Usa fanno causa a Standard & Poor’s

 Barack Obama e i suoi faranno guerra a Standard & Poor’s. Le autorità statunitensi, infatti, hanno deciso di intentare una causa nei confronti del colosso del rating, reo secondo la Casa Bianca di aver fornito una valutazione positiva sui mutui ipotecari di alcune banche che hanno provocato la catastrofica crisi finanziaria che ha condotto l’America sull’orlo del baratro 5 anni or sono.

Parliamo, naturalmente, della crisi che è passata alla storia come la crisi dei ‘subprime‘.

Il Wall Street Journal ha reso nota la notizia: in base a quanto riportato sulle colonne del giornale l’azione legale dovrebbe essere avviata entro la fine della prima settimana di febbraio tanto a livello federale quanto a livello statale.

A presentare le carte in tribunale, infatti, sarà il dipartimento alla Giustizia di concerto i procuratrori di molti Stati Usa. Nello specifico l’agenzia americana, per via delle prove, alle testimonianze e alle decine di e-mail inglobate in anni di indagini è accusata di aver erogato giudizi e valutazioni eccessivamente rosee in relazione a migliaia di mutui subprime.

Mutui che successivamente sono stati ceduti da alcune banche di investimento poco prima che accadesse il grande collasso del mercato americano dei titoli immobiliari.

Un collasso che causò una grave instabilità del sistema finanziario americano e mondiale. Instabilità sfociata in una gravissima crisi economica.

Al fine di indagare sui fatti gli Stati Uniti formarono una commissione  che prese il nome di Financial Crisis Inquiry commission, la quale  nel 2011 formalizzò una conclusione molto precisa: le agenzie di rating hanno evidenti responsabilità per quello che è accaduto dal 2008 in poi. Sembrano essere implicate anche Moody’s e Fitch, le quali non sono però per il momento oggetto di azione legali.

 

Krugman sulla contrazione americana

 Che l’America fosse in un momento di crisi economica lo si era capito benissimo alla vigilia di Natale. La neoeletta amministrazione di Barack Obama, al secondo mandato come presidente degli Stati Uniti aveva ricevuto la patata bollente del fiscal cliff.

La risoluzione dei problemi, arrivata proprio nell’ultimo secondo possibile, ha fatto tirare un sospiro di sollievo all’America e alle economie maggiormente legate al Nuovo Mondo. Peccato che sia stato solo un “posticipare” la trattazione del problema perché comunque c’è stata una brusca frenata dell’economia americana.

► Posticipato il raggiungimento del tetto del debito

Così, l’avvio del 2013 ha visto l’entusiasmo nelle borse e la consapevolezza che nel quarto trimestre dell’anno il PIL, a sorpresa, non ha retto a tanto sconquasso ed è andato in leggera flessione. Sicuramente hanno determinato questa situazione una serie di fattori “una tantum”, quali la riduzione delle risorse o il calo delle spese destinate alla difesa.

Allo stesso tempo si è notato che l’acquisto di beni e servizi da parte del governo è cruciale nello sviluppo del paese e qui l’interpretazione dei dati ha lanciato l’ipotesi Krugman: più che di contrazione dell’economia, bisognerebbe parlare di contrazione del governo.

► Krugman sul fiscal cliff

La riduzione del PIL americano è legata alla minore incidenza del governo nelle spese “importanti” tanto che oltre ad un rallentamento dell’economia, si è arrivati a parlare addirittura di contrazione. Per evitare di nuovo il precipizio sarà necessario intervenire su disoccupazione e fisco.

Un rinnovato ottimismo percorre le borse europee

 Bene Wall Street, migliorano le borse europee, il mercato immobiliare va riprendendosi dal suo stato comatoso e i titoli di Stato si riprendono una parte del mercato.

Sono gli indici borsistici a dare misura di come il sentiment degli investitori stia cambiando e non solo verso quelle economie che hanno dato dimostrazione di avere delle basi su cui poter costruire la ripresa, ma anche verso quei paesi che, fino a poco tempo fa, erano considerati impossibili da salvare.

Parliamo dei Piigs, acronimo che racchiude in un nome che connotati non certo positivi i nomi di PortogalloItalia IrlandaGrecia e Spagna, nei cui mercati si stanno riversando fondi e risparmi in quei comparti che danno alti rendimenti.

