sia il paese più “ricco” dell’UE.

Le previsioni sui tassi futuri

Sembra che il risultato della ricerca non convinca né il commentatore né gli investitori e per capire meglio il risultato dell’analisi della BCE sia necessario avere una visione più ampia sull’euro.

La nuova banconota da 5 sterline

In Europa esiste – questo è indubbio – una sola moneta unica, l’euro, ma il suo valore nei diversi paesi cambia molto e quindi sembra quasi che ci siano tante monete parallele. Se si entra più nel dettaglio della discussione si scopre che i tedeschi non sono più poveri dei ciprioti e che i dati relativi alla spesa delle famiglie europee sono fuorvianti.

Per esempio la media degli acquisti delle famiglie tedesche è di 200 mila euro che diventano 670 mila se si va a Cipro, oppure 300 mila se si va in Spagna. Tutto si spiega con il differenziale nei tassi di cambio tra le varie economie dell’Eurozona. I numeri dati, infatti, non testimoniano la differenza che c’è tra le ricchezze nazionali, quanto piuttosto gli squilibri delle diverse economie.

Krugman contro i Bitcoin

 Paul Krugman è diventato un punto di riferimento contro corrente per chi si avvicina al mondo della finanza con uno sguardo critico. Il premio Nobel per l’economia, recentemente, ha parlato della crisi dell’Europa ed ha ribadito che una rivoluzione, una protesta seria contro l’austerity potrebbe essere provvidenziale.

Adesso sotto la sua speciale lente d’ingrandimento ci sono finiti i Bitcoin che sono valute virtuali che hanno dimostrato in pochi mesi un rendimento superiore alle attese, capace di andare oltre il rendimento delle valute tradizionali.

Si torna a parlare di Bitcoin

Si tratta però di valute virtuali che potrebbero presto essere alla base di una crisi finanziaria senza precedenti. Secondo Krugman si erano accorti dell’assurdità di questi sistemi d’investimento paralleli, già nel 1776 e non si capisce per quale motivo siano tornati di moda.

Secondo il premio Nobel i Bitcoin sono monete virtuali che richiedono il dispendio di risorse reali. In pratica funzionano come i metalli preziosi, per cui erano spesi dei soldi finalizzati all’accumulo di un materiale simbolico.

La nuova banconota da 5 sterline

Quanto alla loro reale diffusione c’è da dire che rappresentano una moneta virtuale accettata al momento soltanto da pochissimi siti web che la usano come una valuta tradizionale per effettuare acquisti di beni reali. Il suo rendimento delle utile settimane ha spinto verso l’alto la popolarità dei Bitcoin.

Zuckerberg, adesso dice di possedere l’1 per cento di tutti i Bitcoin in circolazione che equivalgono a qualcosa come 11 milioni di dollari.

Monete parallele in Grecia?

 In questo momento l’euro ha perso la sua credibilità e per questo tanti paesi che affrontano un momento di crisi, si chiedono se sia plausibile avere un periodo di medio e lungo termine di “parallelismo”. Ci si chiede se si possa tornare alla moneta locale e contemporaneamente autorizzare la circolazione dell’euro nel paese.

E’ davvero tutta colpa della Germania?

Nel futuro, comunque, il ritorno alla moneta locale, sembra essere l’unica soluzione possibile, visto che la calma del settore valutario, ad ogni modo, non fa presagire niente di buono: l’euro è in forte crisi.

Studiare la Grecia per capire il futuro

Le domande che molti analisti si pongono, allora, sono due: la doppia moneta è uno scenario realistico e soprattutto è uno scenario possibile?

Un’ipotesi che si sta facendo strada e che potrebbe essere praticabile, è quella dell’introduzione di una o più valute insieme all’euro per un periodo determinato di tempo nei paesi periferici. Questa soluzione avrebbe sicuramente un vantaggio, quello di fungere da traghetto verso il ritorno all’euro, ma attraverso un sentiero virtuoso che non aggravi la crisi economica vissuta da molte nazioni.

Il secondo punto a favore di questa soluzione è nel disporre di una tabella di marcia, un calendario che riduce al minimo le “controindicazioni”.

Si torna a parlare di Bitcoin

 In questo momento di forte crisi a livello europeo, con l’aggravarsi della situazione cipriota, si torna a parlare di Bitcoin, della moneta virtuale di cui si vocifera anche nelle serie tv. Ma cosa sono e come funzionano i Bitcoin.

Si tratta di una valuta elettronica virtuale che oggi vale circa 200 dollari per unità. All’inizio di febbraio chi aveva in tasca un Bitcoin, aveva in tasca circa 30 dollari. Adesso i mezzi di comunicazione hanno spinto parecchio sull’argomento e alla fine la moneta che nasce e vive soltanto su internet, è diventata più popolare.

La Fed condiziona il mercato Forex

Alla fine di marzo, quindi appena 15 giorni fa, i Bitcoin in circolazione avevano superato un miliardo di dollari. Questo vuol dire che al momento non ci sono investimenti equivalenti ai Bitcoin. Gli scettici ritengono però che potrebbe presto esserci una bolla speculativa legata a questa valuta e quindi in giro per il mondo ci potrebbero essere dei “micro fallimenti finanziari”.

