Ocse paradisi fiscali

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 Urge un’azione globale per eliminare la sistematica elusione fiscale contemplata dalle multinazionali, le quali sfruttando cavilli normativi, seppur tenendosi ai confini della legalità. Le multinazionali riescono sempre a spuntare livelli di tassazione di appena il 5 per cento, laddove piccole e medie imprese devono sobbarcarsi fino al 30 per cento.

Il vantaggio delle multinazionali

A sostenerlo è l’Ocse, tramite uno studio pubblicato in vista del G20 delle finanze, che si terrà questa settimana a mosca, in cui evidenzia la sempre più frequente pratica delle multinazionali di fare ricorso a strategie che permettono loro di pagare anche solo il 5% in tasse societarie mentre le aziende più piccole, tipicamente nazionali, pagano il 30%. “Molte delle regole in vigore mirate a proteggere le multinazionali dal pagare due volte le tasse, troppo spesso permettono loro di non pagarle affatto”, in ogni caso non mettono in evidenza l’integrazione economica globale e conferiscono alle big corporation un considerevole vantaggio competitivo rispetto alle Pmi, danneggiando oltretutto la crescita e l’occupazione, sottolinea l’Ocse.

Come diminuire la tassazione

Ma non finisce qui: le pratiche alle quali le multinazionali fanno ricorso per diminuire la tassazione sono diventate più aggressive nell’ultimo decennio. Basta creare numerose filiali off shore in qualche paradiso fiscale dove finiscono opportunamente gli utili, mentre alle sedi nei paesi con alta tassazione rimangono immancabilmente spese e aggravi.

I dati Ocse

La ricerca messa in nuce dall’Ocse evidenzia che con questo stratagemma alcuni piccoli Stati ricevono una quota di investimenti esteri diretti (Fdi) del tutto sproporzionata in confronto ai paesi maggiori. Nel 2010, volendo fare un esempio, le Barbados, le Bermuda e le Isole Vergini hanno ricevuto più Fdi (5,1% del totale mondiale) della Germania (4,7%) o del Giappone (3,7%) e durante lo stesso anno i tre paradisi caraibici hanno fatto più investimenti (4,54%) nel mondo della Germania (4,28%).

Il paradosso delle Isole Vergini

Secondo lo studio pubblicato dall’Ocse, le Isole Vergini appaiono essere il secondo investitore mondiale (14%) in Cina, dopo Hong Kong (45%) e di gran luga davanti agli Usa (4%), mentre le mauritius sono al top come investitore in India (24%) e Cipro non ha rivali negli investimenti in russia (28%).

Vi sono poi i casi degli Stati europei, fiscalmente vantaggiosi, all’interno dei quali si aprono veicoli societari ad hoc, con pochissimi o senza dipendenti, il cui unico ruolo è quello di fungere da holding.

Ad esempio lo stock degli investimenti in Olanda nel 2011 riportava nel complesso 3.207 miliardi di dollari usa e di questi ben 2.625 miliardi facevano capo a veicoli societari speciali, mentre gli investimenti in uscita dal Lussemburgo sono stati pari a 2.129 Miliardi, di cui 1.987 con i veicoli speciali.

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