Come definire questo cambio di rotta? Bene, in America è stato definito esuberanza razionale, ossia un ottimismo verso i mercati dato da delle evidenze di fatto -gli indici azionari, appunto- che si contrappone a esuberanza irrazionale, ossia alle tanto temute bolle speculative. Mario Draghi l’ha voluto chiamare contagio positivo.

Qualunque sia il termine che si vuole utilizzare, rimane l’evidenza e, come sottolinea anche il Financial Times, questa nuova ondata di capitali che ha investito le borse italiane, spagnole, portoghesi e greche è particolarmente importante perché per la prima volta dall’inizio della crisi non si tratta di denaro immesso ad opera delle banche centrali, ma di denaro reale che proviene da investitori (perlopiù extraeuropei) che credono possibile un alto ritorno del proprio investimento. Si tratta di un nuovo ottimismo che si spande per l’Europa proprio grazie al progetto dell’Europa Unita.

► Dove si corre il rischio c’è più gusto

Il segnale più forte di questo ottimismo arriva dalla salita dei tassi di interesse dei titoli di Stato, in modo particolare di quelli tedeschi e di quelli americani. Al momento della crisi questi bond sono stati considerati da tutti gli investitori un bene rifugio, nel quale investire anche se i rendimenti erano piuttosto bassi. Il fatto che nell’ultimo periodo si sta assistendo ad un rialzo dei loro tassi di interesse, indica che le persone decidono di investire in titoli di stato che rendono di più, come quelli italiani o spagnoli.

Chiaro segno che la paura del default è finita. Quali sono le cause di questo cambiamento. Gli analisit e gli esperti ne hanno indicate tre:

1. la vittoria di Barack Obama alle elezioni e la risoluzione, anche se solo temporanea, del Fiscal Cliff e del tetto del debito;

2. la Cina che ha ripreso a crescere dopo gli allarmi sul rallentamento di quella che è considerata la nuova tigre dell’economia mondiale;

3. la politica monetaria delle banche centrali

5 indicazioni sul debito americano

 Il problema del debito americano sta saturando i discorsi relativi al panorama finanziario a stelle e strisce ma sta interessando tanti investitori che a livello mondiale vogliono trovare la rotta del guadagno.

 Posticipato il raggiungimento del tetto del debito

Le ultime osservazioni molto importanti sono state elaborate da James D. Hamilton, un economista che dal suo blog Econbroweer ha indicato le carenze strutturali del sistema americano.

Sicuramente deve far riflettere gli investitori il peso del debito federale che in trent’anni è cresciuto in modo esponenziale diventando una percentuale importante del PIL americano. Il secondo aspetto da valutare riguarda la relazione che intercorre, in America come nel resto del mondo tra il Prodotto Interno Lordo, le spese sempre in aumento e la pressione fiscale fissa ad un livello molto esiguo.

 Warren Buffet rilancia il suo appoggio alla politica di Obama

Le spese sono aumentate rispetto al PIL – e così arriviamo al terzo punto, perché i trasferimenti sono cresciuti molti e sono in una percentuale molto consistente le spese per la Difesa che hanno raggiunto i livelli degli anni Ottanta.

Rispetto ai trasferimenti c’è da constatare che sono aumentati quelli che riguardano i programmi di Medicare e di Medicaid.

L’ultima considerazione riguarda le tasse, perché fino a questo momento sono state in vigore delle agevolazioni e sembra che l’intenzione del Congresso sia quella di mantenere basse le aliquote fiscali.

Posticipato il raggiungimento del tetto del debito

 E’ stato raggiunto alla Camera l’accordo sul tetto del debito. Il raggiungimento del limite massimo previsto è stato spostato da marzo a maggio, ma questo non vuol dure che tutti i problemi siano risolti. Sono solo stati rimandati.

Quindi, come anche accaduto nel caso del Fiscal Cliff, le due coalizioni politiche statunitensi sono riuscite a giungere ad un accordo. Questa volta il programma per allontanare, almeno di qualche mese, il rischio del default per gli Stati uniti è stato delineato dal partito repubblicano.

