Quanto costeranno i contributi per le energie rinnovabili?

 A stimare il valore dei contributi a favore delle energie rinnovabili in Italia è Assoelettrica (associazione che aderisce a Confindustria).200 miliardi di euro che saranno impiegati dal 2013 al 2032, con un picco di spesa nel 2016, anni in cui sono stimati circa 12,5 miliardi di euro di incentivi. Il calcolo è stato effettuato in base ai dati forniti dall’Autorità per l’energia e il Gestore dei servizi elettrici (Gse).
► Le bollette italiane di luce e gas sono le più care d’Europa

Ora, la domanda è: chi pagherà per questi incentivi? Per rispondere occorre prima capire chi è che beneficerà delle energie rinnovabili.

► Il bonus IRPEF sulle ristrutturazioni “solari”

Partendo dal presupposto che solo il 22% della domanda di energia proviene dalle utenze domestiche e tutto il restante 78% è la richiesta delle aziende, molto probabilmente le spese saranno ripartite in base a queste percentuali: un quarto sarà addebitato sulle bollette delle famiglie -Assoelettrica stima che nel 2016 saranno circa 200 euro in più ad utenza- mentre gli altri tre quarti saranno pagati dalle piccole  e medie imprese italiane.

► Prezzo del gas scenderà a partire da aprile

Il che, ovviamente, va di nuovo a discapito dei consumatori, in quanto la maggiorazione del costo dell’energia verrà scaricata dalle azienda attraverso l’aumento del costo di prodotti e servizi.

 

Le bollette italiane di luce e gas sono le più care d’Europa

 A rendere particolarmente esose le bollette di luce e gas in Italia non è il costo della materia in sé, bensì quello del servizio. Un costo maggiore di circa il 20% rispetto alle fornitrici dei restanti paesi europei, che si traduce in un costo aggiuntivo per gli italiani di 330 euro.

► Robin tax scaricata sui consumatori

A dirlo è un’indagine realizzata da Facile.it che evidenzia come il costo medio per i due servizi in Italia sia mediamente di 1.820 euro, un costo sul quale pesa in maniera determinante la voce tasse delle bollette, mentre il costo della materia prima sembra essere in linea con quello delle altre nazioni.

Nel caso del gas la spesa per una famiglia media italiana è di 1.300 all’anno (spesa calcolata su un consumo di 1.400 metri cubi), con un costo del gas pari a 0,93 euro. Se il gas costasse come negli altri paesi, ossia mediamente 0,75 euro a metro cubo, potrebbero essere risparmiati ben 260 euro ogni anno.

Stesso discorso per l’elettricità: la stessa famiglia tipica italiana ogni anno spende 520 euro per un consumo di 2.700 KWh, per ognuno dei quali in Italia si paga 0,191 euro, mentre in paesi come Germania, Inghilterra, Francia e Spagna il costo unitario dell’energia è di 0,164 euro per KWh. Se i prezzi fossero allineati a quelli europei si potrebbero risparmiare 73 euro ogni anno.

► In aumento le spese per la casa

Una differenza che deriva dalle tasse che si applicano a queste materie in Italia e che, naturalmente, vengono riversate dai gestori sulle bollette. Il modo per risparmiare, Paolo Rohr, responsabile della Divisione Utilities di Facile.it, è

valutare le offerte del mercato libero per il gas e la luce. Attraverso il confronto delle tariffe gli utenti possono risparmiare sul prezzo della materia prima gas e della quota energia della luce, benché non possano, ovviamente, abbassare i costi addizionali e le tasse riportate in bolletta. Parliamo, ad ogni modo, di un risparmio medio di 150 euro sul gas e di 50 euro sull’energia elettrica.

I prezzi della benzina tornano a crescere

I prezzi della benzina tornano a fare notizia, o forse non hanno mai smesso veramente di essere al centro dell’attenzione. Nel fine settimana i prezzi della benzina torneranno ad aumentare e la Coldiretti denuncia la situazione. I prezzi medi saranno di 1,876 Euro per la benzina, con un aumento dello 0,9%, e di 1,783 Euro per il diesel, con un aumento dello 0,4%. L’impennata dei prezzi inizia con Eni e anche Esso e TotalErg sono in linea con gli aumenti.

Nuova legge per la trasparenza del prezzo dei carburanti

Per la Coldiretti ormai la benzina costa più della spesa, con un litro di benzina che vale il 40% in più di un pacco di pasta e il 50% in più di un litro di latte. In particolare, la Coldiretti nella sua analisi sottolinea come fare il pieno della benzina costa ora di più del costo della spesa per una settimana delle famiglie.

