Il mercato delle App è pronto al boom entro il 2018

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 Il lavoro? In crisi da tempo. Ma il mercato delle App sta creando numerose posizioni e l’offerta sale vertiginosamente, essendo il settore in rapido sviluppo. Milioni di posti di lavoro saranno creati in pochi anni. Il comparto delle applicazioni per smartphone e tablet, infatti, è in grado di generare ben 3 milioni di posti soltanto in Europa. Posti che saranno occupati da qui al 2018.

Da questo macro-segmento ha già tratto enormi vantaggi l’universo dell’advertising. Il trend è stato invertito, in questo caso, al termine di un periodo di profonda crisi.

Il quadro è positivo, per lo meno per come è stato dipinto sotto il profilo economico e occupazionale dalla Commissione Europea. Il boom stimato è del valore di 63 miliardi e di 3 milioni in più di posti di lavoro, sino a giungere ad un totale di quasi 5 milioni di addetti – compreso sviluppo, marketing ed amministrazione – entro il 2018.

Di questi, 1,8 milioni di posti sono solo quelli offerti da qui in poi agli sviluppatori, secondo gli esperti di GIGAOM. Attualmente, l’UE e gli Stati Uniti hanno entrambi la stessa caratura in termini di fatturato (con una quota del 42% ciascuno), ma il futuro potrebbe essere celato nel Vecchio Continente da una eccessiva frammentazione e da una distanza siderale di connettività rispetto al mercato USA.

Oggi, il macro-segmento delle App impiega 1 milione di sviluppatori e 800 mila persone nel settore del marketing e del supporto di natura tecnica.

La spesa in app degli europei (consumatori e pubblicitari) ha complessivamente fatto registrare 6,1 miliardi nel 2013, ma salirà ancora sino a 18,7 miliardi entro il 2018.

I Paesi che ne beneficeranno maggiormente sono la Germania, la Francia ed il Regno Unito, che già oggi possono vantare un mercato delle app fuori dai rispettivi mercati domestici. L’Italia che posizione occupa? Il futuro non è roseo per il nostro Paese che oggi non occupa una posizione alta a livello internazionale, a causa di un mercato troppo polarizzato e dell’eccessiva dipendenza da piattaforme come Google e Facebook.

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