Prostitute obbligate alla partita IVA, faranno ricorso contro Equitalia

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Le prostitute svolgono  il mestiere più antico del mondo e oggi, anche se si discute della riapertura ufficiale delle case chiuse, anche se si fanno diverse ipotesi sui quartieri a luci rosse, manca ancora la loro effettiva regolarizzazione. A Rimini sono state messe in regola ma adesso dovranno pagare gli arretrati al fisco. 

La vicenda di Rimini ha dell’incredibile. In pratica degli ispettori dell’Agenzia delle Entrate, durante alcuni controlli, hanno notato i conti molto ben nutriti di un gruppo di prostitute del posto. Ricordando la sentenza della Cassazione del 2010 che condannava lo sfruttamento della prostituzione e non la prostituzione stessa, il Fisco ha pensato di mettere in regola queste donne.

La prostituzione è fonte di reddito e quindi è tassabile

Come? Attraverso l’apertura della partita IVA e tramite il controllo stringente sui loro capitali. Una specie di applicazione real time del nuovo ISEE che ha confermato il benessere economico delle prostitute. Non sono arrivate con troppo ritardo le cartelle di pagamento di Equitalia che chiede alle donne in questione di pagare tutti gli arretrati dopo la messa in regola, ovvero dopo l’apertura della partita IVA.

E vie a luci rosse, quanto costano le case oggi?

Le prostitute hanno deciso però di fare ricorso perché le cartelle hanno diversi zeri e i loro conti sembrano quasi destinati ad assottigliarsi troppo pagando il fisco. La cosa curiosa è che l’attività della prostituzione è stata inserita tra i servizi alla persona. In base al codice ATECO e al settore di riferimento sono stabiliti dei tetti massimi di guadagno per definire se si fa più o meno parte del regime dei minimi 2015. Nel caso delle prostitute il nodo non è stato sciolto.

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