Ripresa economica, alti e bassi per l’Italia

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La ripresa economica prosegue ed entro fine anno dovrebbe raggiungere e concretizzare le aspettative del governo. Tuttavia a ben vedere, in un panorama che appare in netto miglioramento a seguito di lunghi anni di recessione, ci sono ancora dei sintomi di debolezza.


Sono alcune delle indicazioni che emergono dalla nota congiunturale pubblicata dall’Ufficio parlamentare di bilancio, secondo la quale i dati del primo semestre dell’anno e “le informazioni sul secondo portano a stimare per il 2015 un aumento del Pil, corretto per i giorni di lavoro, dello 0,8%, con incrementi trimestrali dello 0,3% nel terzo e quarto trimestre. In termini grezzi, ovvero al lordo dell’effetto giorni, il rialzo potrebbe avvicinarsi allo 0,9% stimato nella Nota di aggiornamento del Def”, presentata a settembre dal Mef alla Commissione Ue e validata dallo stesso Upb. Un’indicazione importante, dunque, se si considera che tra una settimana la stessa Commissione aggiornerà le sue stime economiche in base alle quali si valuterà anche la legge di Stabilità appena approdata in Parlamento.

Tra i vari spunti di riflessione c’è quello sulla qualità della ripresa occupazione, che i dati Istat dimostrano in atto. “Segnali incoraggianti arrivano dal mercato del lavoro che ha continuato a mostrare una marcata reattività alle condizioni cicliche dell’economia. Dall’avvio dell’anno, la risalita dei livelli occupazionali si è realizzata, in termini di ‘teste’, a ritmi mediamente più sostenuti di quelli dell’economia reale”, riconosce l’Upb: in otto mesi la ripresa dell’occupazione è stata di 0,9 punti. La decontribuzione fino a 8mila euro per i nuovi assunti a tempo indeterminato (prorogata dalla Stabilità per il 2016 ma solo al 40% del valore) ha spostato l’asse dei contratti verso la tipologia ‘stabile’, nella nuova forma delle tutele crescenti. Ma, annota l’Upb, ha anche un altro corollario: il suo impatto “può essere stato amplificato dalla scarsa incidenza, dopo due recessioni nell’arco di sette anni, del fenomeno del labour hoarding (mantenimento in recessione di un numero di occupati, impiegati per meno ore, in eccesso rispetto alle esigenze operative delle imprese).

 

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