Perforazioni in Alaska, Shell ci rinuncia

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Shell dice addio alle perforazioni in Alaska, a seguito di una prima serie di esplorazioni piuttosto deludenti.

La decisione del presidente degli Stati Uniti Barack Obama di consentire a Shell le perforazioni in Alaska aveva peraltro innescato una battaglia con gli ambientalisti. Tuttavia dopo meno di due mesi, la Shell ha definito il risultato dell’esplorazione nel mare di Chukchi nell’Artico come “chiaramente deludente” e ha deciso di abbandonare ulteriori ricerche pur continuando a vedere un “importante potenziale esplorativo”. Il gruppo prevede di dover contabilizzare oneri finanziari a seguito di tale decisione che verranno resi noti con i dati del terzo trimestre. La maggior compagnia petrolifera europea aveva iniziato i lavori di perforazione mettendo nel mirino risorse che riteneva potessero esser 10 volte maggiori di quelle del Mare del Nord. Ma la battaglia di ambientalisti – Greenpeace su tutti – è stata fiera. Il direttore esecutivo nel Regno Unito, John Sauven, canta vittoria: “Le big oil incassano una sconfitta senza attenuanti. Avevano un budget di miliardi di dollari, noi un movimento di milioni di person. Per tre anni li abbiamo affrontati, ora la gente ha vinto”.

La notizia, che arriva mentre l’Eni si appresta ad ‘accendere’ la piattaforma più settentrionale del globo, significa che la compagnia anglo-olandese rinuncia a tornare ad operare in una zona che aveva abbandonato tre anni fa. Shell ha fatto sapere che con questo passo indietro intende cessare ogni altra operazione in Alaska, non solo per i risultati nel mare di Chukchi, ma anche per “gli alti costi associati al progetto e gli imprevedibili regolamenti ambientali”.

Secondo quanto scritto sul bilancio, la posizione in Alaska è iscritta a 3 miliardi di dollari e ci sono già impegni contrattuali per il futuro prossimo da 1,1 miliardi. A giudicare dall’annuncio, queste posizioni dovrebbero esser svalutate. Ma, secondo gli analisti, non è assolutamente fuori luogo abbandonare il pozzo nella situazione di un petrolio a 50 dollari al barile: prezzo troppo basso per assumersi rischi alti e un costo di estrazione elevato.

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