Finanziamento pubblico ai partiti, si parla ancora di anticostituzionalità

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 Che questa volta sia quella giusta? Raffaele De Dominicis, Procuratore del Lazio della Corte dei Conti, oggi ha di nuovo portato di fronte alla consulta la questione della costituzionalità o meno dei finanziamenti pubblici ai partiti, partendo dal presupposto che il referendum popolare del 1993 che aveva portato alla loro abolizione non è stato rispettato.

Il Procuratore ha specificato che tutte le leggi che hanno reintrodotto il finanziamento sono da considerarsi non costituzionali, in quanto il corpo elettore chiamato ad esprimersi sull’argomento ha scelto la loro abrogazione. Il riferimento esplicito del Procuratore è stato alle leggi e a “tutte le disposizioni impugnate, a partire dal 1997 e, via via riprodotte nel 1999, nel 2002, nel 2006 e per ultimo nel 2012” che avrebbero reintrodotto quello che a tutti gli effetti si è rivelato essere un privilegio.

Il finanziamento pubblico ai partiti, secondo il Procuratore, è stato chiamato in diversi modi nelle disposizioni seguenti, in modo da non contravvenire semanticamente con quanto espresso dal popolo ma lasciando comunque ai partiti la possibilità di ottenere soldi pubblici.

Raffaele De Dominicis, ha sollevato davanti alla Consulta la questione di legittimità costituzionale di tutte le leggi, a partire dal 1997, che hanno ripristinato il finanziamento pubblico dei partiti. La reintroduzione è stato fatta, ha infatti sottolineato De Dominicis, in difformità con quanto proclamato dai cittadini con il referendum abrogativo dell’aprile 1993.

Inoltre, la legge del 2006 che ha esteso i finanziamenti pubblici a tutti e cinque gli anni del mandato parlamentare è una violazione del carattere giuridico delle erogazioni pubbliche in quanto va a vantaggio dei partiti che ottengono la maggioranza.

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