Crisi, le imprese rinunciano alla qualità

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Sempre più aziende costrette a fare mattanza per fronteggiare la recessione. I manager fanno le loro scelte e le cifre parlano chiaro, per far quadrare i conti.

A breve, il 22 per cento delle possibilità di lavoro sarà destinato a professionisti e tecnici: ingegneri, esperti della salute o della finanza. Si evince che gli occupati ad alta qualificazione erano il 15,6 per cento del totale nel 2005. In futuro salteranno al 30,8 per cento nel 2025: quasi uno su tre, invece di uno su sei. Per chi, quanto a competenze, sta un po’ peggio, ma ancora se la cava, avrà ancora il posto: 43 per cento dell’occupazione nel 2005, 47 per cento previsto per vent’anni dopo.

Per i non qualificati si tratta di una vera e propria decimazione: quattro lavoratori su dieci, nel 2005, non avevano uno straccio di titolo da esibire, ma lavoravano lo stesso. Nel 2025, saranno quasi una rarità: due su dieci. Dunque, il messaggio è chiaro: ragazzi, studiate, preparatevi, il computer sempre sottobraccio, il vostro settore esplorato in profondità, ma capacità di saltare da un ramo all’altro, perché così si innova, si inventa, si spiazza la concorrenza.

Il parere degli esperti:

Peccato che, di tutto questo, nessuno sembra aver informato gli imprenditori italiani, sui quali le parole dell’Ifo, dell’Economist , le previsioni del Cedefop sembrano scivolare come acqua sulla pietra. Se il futuro del paese è nell’innovazione, nel capitale di conoscenze, nella knowledge economy, i datori di lavoro italiano hanno disertato. Peggio, si sono sparati sui piedi e su quelli del paese. Altro che Silicon Valley. I dati, infatti (quelli veri, non le proiezioni) dicono che, da anni, stanno tagliando selvaggiamente i posti di lavoro qualificati, a favore di quelli che richiedono solo medie o basse competenze. Il monitoraggio del mercato del lavoro, condotto ogni anno dall’Isfol, ci rivela, infatti, che, fra il 2007 e il 2012, il sistema economico italiano ha distrutto 379 mila posti di lavoro.

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