Forex: la coppia EUR/USD vicina al pull back

 Il tasso di cambio tra l’euro e il dollaro è sicuramente influenzato dalla politica che sia in America, sia in Europa è stata molto scossa dalla mancata risoluzione del fiscal cliff al Congresso e dall’annuncio delle dimissioni di Mario Monti dopo l’approvazione della Legge di Stabilità.

Nella giornata di ieri il valore del rapporto tra la moneta del Vecchio Continente e il dollaro americano si è attestato sull’1,30, toccando poi i livelli massimi di giornata con il 1,3014. Si pensava che dopo i livelli minimi raggiunti venerdì, ci fosse un recupero ed in effetti c’è stato.

Adesso però, gli analisti si chiedono se i prezzi del cambio EUR/USD riusciranno a varcare di nuovo la soglia di resistenza e lasciarsi alle spalle il range 1,30-1,3020. In pratica ci si chiede se avverrà quello che in gergo tecnico si chiama breakout.

Riuscire a prevedere questa mossa del mercato in anticipo garantisce investimenti più solidi basati sul fatto che dopo un breakout, in genere, c’è sempre anche un pull back.

Questa seconda espressione indica il momento in cui il mercato si prende una pausa e lavora affinché siano aggiustati prezzi, indici e rapporti in modo da raggiungere i valori precedenti al breakout.

Alcuni analisti hanno provato a fare previsioni di breve periodo, sulla coppia EUR/USD, legate al periodo natalizio.

 

Nuovo record negativo di disoccupazione

 Cresce senza sosta il numero dei disoccupati, sia in Europa che in altri paesi del mondo. Un aumento che prosegue senza interruzioni dal giugno 2011.

Il tasso di disoccupazione nei Paesi dell’Ocse si è attestato all’8% nel mese di ottobre, il che vuol dire un aumento dello 0,1% rispetto a settembre. Nel comunicato rilasciato dall’Ocse si legge, inoltre, che il tasso di disoccupazione nell’Eurozona ha raggiunto il livello record di 11,7%, mentre per l’Unione europea il dato si è attestato al 10,7%.

Il paese che ha registrato il tasso più elevato è la Spagna (26,2%), seguita dalla Grecia (25,4%), dal Portogallo (16,3%) e dall’Irlanda (14,7%). Australia, Austria, Germania, Giappone, Lussemburgo e Messico sono riusciti a mantenere il tasso dei disoccupati sotto al 5,5%. Trasformando le percentuali in numeri, ad ottobre nei Paesi industrializzati i disoccupati erano 48,1 milioni, cioè 400.000 in più rispetto al mese precedente e 13,4 milioni in più rispetto al luglio 2008, mese in cui si viene fatta iniziare la crisi che stiamo tuttora affrontando.

Lieve incremento del numero dei disoccupati anche negli Stati Uniti (0,1%),  che però sembra già essersi abbassato secondo le ultime stime di novembre. I dati dell’Ocse mostrano come in questo periodo le diverse economie stanno reagendo in modo diverso: il Giappone ha lo stesso livello pre-crisi di disoccupati  (4,2%), mentre gli Stati Uniti hanno segnato un miglioramento tendenziale di 2,3 punti.

 

Ue: banche non in grado di definire l’Euribor

 L’Euribor è una faccenda seria che non può essere lasciata in mano alle banche. Questo è il monito dell’Unione Europea che ha intenzione di toglierne il controllo alla Federazione bancaria europea per affidarlo a una autorità che risponderà direttamente alla Ue e che sarà, almeno in via formale, esterna alle logiche bancarie.

La comunicazione fatta dall’Unione prende avvio dalla situazione poco chiara che si è andata delineando in questi ultimi tempi, soprattutto dopo gli scandali bancari avvenuti in Gran Bretagna e in America.

Le banche tremano: sta arrivando un’accusa pesante, quella cioè di aver creato un cartello per manipolare questo tasso, attraverso il quale si determina il tasso di interesse preso come riferimento per il calcolo delle rate sui mutui e il valore di diversi prodotti finanziari.

Tra le banche che potrebbero essere indagate (almeno secondo quanto riporta il Wall Strett Journal) sono: Credit AgricoleSociété GénéraleHSBC e Deutsche Bank.

Tutti grandi istituti che hanno collaborato per manipolare e concordare il tasso, a discapito dei cittadini, ai quali sarebbero state anche pignorate le case che non sono state in grado di pagare proprio perché il tasso era troppo alto.

