Prestazioni della previdenza complementare: rendita e capitale

 Qualunque sia la forma di previdenza complementare scelta dal lavoratore, questi avrà il diritto di accedervi solo dopo aver raggiunto i requisiti minimi per l’accesso alla pensione garantita dagli enti previdenziali pubblici.

Se i requisiti sono stati soddisfatti e se il lavoratore ha alle spalle almeno cinque anni di iscrizione ad una forma pensionistica complementare, può decidere se avere il suo TFR sotto forma di rendita periodica o sotto forma di capitale.

Il lavoratore ha diritto di accesso alla pensione complementare anche nel caso in cui i cinque anni necessari per accedervi non siano stati consecutivi e nel caso in cui si siano sottoscritte, nel tempo, diverse forme di integrazione (a patto che il lavoratore non abbia già chiesto il riscatto delle precedenti contribuzioni).

Il lavoratore iscritto può quindi decidere se ricevere la prestazione pensionistica integrativa solo sotto forma di rendita periodica, o in parte come rendita periodica e in parte come capitale.

In questo secondo caso solo il 50% della contribuzione integrativa potrà essere liquidato come capitale, a meno che, convertendo in rendita periodica almeno il 70% della posizione individuale maturata, questa risulti minore alla metà dell’importo dell’assegno sociale INPS mensile, caso in cui si può richiedere l’intera liquidazione sotto forma di capitale.

Previdenza complementare: fondi pensione preesistenti

 La riforma del 1993, ovvero il Decreto Lgs. 124, ha disciplinato in modo organico e coerente le diverse forme di previdenza integrativa, dando loro una normativa adatta alla loro fruibilità e trasparenza per i lavoratori.

Il fatto che questa tipologia di pensione sia ancora operante è stata una scelta del Legislatore dettata dal fatto che oltre il 50% della previdenza complementare in Italia è costituita da questi fondi.

Con la nuova normativa ne sono state riconosciute due classi principali:

1. Fondi pensione preesistenti autonomi: hanno soggettività giuridica (associazioni riconosciute e non, fondazioni o enti morali);

2. Fondi pensione preesistenti interni: costituiti all’interno di società (banche, imprese di assicurazione) come patrimonio separato, per i lavoratori occupati nelle società.

Si tratta di fondi collettivi, quindi anche l’adesione avviane in forma di contratto collettivo, e, fermo restando che ne esistono tanti quanti sono le categorie professionali, sono aperti anche a coloro che hanno contratti di lavoro a tempo determinato o di prova.

Il lavoratore che vuole aderire deve versare al fondo le quote del TFR che maturano dopo l’adesione, il contributo a proprio carico nella misura prevista dall’accordo contrattuale e il contributo del datore di lavoro.

Per adeguarsi alle nuove disposizioni di legge per i fondi pensionistici preesistenti sono state istituite delle particolari sezioni a contribuzione definita, la possibilità della scelta di un intermediario finanziario e sono stati posti dei limiti agli investimenti.

Previdenza complementare: PIP (Piano Individuale di Previdenza)

 I piani individuali di previdenza sono degli strumenti di previdenza complementare che permettono di avere una rendita vitalizia al raggiungimento della pensione che si aggiunge alle prestazioni del sistema pensionistico pubblico.

Per avere diritto alla rendita, chi sottoscrive un PIP deve soddisfare sia i requisiti di accesso alla pensione minima erogata dal sistema previdenziale di stato e deve avere almeno cinque anni di contribuzione alla forma pensionistica complementare.

Soddisfatti i requisiti e raggiunta l’età pensionabile, si può scegliere tra diversi tipi di rendita:

rendita vitalizia, erogata vita natural durante,
rendita vitalizia reversibile, erogata al beneficiario o ad un soggetto precedentemente indicato,
rendita certa e successivamente vitalizia per un determinato numero di anni (cinque o dieci).

Il Pip è autogestito dal contraente, quindi, diversamente da quanto accade con altre tipologie di polizza sulla vita, il soggetto è libero di aumentare, ridurre, interrompere, riprendere i versamenti o variarne la periodicità.

Il Piano Individuale di Previdenza è una forma di pensione complementare che ben si addice alle caratteristiche tipiche dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti, anche se tutte le tipologie di lavoratori, come i dipendenti  hanno la possibilità, prevista dalla normativa in materia, di sottoscriverne uno.

Previdenza complementare: fondi pensione negoziali

 Diversamente dai fondi pensione aperti, i fondi pensione negoziali sono destinati a raccogliere le adesioni di determinate tipologie di lavoratori.

I fondi pensione negoziale si istituiscono attraverso una contrattazione collettiva su iniziativa di associazioni senza scopo di lucro (nella maggior parte dei casi sono i sindacati o le associazioni di categoria ad occuparsi della loro istituzione).

