Previdenza complementare: fondi pensione preesistenti

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 La riforma del 1993, ovvero il Decreto Lgs. 124, ha disciplinato in modo organico e coerente le diverse forme di previdenza integrativa, dando loro una normativa adatta alla loro fruibilità e trasparenza per i lavoratori.

Il fatto che questa tipologia di pensione sia ancora operante è stata una scelta del Legislatore dettata dal fatto che oltre il 50% della previdenza complementare in Italia è costituita da questi fondi.

Con la nuova normativa ne sono state riconosciute due classi principali:

1. Fondi pensione preesistenti autonomi: hanno soggettività giuridica (associazioni riconosciute e non, fondazioni o enti morali);

2. Fondi pensione preesistenti interni: costituiti all’interno di società (banche, imprese di assicurazione) come patrimonio separato, per i lavoratori occupati nelle società.

Si tratta di fondi collettivi, quindi anche l’adesione avviane in forma di contratto collettivo, e, fermo restando che ne esistono tanti quanti sono le categorie professionali, sono aperti anche a coloro che hanno contratti di lavoro a tempo determinato o di prova.

Il lavoratore che vuole aderire deve versare al fondo le quote del TFR che maturano dopo l’adesione, il contributo a proprio carico nella misura prevista dall’accordo contrattuale e il contributo del datore di lavoro.

Per adeguarsi alle nuove disposizioni di legge per i fondi pensionistici preesistenti sono state istituite delle particolari sezioni a contribuzione definita, la possibilità della scelta di un intermediario finanziario e sono stati posti dei limiti agli investimenti.

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