Per ora nessun istituto italiano è stato nominato, ma potrebbero anche essere coinvolte le quattro banche italiane che fanno parte della European Banking Federation: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Ubi Banca.


FMI sull’economia mondiale del 2013

 La fine dell’anno si avvicina e tutti gli enti si apprestano a tirare le somme del 2012 per capire come andrà a finire la crisi nel prossimo anno. Il 2013 è sicuramente un anno di svolta a livello globale ma in positivo oppure in negativo. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha detto la sua.

Quello che gli investitori vogliono sapere, è ovvio, è se il peggio deve ancora arrivare oppure se nel 2011 e nel 2012 abbiamo visto praticamente tutto. Il FMI ha messo in relazione le stime di crescita del PIL fatte dal Financial Times ed ha notato che da 18 mesi a questa parte tutte  le previsioni, che erano state fatte per il 2012, sono state corrette al ribasso.

La stessa cosa è successa alle prospettive del 2013: nel giro di due anni c’è stata una correzione degli indici in negativo del 2 per cento circa. Non è del tutto sorprendente il fatto che i tagli maggiori riguardino alcune zone del mondo, quelle più periferiche dell’Europa, il Regno Unito e la Cina. Soltanto gli Stati Uniti, oggi in crisi, non hanno mai corretto le stime di crescita e decrescita del PIL.

In tutta questa storia e sul futuro incideranno molto le scelte delle banche centrali che hanno provato ad allontanare i rischi di speculazione. Ad ogni modo dal primo trimestre del 2013 dovrebbe esserci una lenta ripresa.

Dimissioni Monti spaventano mercati

Mario Monti si dimetterà dopo l’ok sulla Legge di Stabilità e, come previsto, i mercati reagiscono male. Lo spread tra il Btp e il Bund tedesco riprende vertiginosamente la sua salita,chiude a quota 351 dopo essersi impennato oltre i 360 punti base, mentre Piazza Affari cede il 2,2% dopo essere arrivata a perdere il 4%.

Così, Monti, ci ha provato a tranquillizzare i mercati, con una serie di dichiarazioni, per certi versi sorprendenti:

«Le elezioni daranno all’Italia un governo responsabile».

Durante una conferenza stampa a Oslo, in cui è stato consegnato all’Ue il Nobel per la Pace, Monti ha detto:

«Non bisogna drammatizzare le reazioni dei mercati. Il governo è pienamente in carica, non ha lasciato».

Successivamente, il Premier ha proseguito dicendo:

«I mercati non devono temere un vuoto di decisione. Il governo è in carica in tutte le funzioni. Sarà in carica anche dopo che il capo dello Stato avrà deciso lo scioglimento delle Camere e resterà in carica finché non passerà le consegne al nuovo governo».

Monti si dice fiducioso del futuro che verrà:

«L’Italia avrà un governo responsabile. Sono molto fiducioso sul fatto che le elezioni italiane, quando si svolgeranno, qualunque governo daranno all’Italia, questo sarà altamente responsabile, orientato all’Unione europea: e ciò sarà in linea con gli enormi sforzi perseguiti dall’Italia».

Infine:

«Gli italiani non sono sciocchi, non credono a facili promesse. Niente mistificazioni in campagna elettorale da parte di nessuno sulle terapie attuate dal governo nell’ultimo anno. I mercati non devono temere, gli italiani non sono sciocchi. I cittadini italiani sono maturi e non tanto disposti a credere a facili promesse».

Monti ha poi speso due parole su una sua eventuale candidatura alle prossime elezioni:

«Non sto considerando questa questione. In particolare in questa fase tutti i miei sforzi sono concentrati nel completamento del tempo rimanente, che sembra limitato ma richiede applicazione intensa ed energia anche da parte mia».

 

Aiuti Ue, è derby Spagna-Italia

Quella che sta vivendo l’Italia è la più grande e profonda recessione dal Dopoguerra ad oggi. L’Europa non può non essere preoccupata per l’increscere della crisi. Lo Spread è schizzato oltre i 350 punti e le problematiche di natura politica (Elezioni si? Elezioni no?) spaventano i mercati.