In Giappone aumenta il Nikkei e perde lo yen

Il sistema in questione è stato ideato da Satoshi Nakamoto che chiaramente è un nome di fantasia, infatti gli inventori della valuta hanno deciso di restare anonimi. La creazione risale al febbraio del 2009. Quello che caratterizza il Bitcoin è il funzionamento sulla base del protocollo peer-to-peer.

In Giappone aumenta il Nikkei e perde lo yen

 La Fed condiziona il mercato Forex con le sue minute: sembra infatti che l’economia americana sia in una fase di espansione e non ci sia più bisogno del piano di quantitative easing precedentemente studiato. Anzi, tutto fa pensare che il QE si chiuderà entro l’anno.

Intanto la moneta unica del Vecchio Continente perde terreno sia dal dollaro che dallo yen. Eppure, la valuta nipponica, stando alle ultime osservazioni, è sempre in fase calante visto che la banca centrale giapponese ha deciso di svalutarla al fine di rilanciare l’economia.

Inflazione e stabilità dei prezzi nel discorso di Draghi

La borsa di Tokyo, nella prima seduta di contrattazioni seguita alla pubblicazione delle minute, ha chiuso in rialzo con l’indice Nikkei-225 dato al +1,96% fino a 13.549 punti.

Questo lieve ma importante rialzo, secondo molti analisti, dipende dal deprezzamento dello yen che è costantemente “in caduta libera”, ma dipende molto anche dal sentiment degli investitori che si stanno muovendo con prudenza nel mercato finanziario.

Draghi sulla guerra tra valute

Il Nikkei, in termini statistici è comunque ai livelli massimi raggiunti dal luglio 2008, quindi, praticamente, dall’inizio della crisi globale. Oggi sembra essere spinto verso l’alto soprattutto dai dati dell’export di aziende importanti come Bridgestone, Honda e Toyota.

L’unica variabile che potrebbe impensierire i mercati giapponesi è la Corea del Nord e il ritorno dell’incubo nucleare.

La Fed condiziona il mercato Forex

 La Fed come anche la Bce riesce a condizionare in modo importante il mercato valutario. In questi giorni a finire sull’ottovolante è stato il dollaro dopo una serie di minute pubblicate proprio dalla Fed.

Il dollaro, però, non è riuscito ad andare oltre la soglia dei 100 yen, probabilmente per il fatto che si aspetta un altra mossa della Fed, magari l’annuncio di una riduzione del piano di acquisto di titoli, il famoso quantitative easing, già alla fine del 2013.

L’evoluzione del cambio euro/dollaro

Se il dollaro oscilla, ci sono delle ripercussioni anche sull’euro e infatti nella mattina dopo le minute della Fed lo scambio si è assestato intorno ad 1.3072 nella sessione asiatica degli scambi. L’euro, in pratica ha perso lo 0,001% rispetto al dollaro, anche se ha contestualmente guadagnato terreno rispetto alla sterlina e perso nei confronti dello yen lo 0,05% del suo valore.

A cosa prestare attenzione per investire nel Forex

Le minute della Fed, ad ogni modo, lasciano intendere che entro la metà dell’anno ci sarà una riduzione del QE con il passaggio entro la fine dell’anno ad un piano d’acquisti pari a zero.

Questi documenti, secondo molti analisti, sembrano molto aggressivi. Altri, interrogati sull’argomento, ritengono che tutto dipende dal fatto che la situazione economica americana è in una fase non positiva e si cercano strumenti per nasconderlo agli investitori.

A livello monetario saranno eliminati i 500 euro

 Per sconfiggere la crisi, sembra che un’altra strategia a livello monetario sia l’eliminazione delle banconote da 500 euro dalla circolazione. Ma perché una scelta di questo tipo potrebbe essere provvidenziale?

A rispondere dovrebbero essere gli spagnoli che chiamano le banconote da 500 euro, ironicamente Bin Laden perché come quest’ultimo sono conosciute ma nessuno le ha mai viste.

Europa: la nuova serie dell’Euro

A parte le retrospettive divertenti, l’idea di eliminare le banconote da 500 euro nasce da una ricerca della Bank of America Athanasios Vamvakidis che ha pensato di mettere al bando di 500 euro o meglio le banconote del taglio maggiore presenti in tutte le valute dei paesi del G-20. Una mossa che potrebbe determinare l’indebolimento dell’euro e di conseguenza potrebbe offrire la spinta giusta all’economia del paese.

Europa: come saranno le nuove banconote da 5 euro

La BCE non ha dato ad intender di voler seguire questa strada, visto che le banconote di taglio grosso sono considerate ancora degli strumenti per accumulare riserve di valore. Secondo la Banca Centrale, infatti, soltanto un terzo delle 500 euro in circolazione sono usate per le transazioni commerciali.

In più le 500 euro sono delle banconote spesso usate dai criminali, quindi tenerle in vita vorrebbe dire anche monitorare la diffusione della criminalità organizzata in Europa.