La burocrazia italiana frena gli investimenti stranieri per le rinnovabili

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 Con gli ultimi incentivi predisposti dal Governo per le energie rinnovabili si è assistito ad un iniziale boom di investimenti che sono andati man mano scemando fino all’esaurimento dei fondi messi a disposizione.

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Tanti gli italiani che ne hanno approfittato, ma pochissimi gli stranieri. Il problema? La regolamentazione italiana in materia che, secondo il decimo rapporto annuale Ernst & Young “Renewable energy country attractiveness index”, è troppo burocratica, costosa ed inaffidabile e, quindi, non attrattiva per i capitali esteri.

Dal terzo posto di tra anni fa all’11° del maggio di quest’anno: un tracollo imputabile ai costi aggiuntivi – burocrazia e regole inaffidabili – che rendono vani i finanziamenti e i sussidi. Ad abbassare ancora di più il livello di attrattività dell’Italia nel campo delle rinnovabili ci sono poi il del credit crunch, i requisiti di Basilea 3 e la rivisitazione dello schema degli incentivi.

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La situazione italiana, comunque, è in linea con quella europea: il vecchio continente continua a perdere centralità, con solo Germania e Gran Bretagna che continuano ad essere meta degli investitori, a favore di paesi come Stati Uniti e Cina che si sono imposti come leader del settore, seguiti da economie in crescita come Brasile, Giappone, Canada e India.

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