Squinzi attacca la burocrazia italiana

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L’Italia si configura come il sesto investitore straniero in Polonia, dove le nostre aziende hanno puntato 9 miliardi di euro.

 

Il risultato? È più facile produrre in Polonia che in Italia. Questo è il pensiero del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, a latere di un Forum con Lewiatan, l’associazione delle imprese polacche. In Italia il problema non è il sindacato, ma la complicazione normativa-burocratica, secondo Squinzi. Il numero uno di Confindustria ha aggiunto: “Poi il sindacato ci mette del suo perché è un sindacato un po’ di altri tempi”.

Squinzi ha ricordato come tra Italia e Polonia “su tanti temi europei” ci siano delle convergenze, ad esempio sulla questione del “made in”. Inoltre, “Italia e  Polonia hanno entrambe una forte base manifatturiera, anche se la Polonia da 25 anni ha cambiato regime e non ha un alto livello di specializzazione nel manifatturiero come l’Italia”. Ma tra i Paesi dell’Est europeo, ha osservato, “ha fatto passi avanti”.

In Polonia è presente il gruppo Fca. A proposito di “sindacati di altri tempi”, nel 2011 furono un quadro di incertezza normativa futura e i dubbi sulla effettiva volontà del governo di procedere sulla strada di una flessibilità nel mondo del lavoro che avrebbe messo all’angolo il potere contrattuale delle parti sociali a indurre la Fiat a uscire nel 2011 da una Confindustria allora guidata da Emma Marcegaglia. Per Squinzi, le porte di Confindustria alla Fiat, diventata nel frattempo Fca, restano aperte. “Con Marchionne parlo da amico, ma non ho mai esercitato pressioni su di lui e su Fca perché rientrasse in Confindustria. Quando e se riterranno che ci sono le condizioni per farlo, le porte sono aperte e li accoglieremmo a braccia aperte. Ma riportare Marchionne in Confindustria non è mai stato un mio obiettivo. Se poi succedesse, tanto meglio”.

Allargando l’orizzonte alle misure per il rilancio dell’economia in ambito Ue, il presidente di Confindustria ha ribadito il suo giudizio negativo sul piano Juncker, anche all’indomani dell’annuncio dei primi investimenti, per 100 milioni di euro, che saranno emessi dal gruppo Bper grazie alla garanzia del Fondo europeo degli investimenti strategici. “Lo giudico sempre insufficiente rispetto all’obiettivo di far ripartire l’Europa – ha spiegato Squinzi -. Poi, ogni passo avanti è il benvenuto. Certo, sarebbero stati meglio 100 miliardi che 100 milioni”.

 

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