Esistono due tipologie principali di fondi pensione negoziali, che si distinguono in base alla forma di adesione: si hanno i fondi aziendali o di gruppo (destinati ad una singola azienda o ad un gruppo di aziende); i fondi di categoria o comparto (destinati a specifiche categorie di lavoratori) e i fondi territoriali (raccolgono le adesioni dei lavoratori di una determinata area territoriale).

Anche in questo caso si tratta di una forma di risparmio gestito, in quanto i patrimonio del fondo pensione negoziale (che è diverso e distinto da quello dell’azienda), viene assegnato ad una società di gestione del risparmio, compagnia di assicurazione, banca o SIM (società di intermediazione mobiliare), che si occupa, secondo quanto esposto nella normativa di riferimento, di massimizzarne i rendimenti.

 

Previdenza complementare: fondi pensione aperti

 Esistono diverse forme di previdenza complementare, tra quelle che sono maggiormente apprezzate dai risparmiatori ci sono anche i fondi pensione aperti. Vediamo di cosa si tratta.

I fondi pensione aperti sono degli strumenti di investimento previdenziali, che possono essere istituiti da una società di gestione del risparmio (SGR) o da un altro intermediario che abbia chiesto e ottenuto l’autorizzazione delle istituzioni preposte al controllo. Essendo un fondo aperto raccoglie il patrimonio che i risparmiatori decidono di investire attraverso una partecipazione tramite quote.

Questa tipologia di fondi pensione viene detta aperta anche perché vi può partecipare ogni tipologia di lavoratore, indipendentemente dal lavoro svolto e dalla mansione ricoperta e si può aggiungere alla pensione contributiva elargita dall’Inps o dalla cassa previdenziale di appartenenza.

I fondi pensione raccolgono il TFR (Trattamento di fine rapporto) di chi aderisce, sia che lo faccia in modo individuale che su base contrattuale collettiva. In questo ultimo caso è un organismo di sorveglianza che garantisce una adeguata rappresentanza per i lavoratori che hanno aderito al fondo; per i fondi ad adesione individuale la legislazione di riferimento prevede la presenza di un responsabile del fondo.

Gli strumenti del risparmio gestito: gli Exchange Traded Funds (ETF)

 In sostanza, quando si investe in Exchange Traded Funds si sceglie un un fondo comune di investimento gestito passivamente.

Gli Exchange Traded Funds hanno alcune caratteristiche in comune con i fondi comuni, come il fatto che la partecipazione degli investitori avviene mediante quote rappresentative di un portafogli finanziario, che comunemente è costituito da azioni, obbligazioni e liquidità.

La strategia di investimento degli ETF è quella passiva, quindi il portafogli non varia la sua composizione nel tempo, ma replica la composizione di un indice di mercato e ogni sua variazione interna è dovuta esclusivamente a variazioni dell’indice di riferimento. Grazie alle loro caratteristiche, gli ETF sono una valida alternativa alla scelta di un fondo comune aperto, in quanto ne riducono i i tempi di sottoscrizione/rimborso e hanno meno formalità burocratiche.

L’Exchange Traded Fund più comune, e anche quello più antico, è lo Spider (Spider è la pronuncia inglese di SPDR, acronimo di Standard and Poor’s Depositary Receipt) che replica l’andamento dell’indice S&P 500 ed è scambiato all’American Stock Exchange.

Altri esempi di Exchange Traded Fund sono il Qube, che replica il NASDAQ-100, e il Diamond, dall’acronimo del Dow Jones Industrial Average.

 

Gli strumenti del risparmio gestito: gli Hedge Funds

 Con il termine Hedge Funds si indica un organismo d’investimento collettivo che, non avendo particolari vincoli nella scelta dell’asset location, porta a rendimenti positivi indipendentemente dall’andamento del mercato. L’attività correlata agli Hedge Funds, ossia l’Hedging (copertura) serve a creare una specie di garanzia per le perdite in conto capitale attraverso attività non correlate a quelle dell’investimento originale.

Obiettivi degli Hedge Funds

Gli obiettivi degli Hedge Fundse delle strategie di investimento che li caratterizzano sono principalmente tre: ottimizzazione del rapporto rischio/rendimento dell’investimento, mantenere bassa la correlazione tra gli investimenti e avere rendimenti anche in caso di fluttuazioni negative del mercato.

Rischi degli Hedge Funds

Per le loro caratteristiche, gli Hedge Funds ponono all’investitore alcuni importanti (per quanto gli Hedge Funds siano degli investimenti sicuri, nessun investimento è mai esente dal rischio).

Un primo rischio è quello della liquidità: essendo degli investimenti alternativi hanno dei tempi di preavviso per il disinvestimento piuttosto lunghi.

Un secondo fattore di rischio è legato al gestore dell’investimento, che potrebbe scegliere degli strumenti sbagliati in base alla congiuntura del mercato, in quanto si tratta di strumenti particolarmente sofisticati e di difficile gestione.

Il terzo fattore deriva dalla regolamentazione degli Hedge Funds: dal momento che gli obblighi di comunicazione e rendicontazione sono meno rigidi di quelli degli investimenti tradizionali, ci possono essere dei problemi legati alla trasparenza e all’informazione dell’investitore.

