Cos’è la riforma Hartz, ovvero il modello a cui si ispira Matteo Renzi per la nuova riforma del lavoro

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 Matteo Renzi è stato in Germania per un incontro bilaterale con la cancelliera tedesca Angela Merkel, un incontro in cui tanto l’uno che l’altro hanno avuto di che complimentarsi: la cancelliera ha speso parole di lode per le riforme che sta mettendo in atto il giovane premier, mentre Renzi non ha avuto timore nel dire apertamente che per la sua riforma del mondo del lavoro e del welfare ha studiato e preso spunto dalla riforma Hartz, ovvero la riforma messa in atto tra il 2003 e il 2005 dal governo Schroeder.

Cerchiamo di capire, quindi, di cosa si tratta e perché questa riforma potrebbe essere utile anche in Italia.

Non c’è dubbio che la Germania, al momento, sia uno dei paesi del Vecchio Continente che ha risentito di meno della crisi economica. Nonostante, infatti, nella zona meridionale dell’Europa tutti i paesi siano in difficili condizioni, la Germania continua a crescere e a non avere tassi di disoccupazione elevati, anzi.

Questo sembrerebbe essere merito della riforma Hartz che, tra punti di forza e debolezze, ha permesso di risanare il sistema economico della Germania in un periodo molto difficile (dopo l’unificazione in Germani c’erano più di 5 milioni di disoccupati) e di mantenerlo sano anche adesso.

La riforma Hartz consta di quattro provvedimenti principali: sussidio di disoccupazione universale, ovvero un sussidio erogato a chiunque perde il lavoro ma garantito solo se si dimostra di essere attivamente alla ricerca di un lavoro, agevolazioni ed incentivi per le aziende che puntano sulla formazione di concerto con i job center e le agenzie interinali, l’introduzione dei MiniJob e dei MidiJob (ovvero contratti precari e poco tassati) e, infine, un alto grado di flessibilità.

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