Ulteriori aumenti benzina

Da questo studio dell’associazione si vede come fare il pieno in una automobile con un serbatoio di 60 litri arriva a costare più di 112 Euro, mentre le famiglie italiane spendono in media 111 Euro alla settimana per la spesa, dai dati Istat.

Il rapporto non è quindi equo a livello etico e nemmeno sostenibile a livello economico. In questo senso, la ripresa economica in Italia non è facile.

Consumi giù di 45 miliardi in due anni

 E’ questo quanto emerge dalle ultime stime di Confesercenti, che mettono insieme i dati sui consumi dello scorso anno, che sono scesi di 35 miliardi di euro, e quelli di quest’anno, per il quale è stato stimato un ulteriore calo di 10 miliardi.Quindi, nel biennio 2012-2013, il calo dei consumi degli italiani si attesterà a meno 45 miliardi, che equivalgono ad una diminuzione della spesa per ogni famiglia pari a circa 2000 euro. Il tutto, ovviamente, a danno delle piccole e medie imprese.

► I consumi sempre in diminuzione con un leggero miglioramento

La colpa maggiore di questo crollo dei consumi è da imputare alla pressione fiscale -il prelievo fiscale previsto per l’anno in corso, con l’introduzione delle nuove imposte Imu, Tares e Ires, sarà complessivamente di 34 miliardi di euro- che peserà per 800 euro a famiglia.

Se lo stesso conto si applica alle aziende, già messe in ginocchio dalla crisi dei consumi, si ha una pressione fiscale pari a 14 miliardi, pari a 3000 euro per ogni azienda.

Ciò che il governo ha fatto per risollevare le sorti dell’economia, almeno secondo la Confesercenti, potrebbe invece rivelarsi un’ulteriore spinta verso la recessione. Infatti, questa pressione fiscale, andrà ad incidere sul Pil per lo 0,7%.

► Paniere dei consumi 2013

Secondo Marco Venturi, presidente dell’associazione, l’unica soluzione a questo problema è il taglio alle spese, attraverso il quale potrebbero essere recuperati ben 70 miliardi, con i quali ridurre la pressione fiscale e ridare ossigeno a famiglie e imprese.

Paniere dei consumi 2013

 Novità in arrivo per il paniere dei consumi (un insieme di beni che varia di anno in anno ed indica i consumi effettivi delle famiglie) redatto dall’Istat per questo 2013. Oltre ad un aumento dei prodotti di consumo contenuti, infatti, si assiste anche a delle sostanziali modifiche nella sua composizione.Nello specifico le voci del paniere dei consumi passeranno da 1.383 del 2012 a 1.429 di quest’anno.

► Dati inflazione gennaio

Tra le novità più importanti chi sono l’entrata tra le voci di spesa di gas metano per autotrazione, smartphone e tablet. 

Al contrario i netbook sono spariti, sostituiti dei device precedenti, come è sparita anche la voce relativa alla mediazione civile, molto probabilmente come conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale del 24 ottobre 2012, che ne ha cancellato l’obbligatorietà.

Nel paniere dei consumi del 2013 ci sono anche delle voci particolarmente curiose, come i filetti di merluzzo surgelati e l’amaro che vanno a sostituire, rispettivamente Nasello surgelato e Brandy.

► Rapporto Eurispes su famiglie italiane

La pancetta, invece, cambia package: l’anno scorso la si acquistava al banco, quest’anno sarà “in confezione”. Da notare anche che alcune voci, prima singole, per rappresentare meglio le abitudini di consumo degli italiani sono diventate composite: un esempio è l’aceto che nel paniere 2013 si distingue in ceto di vino e aceto balsamico.

Codacons lancia allarme per crollo consumi alimentari

 Un nuovo allarme arriva dalla Codacons che riflette sui dati Istat circa i consumi alimentari degli italiani. Secondo quanto riportato dall’Istituto di Statistica, infatti, le vendite al dettaglio per il mese di novembre hanno fatto registrare un ulteriore calo (0,4% rispetto ad ottobre) che porta il trend su base annua fino a -3,1% in confronto al 2011.

Dati Confcommercio su redditi e consumi

Il Codacons parla di una situazione drammatica per una larga fetta delle famiglie italiane che, sotto una pressione fiscale sempre più alta e la conseguente perdita del potere di acquisto, stanno disertando i supermercati. E’ questo il problema principale, quello, cioè, del crollo della spesa degli italiani nel settore alimentare che  registra un crollo del 2%. In questa percentuale è compreso anche l’andamento dell’inflazione, ragione per cui la perdita reale potrebbe attestarsi intorno al 4%.

La spending review dei cittadini europei

A mettere maggiormente in allarme il Codacons, inoltre, la perdita che registrata da supermercati e ipermercati i quali anche in condizioni di crisi, grazie alla possibilità di applicare prezzi vantaggiosi, riescono a resistere. Ma così non è stato  e per il 2012 è stato segnalato un calo tendenziale del 2,6%.