Le strategie degli Hedge Funds

Le strategie di gestione degli Hedge Funds sono molto diverse e cambiano in base al gestor, ma si possono comunque ricndurre a quattro grandi categorie:

Relative value: sfruttano anomalie di prezzo fra attività finanziarie correlate.
Event driven: le decisioni di investimento sono legate a vicende societarie, come fusioni e acquisizioni.
Long-short equity: sfrutta le combinazioni di posizioni “lunghe” e “corte” sui mercati.
Global macro: ricerca opportunità di rendimento a livello globale.

Gli strumenti del risparmio gestito: i fondi immobiliari

 Come i fondi comuni di investimento, i fondi immobiliari danno la possibilità al risparmiatore con un fondi comuni di investimento (o, per un risparmiatore con grande disponibilità, solo una piccola parte del capitale) di investire nel mercato immobiliare. Le azioni principali di cui si occupano i fondi immobiliari sono l’acquisizione di immobili, i diritti reali immobiliari e la partecipazione in società immobiliari.

In rendimenti dei fondi immobiliari sono legati, in via quasi esclusiva, dalla valutazione degli immobili contenuti al suo interno, nel caso di cessione e acquisti, e dall’importo dei canoni mensili in caso di contratti di locazione. Proprio per questa loro strutturazione, i fondi immobiliari sono degli strumenti di investimento adatti a coloro che hanno una bassa propensione al rischio, in quanto il loro valore e il loro rendimento non è particolarmente legato alla fluttuazione del mercato finanziario.

Esistono tre principali tipologie di fondi immobiliari che si differenziano a seconda della sottoscrizione delle quote e del conferimento dei beni: si possono trovare, quindi, fondi immobiliari ordinari, misti o ad apporto.

I fondi immobiliari sono storicamente nati come fondi chiusi. Solo successivamente è stato prevista la possibilità di emettere quote anche dopo la costituzione del fondo e di avere rimborsi anticipati, al fine di facilitare l’ingresso e l’uscita dei sottoscrittori.

Gli strumenti del risparmio gestito: le gestioni patrimoniali

 Caratteristiche principali delle gestioni patrimoniali

Prodotto di derivazione anglosassone, la gestione patrimoniale prevede che l’investitore incarichi un professionista della gestione del risparmio (SGR, SIM e banche autorizzate) di amministrare al meglio delle somme che partono dai 20.000 euro.

Lo scopo principale di questa forma di investimento è di ottimizzare il risultato degli investimenti in coerenza con il livello di rischio scelto dal cliente e con gli obiettivi di rendimento fissati. Differentemente dai fondi comuni di investimento, nelle gestioni patrimoniali il capitale di ogni singolo investitore è gestito i modo individuale e personalizzato, pur mantenendone, però, i vantaggi.

Ogni organismo che si occupa di gestione patrimoniale prevede delle offerte diversificate che hanno anche dei costi diversi, che vengono calcolati sia in base al patrimonio gestito che sulla base del benchmark di riferimento.

Tipologie delle gestioni patrimoniali

Le tipologie principali di gestione patrimoniali sono due:

Gestione Patrimoniale Mobiliare (GPM): in questo tipo di gestione il patrimonio messo a disposizione dal risparmiatore sarà distribuito in investimenti sugli strumenti finanziari classici, come azioni e obbligazioni;

Gestione Patrimoniale in Fondi o SICAV (GPF/GPS): in questo caso il patrimonio viene utilizzato per investire in  in quote di organismi di investimento collettivo del risparmio.

 

 

Gli strumenti del risparmio gestito: i fondi comuni di investimento

 Le caratteristiche dei fondi comuni di investimento

Un fondo comune di investimento si costituisce con la raccolta del capitale di piccoli risparmiatori che mettendo insieme le loro possibilità possono così creare un portafogli di investimento sostanzioso e ben diversificato. Ogni sottoscrittore partecipa mediante delle quote che sono direttamente proporzionali all’importo versato per la costituzione del fondo.

Partecipando alle quote di un fondo comune di investimento si accettano anche i rischi e i vantaggi ad esso legati: in caso di crescita avrà un maggiore rendimento, in caso di perdita il risparmiatore vedrà restringersi il capitale investito.

I vantaggi dei fondi comuni di investimento

Possibilità di accesso ad un portafogli di investimento diversificato

In primo luogo, grazie ai fondi comuni di investimento, è stato possibile l’accesso al mercato anche ai piccoli risparmiatori, che, in questo modo, possono giocare avendo a disposizione gli stessi mezzi di chi dispone di grandi capitali e non rischiare ad investire il poco che si ha in una singola società.

Gestione professionale del risparmio

Dal momento che i fondi comuni di investimento sono gestiti da società esperte ne ìl campo degli investimenti, chi partecipa alle loro quote ha la garanzia che, grazie alle competenze e alle conoscenze di chi gestisce, i rendimenti siano sempre i più alti possibili.