L’accordo sul Fiscal Cliff è solo un rinvio dei tagli alla spesa pubblica

In pratica, il Dipartimento del tesoro potrà continuare a prendere soldi fino al 19 maggio del 2013, poi sarà necessario prendere una decisione definitiva. Per ora il provvedimento è al vaglio del Senato degli Stati Uniti che, anche se in mano al partito democratico (la Camera, invece, è a maggioranza repubblicana) fa sapere che approverà il provvedimento senza apportare nessuna modifica.

Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

Certo, spostare il termine da marzo a maggio è un provvedimento solo temporaneo che non risolve il problema, ma almeno lascia un po’ di tempo in più per poter vagliare tutte le possibili soluzioni.

Il discorso di insediamento del presidente Obama

 Solo uniti ci si può riuscire. In sostanza è questo il succo del discorso di insediamento del presidente Barack Obama giunto al suo secondo, e ultimo, mandato alla Casa Bianca.

Obama preoccupato per il rischio default

Obama ha giurato la sua fedeltà al paese posando la mano su quella che è stata la Bibbia di Abramo Lincoln, davanti alle più alte cariche dello Stato Federale e a circa 700 mila persone giunte per sostenerlo. Il tema cardine del suo discorso l’economia, in un momento in cui gli Stati Uniti stanno attraversando una delle loro crisi più impegnative, nella quale, oltre ai problemi economici si aggiungono anche quelli politici.

Soluzione al default Usa

Ma Obama non ha fatto riferimento né al Fiscal Cliff né al tetto del debito -le due maggiori criticità del paese- ma ha parlato alla folla del suo programma che si sviluppa intorno al principio dell’unità del paese e della fratellanza, unico modo attraverso il quale l’America

sia una terra di opportunità, finché studenti e ingegneri trovino lavoro anziché essere espulsi dal Paese, finché i nostri figli, dalle strade di Detroit alle tranquille vie di Newton, non saranno curati, coccolati e sempre lontano dal pericolo.

America: scontro sul tetto del debito

E’ solo l’unione degli stati americani che potrà rendere possibile l’uscita dalla crisi economica. Obama ha rilanciato l’importanza del sistema assistenziale da lui messo in piedi (Medicare, Medicaid Social Security) e quella della classe media, sulla quale dovrà basarsi la crescita del paese.

Legge Obama su armi favorisce i costruttori

 Dopo la terribile strage di Newton, Barack Obama ha iniziato la sua battaglia contro la vendita delle armi negli Stati Uniti al fine di evitare che possano ripetersi altri episodi del genere che non sono rari nella storia contemporanea del paese.

In un commovente discorso il presidente americano ha chiamato il suo popolo alla riflessione e a non ostacolarlo nella sua battaglia, dato che a farlo ci penserà la ricca e potente lobby dei costruttori di armi, che ha già iniziato a sorridere, almeno per ora, del fatto che le restrizioni proposte dal presidente hanno portato i fedeli del proiettile ad accodarsi davanti ai negozi per poter comprare il più possibile prima che la vendita venga limitata, se non addirittura, vietata.

La paura del debito americano influenza le borse mondiali

Obama ha firmato 23 ordini esecutivi, tra i quali figurano controlli sul passato di chiunque voglia acquistare un’arma, il bando alla vendita pubblica delle armi semiautomatiche d’assalto e il limite al numero di cartucce che possono essere inserite nei caricatori e al tipo di proiettili.

Ma, il risultato che è stato ottenuto ha del paradossale. Come anticipato prima, il popolo americano si è messo in coda davanti alle armerie, causando un’impennata alla vendita di armi e la felicità dei costruttori che hanno le loro aziende quotate in borsa: ieri, alla fine della giornata di contrattazioni, i titoli relativi hanno chiuso tutti in rialzo: Smith & Wesson e Sturm Ruger +3% e Cabela, uno dei principali rivenditori, ha fatto segnare un rialzo di quasi il 6%.

La paura del debito americano influenza le borse mondiali

 L’economia americana sta vivendo dei mesi da incubo: dopo il fiscal cliff, il Congresso si trova a decidere se innalzare o meno il tetto del debito e di nuovo, la contrapposizione tra Repubblicani e Democratici, rischia di paralizzare la politica a stelle e strisce.

► Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

I mercati stanno reagendo male a questa situazione d’incertezza. La giornata di contrattazioni di ieri, da questo punto di vista è stata assolutamente emblematica. Le borse, infatti, sulla scia dei ribassi di Wall Street, hanno aperto molto contrastate e soltanto Milano ha trovato un grimaldello per invertire la tendenza generale e posizionarsi in territorio positivo.

► Individuate le cause del deficit americano

Nel caso dell’Italia è stata provvidenziale la promozione ottenuta dall’agenzia di rating Fitch che ha promosso il nostro paese in virtù degli sforzi e del lavoro compiuto sui conti pubblici durante l’ultimo anno. L’Italia, secondo Fitch, si è portata molto vicino alla stabilizzazione del debito, lo stesso che adesso minaccia l’equilibrio USA.

In America è stata determinante la pubblicazione dei dati sui prezzi alla produzione e sull’attività manifatturiera: i primi sono scesi per la terza volta consecutiva, mentre l’attività manifatturiera ha dimostrato di avere ancora molte difficoltà a decollare. L’indice Empire State è così inchiodato in territorio negativo.

Agli investitori dispiace molto anche la decisione di Obama e Bernanke di non alzare il tetto del debito, sono molti infatti quelli che cercano già altri territori d’investimento.

► Bernanke interviene su tetto del debito americano

Individuate le cause del deficit americano

Ci sono ormai un buon numero di elementi per considerare l’andamento dell’economia americana anche se non si può affermare con certezza che gli USA si siano affrancati dal fiscal cliff.

Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

soluzione al default USA un po’ bizzarra: il famoso dollaro di platino.

America: scontro sul tesso al debito

Adesso gli analisti, con maggiore lucidità, pensano ad individuare le cause del debito americano e ne hanno individuate ben quattro. La prima è sicuramente la recessione economica che ha depresso le entrate fiscali dello Stato.

Al secondo posto troviamo gli sgravi fiscali introdotti da Bush molto tempo addietro, circa 10 anni fa, ma pesano sul bilancio – e arriviamo alla terza causa del deficit – anche le spese sostenute per le imprese militari, visto che l’America è ancora impegnata su più fronti, per esempio in Afghanistan e in Iraq. 

L’ultimo elemento tirato in ballo sono le spese sociali, per esempio il medicare e la social security che si preoccupano delle cure per anziani e persone con particolari patologie, oppure delle indennità di disoccupazione, vecchiaia e malattia.

Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

 Obama è impegnato in una nuova ed estenuante lotta contro i repubblicani. Dopo essere riuscito ad aggirare, almeno per ora, l’incubo del Fiscal Cliff, il presidente americano ha, adesso, l’impellenza di convincere i repubblicani ad aumentare il tetto del debito del paese.

Per ora il tetto è fissato a 16,4 trilioni di dollari, ma questa cifra risulta insufficiente per la copertura delle spese che le amministrazione devono affrontare. Quindi, o questo tetto viene alzato, o si dovrà ricorrere a misure drastiche ben più impopolari di quelle prese per evitare il Fiscal Cliff.

► Obama preoccupato per il rischio default

Tra le varie misure che potrebbero essere prese, ci sono tagli generalizzati alla spesa governativa (per circa il 40% del totale), rinvio del pagamento degli assegni del Social Security (le pensioni) e dei contratti per gli appalti della difesa e, in ultimo, cessioni di asset come riserve aurifere o titoli garantiti da mutui.

► Bernanke interviene su tetto del debito americano

Un’altra soluzione meno drastica, e quindi anche meno incisiva, potrebbe essere quella del pagamento rateizzato di quanto sopra, decidendo di volta in volta a chi dovranno andare i soldi che lo Stato riceverà dalle nuove entrate fiscali.

Sono state proposte anche altre soluzioni per superare la resistenza repubblicana all’innalzamento del tetto del debito (i repubblicani potrebbero cedere solo a fronte di ulteriori tagli alla spesa) ma tutte si sono poi rivelate poco efficienti nella risoluzione di quella che è una vera e propria emergenza.

Il tutto si definisce chiaramente nelle parole di Jay Carney, portavoce del presidente Obama:

Ci sono solo due opzioni: il Congresso può pagare i suoi conti o spingere il Paese verso il default.