Insomma, i consumi degli italiani sono tornati a quelli del dopoguerra, ragione per cui

occorre che le istituzioni pubbliche prendano atto della realtà in cui vivono gli italiani e vi si adeguino.

Nel 2012 diminuzione record dei consumi

 I dati della Confcommercio parlano chiaro, nei primi 11 mesi del 2012 c’è stata una diminuzione dei consumi del 2,9%, che nei servizi arriva al 3,6%. Una diminuzione record quindi che non si era registrata.

Secondo la Confcommercio si dimostra come

il 2012 si avvii a essere ricordato come l’anno più difficile per i consumi del secondo dopoguerra. La riduzione è, infatti, la più elevata registrata dall’inizio delle serie storiche.

► Disoccupazione record dal 1992

La situazione emerge evidentemente dalla crisi che sta vivendo l’Italia e da una sorta di preoccupazione diffusa tra gli italiani. Anche le questioni della disoccupazione e della paura di perdere il lavoro, che spesso è precario, si legano alla contrazione dei consumi.

La Confcommercio ha detto:

Il permanere di dinamiche congiunturali negative, anche nei mesi finali dell’anno, continua a segnalare, unitamente agli altri indicatori congiunturali, come la crisi sia ancora ben presente all’interno del sistema economico. Difficilmente la nostra economia, ed i consumi in particolare, potranno cominciare a mostrare, nel breve periodo, segnali di un significativo miglioramento.

► Partono i saldi in Campania, Basilicata e Sicilia

La ripresa non è quindi prevista nel breve periodo ed è chiaro che la diminuzione dei consumi esprime la situazione di crisi che in Italia è ancora importante.

Il peggior Natale degli ultimi 10 anni

 

 L’ultima stima sui consumi per il Natale del 2012 era stata fatta dalla Coldiretti, che aveva preventivato una spesa totale di 2,5 miliardi di euro che si sarebbero concentrati soprattutto nel settore dell’alimentazione, con una preferenza netta verso i prodotti del Made in Italy. E così è stato.

La Codacons nel suo ultimo monitoraggio sui consumi degli italiani ha rilevato un calo della spesa per abbigliamento, calzature e arredi pari al 20%. Salvo, come previsto, solo il settore alimentare. Secondo la Codacons le famiglie hanno dovuto tirare la cinghia: i regali sono stati di meno e meno costosi, gli alberi e le case sono state addobbate con ciò che si aveva dagli anni precedenti ma al gusto della buona tavola non si è rinunciato. La spesa per i pranzi e le cene di Natale, infatti, è aumentata del 5%.

Male anche le vendite per i settori della ristorazione, della cultura e del turismo, mentre hanno resistito piuttosto bene il settore giocattoli, e quello dell’informatica e dell’hitech.

Archiviata la pratica del Natale – con tutti d’accordo nel descriverlo come il peggiore degli ultimi 10 anni – la Codacons rivolge l’attenzione al prossimo anno e

In assenza di una inversione di tendenza, il 2013 si candida ad essere come ‘l’annus horribilis’ sul fronte dei consumi, con pesanti ripercussioni per il settore del commercio e per milioni di attività.

Il brand cede il passo al private label

 Il 2012 è stato, per l’Italia ma non solo, l’anno della grande crisi. E se non ci sono più soldi disponibili per i soliti acquisti, si prova a non rinunciare alla qualità, cercando delle alternative ai prodotti di marca. Soprattutto in questi ultimi mesi dell’anno si è evidenziato un nuovo trend nella spesa degli italiani, che abbandonano i grandi marchi in favore dei prodotti private label, ossia quei prodotti che vengono immessi nel mercato con il marchio del distributore.

E’ quanto emerge da uno studio dell’Associazione Distribuzione Moderna, che mostra come la quota di mercato dei private label sia cresciuta del 17% in questo ultimo anno, anche se con delle grandi differenze territoriali. Infatti, i prodotti private label – Coop Italia, Esselunga, Pam – al nord della penisola hanno raggiunto il 35,7% delle vendite totali, mentre al sud si è avuta una crescita molto meno accentuata, lontana dagli standard europei (40% in Gran Bretagna, 34% in Francia).

Il brand, quindi, rimane un lusso che in pochi possono continuare a permettersi. Ciò che conta nelle scelte di acquisto, è il prezzo del prodotto, situazione che mette in pericolo soprattutto la sopravvivenza di quei marchi, garanzia del Made in Italy, che sempre più spesso sono offuscati dalle offerte e dagli sconti che solo le grandi catene di distribuzione possono permettersi di fare.