Gli esperti, così, intervengono per fare un punto (nero) della situazione:

“Disoccupazione alle stelle, famiglie sempre più povere, futuro politico incerto, e spread oltre i 350 punti. Il mercato è in stallo e l’economia fatica a crescere: la ripresa, purtroppo, si farà attendere a lungo.Senza contare che il bagno di sangue dello spread tra Btp e Bund tedeschi e il crollo della Borsa di Milano il 10 dicembre, non ha fatto che acuire le preoccupazioni dei leader dell’Unione europea”.

Il Corriere della Sera analizza così la situazione:

“Per adesso, non si tratta di scosse destabilizzanti: secondo Goldman Sachs, ieri ci sono state soprattutto chiusure di posizioni al rialzo prese da hedge funds e grandi fondi sovrani o istituzionali all’estero. Non si è ancora rivista la speculazione al ribasso contro l’Italia”.

Eppure, c’è chi dice che la strada è ancora lunga. Sicuramente è anche sterrata, ovvero difficile e complicata da percorrere. Le conquiste dell’ultimo anno depongono a nostro favore. C’è però da tenere in considerazione che abbiamo un avversario (per una volta non solo calcistico) con il quale fare i conti: la Spagna:

“Basti pensare che il 1 gennaio 2012 l’Italia pagava uno spread sui bond decennali di ben 200 punti base sopra Madrid, mentre anche dopo la catastrofe del 10 dicembre era 75 punti base al di sotto. Ciò significa che durante la stagione Monti, il costo del debito a 10 anni è sceso quasi del 3% rispetto alla Spagna. Ma questi passi avanti, secondo gli operatori di mercato, sono destinati a non durare, azzerando presto lo scarto fra i due Paesi.

E così Madrid teme la crisi partita da Roma, come ha sottolineato il 10 dicembre il ministro delle Finanze Luis de Guindos. Anche la compagnia francese di assicurazioni Axa, in una nota, ha sostenuto l’ipotesi: «Potrebbe essere l’Italia a fornire l’innesco perché la Spagna chieda l’aiuto dell’Esm (il fondo salvataggi, ndr)».

La strategia che Monti opera da mesi potrebbe quindi scoppiargli in mano. Il Professore, infatti, aspettava che fosse il Paese iberico a sperimentare il pacchetto di aiuti Ue. Così da potere scegliere più consapevolmente per l’Italia se il programma si fosse dimostrato utile”.

Ocse: crescita ancora debole ma si vedono i primi segni di svolta

Le ultime statistiche relative al CLI (Composite Leading Indicator, il superindice dell’Ocse che ha il compito di rilevare segnali anticipati di svolta del ciclo economico e le fluttuazioni dell’attività economica attorno al suo livello potenziale a lungo termine) del mese di ottobre mostrano, su una base di crescita generale anche se debole, dei percorsi divergenti delle principali economie mondiali.Nello specifico si segnala una “crescita debole” per Francia, Germania e area euro, in Italia e in Cina si parla di “inversione del ciclo” che “cominciano a emergere” e una crescita solida negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Il complesso di queste divergenze, comunque, si traduce in una lieve espansione dell’indice che si assesta, per il quarto mese consecutivo, a 100,2 punti (con una variazione marginale dello 0,02% mensile e dello 0,14% tendenziale).

Il superindice italiano è migliorato dello 0,06% arrivando a 99 punti (-1,54% su base annuale) e quello cinese è cresciuto di 0,03% arrivando così a toccare i 99,6 punti (-0,80%). L’indice dell’Eurozona in ottobre ha segnato una contrazione dello 0,05% a 99,3 punti (-0,88% tendenziale). A livello internazionale il Brasile ha accusato un calo dello 0,11% a 99,3 punti (+0,91%), mentre India, Stati Uniti e Gran Bretagna danno evidenti segni di stabilizzazione.

Il Regno Unito pensa di uscire dall’Europa

 Chi investe in opzioni binarie deve provare ad immaginare degli scenari futuri plausibili, definire dei trend possibili e poi operare in tal senso. In questi giorni, soprattutto dopo la pubblicazione dell’articolo dell’Economist, si pensa al Regno Unito.

In questo paese, infatti, ormai è solo questione di tempo: tutti i politici discutono se sia necessario uscire dall’Europa e vogliono fare una consultazione popolare. Secondo la rivista economica, invece, abbandonare il mercato europeo proprio adesso, potrebbe essere disastroso.

La situazione nel Regno Unito. I conservatori spingono per un allontanamento dall’UE ed ora sembra siano sostenuti anche dai laburisti che vedono nell’uscita dall’Europa un modo per risparmiare e ricostruire un nuovo sostrato finanziario. E’ per questo motivo che il Regno Unito ha votato contro il fiscal compact di Bruxelles.

Il riferimento. L’ideale sarebbe raggiungere una posizione analoga a quella della Svizzera che beneficia di numerose concessioni da parte dell’UE, pur restando estranea a tutta la logica europea.

La posizione dell’Economist. Gli analisti economici non guardano di buon occhio l’euroscetticismo diffuso nel Regno Unito (e non solo) per il fatto che la Gran Bretagna, uscendo dalla Comunità Europea avrebbe dei vantaggi apparenti ed immediati, ma non sostenibili sul lungo periodo. Per esempio, risparmierebbe i 10 miliardi di euro di contributi al budget europeo, vedrebbe calare i prezzi e potrebbe liberalizzare il mercato del lavoro e ridonare vitalità alla Citi, ma allo stesso tempo abbandonerebbe un area di libero scambio in cui conclude la metà del suo business e sarebbe abbandonata da molte società che avevano stabilità la residenza proprio nei suoi confini.

Le azioni aumentano il valore dell’investimento

 Secondo alcuni analisti, per il 2013, avere un portafogli ricco di azioni è l’unica soluzione per garantirsi un reddito di una qualche entità. Tommaso Federici, per esempio, che è il Responsabile Gestioni di Banca Ifigest, intervistato dal Sole 24 Ore dice:

Nel 2013 aumenterà la volatilità dei portafogli, ma l’unico modo per avere un reddito interessante sarà puntare sull’azionario.

In base alla soluzione scelta, aggressiva, bilanciata o prudente, deve variare il contributo del pacchetto azionario. L’ideale è raggiungere il 18% per i portafogli prudenti, il 27% per quelli bilanciati e anche l’84% per i portafogli più aggressivi.

La percentuale annunciata comprende sia le azioni, sia i fondi, sia gli Etf. Per quanto riguarda il terreno “fisico” dell’investimento, ancora una volta torna il ritornello per cui l’Eurozona sarà più redditizia e che l’Italia, addirittura, potrebbe essere il paese maggiormente esplosivo, in grado di trainare tutti gli altri.

La situazione finanziaria, infatti, sta cambiando: la stretta creditizia è giunta alla sua fase finale e sono ricominciati gli investimenti. Molte aziende riprenderanno a funzionare e questo farà sì che la spesa aumenti.

E per chi del Vecchio Continente non si fida, non resta che sperare nell’America dove potrebbe essere risolta la questione del fiscal cliff entro l’anno, oppure sarà necessario puntare tutto sul miglioramento delle condizioni in Cina e in Brasile.

La crisi politica italiana fa tremare l’Europa

 Mario Monti ha giustificato le sue dimissioni, che arriveranno dopo l’approvazione della legge di stabilità, con la mancanza di quella maggioranza necessaria a sostenerlo elle profonde riforme del sistema italiano che ha tentato di mettere in atto:

Io non sento più intorno a me una maggioranza che, sia pure con riserve e magari a malincuore, sia capace di sostenere con convinzione la linea politica e di programma su cui avevamo concordato, non potevo fare altrimenti. Non sarebbe stato giusto e nemmeno possibile.

Parole molto chiare che ricalcano anche le impressioni dell’Europa su questo scossone politico. l’Unione Europea, infatti,  teme che le dimissioni di Monti possano segnare lo stop delle riforme fin qui attuate e, quindi, il ritorno alle condizioni di partenza. Come la stampa internazionale, l’Europa plaude all’operato del professore.

E’ Joerg Asmussen, membro tedesc0 del board della Banca centrale europea, a parlare:

Mario Monti in poco tempo ha saputo realizzare moltissimo, con lui l’Italia ha riconquistato la fiducia degli investitori, e il suo governo ha portato avanti il processo di consolidamento del Bilancio. Chiunque dopo le elezioni governerà l’Italia, un paese fondatore dell’Europa, dovrà proseguire sulla via del corso politico e di risanamento di monti con la sua stessa serietà.

La paura non è solo della Germania, le cui sorti sono legate a filo doppio con quelle dell’Italia, ma dell’Europa tutta che vede nel possibile ritorno di Berlusconi la perdita delle speranze di un risanamento dell’economia italiana, con tutti i problemi che potrebbero derivarne.