I dati dei contribuenti italiani nel 2011

 Il Ministero dell’ Economia e delle Finanze ha recentemente pubblicato le tabelle relative alle dichiarazioni dei redditi dell’ anno 2012, le quali, come è noto, hanno fotografato la situazione reddituale degli italiani relativa all’ anno precedente, ovvero al 2011. Anche questa volta, tuttavia, si può dire che le sorprese non sono affatto mancate.

L’aumento dell’aliquota IVA potrebbe abbattersi sul fisco

 Proprio in queste ultime ore l’ Ufficio studi di Confcommercio e la Cgia di Mestre hanno reso note le stime relative ai rincari che il futuro aumento dell’ aliquota IVA imporrà sul bilancio annuale delle famiglie italiane. Con il passaggio dell’  IVA  al 22%, infatti, si aspetta un aggravio di almeno 135 euro per nucleo familiare.

L’aumento dell’aliquota IVA potrebbe abbattersi sul fisco

Ma se da un lato le associazioni dei consumatori mettono in guardia rispetto alle conseguenze negative che potrebbero abbattersi sul mondo dei consumi e su quello delle imprese italiane all’ introduzone di questa misura, dall’ altro la Confesercenti lancia l’ allarme sulla possibilità che anche lo stesso gettito fiscale ne subisca un grave danno.

Per il Codacons i carrelli della spesa sono sempre più vuoti

Secondo le stime diffuse dal presidente Marco Venturi, infatti, le entrate del fisco italiano, piuttosto che aumentare di 3 miliardi come previsto dal Governo Monti,  potrebbero subire una riduzione di 300 milioni.

Le stime ufficiali su cui è stato calcolato l’ incremento delle entrate sono, a detta di Confesercenti, calcolate su una quota pari di beni venduti. Ma molti prodotti hanno già fatto registrare importanti cali nelle vendite, dunque gli ulteriori rincari non favoriranno certo i consumi.

La strada utile sarebbe, invece, quella di ridurre l’ aliquota al 20%, tagliare le spese e gli sprechi pubblici, nonché combattere sistematicamente la corruzione e il sommerso dell’ economia italiana.

Imposta di bollo: è possibile non pagarla?

 Partendo dal presupposto che l’imposta di bollo si paga su tutti gli strumenti di risparmio – conti correnti, conti deposito e conti postali – in misura dell0 0,15% – sono previste comunque delle esenzioni per i conti correnti con giacenza media inferiore ai 5 mila euro.

Ci sono poi altri due modi per evitare di pagare l’imposta di bollo. Da un lato la possibilità di spostare i propri depositi verso banche che si fanno carico di questa imposizione. All’inizio dell’anno erano molti gli istituti che hanno fatto offerte in tal senso al fine di attirare maggiore clientela, ma per le banche non è conveniente, soprattutto in una fase di continuo calo del risparmio, accollarsi questa tassa, per cui, al momento le banche che non applicano l’imposta di bollo su conti corrente e conti deposito sono Banca Sistema, Banca Ifis, Banco Popolare, Ibl Banca e Bccforweb e alcune banche on line.

Questo non toglie, però, che comunque su questi prodotti sia applicata un tassa del 20% sugli interessi maturati.

Altro modo per non pagare l’imposta di bollo è ricorrere ad un prodotto finanziario senza vincoli di liquidità. Nello specifico si può ricorrere ad un conto corrente ad alta remunerazione che prevedono un’imposta di bollo fissa pari a 34,20 euro, a prescindere dall’importo del deposito.

Imposta di Bollo

Principali novità normative

Prodotti finanziari e importo

E possibile non pagarla?

Imposta di bollo: prodotti finanziari e importo

 Con il governo Monti l’imposta di bollo è divenuta una tassa che si applica alla maggior parte degli strumenti finanziari di risparmio, sia bancari che postali.

Vediamo quali sono i prodotti che sono colpiti dall’applicazione dell’imposta e in che misura questa influisce sul risparmio.

Imposta di bollo su conti deposito, polizze e conti titoli

Per questa tipologia di strumenti finanziari l’imposta di bollo si paga in misura dello lo 0,15% della somma depositata. Per chi detiene questi strumenti l’importo minimo annuo previsto è di 34,20 euro e il massimo è di 1.200 euro.

Imposta di bollo su conti correnti bancari, postali e su libretti postali

In questo caso l’imposta di bollo è fissa. Il suo importo è di 34,20 euro per le giacenze medie annue superiori a 5 mila euro.

Imposta di bollo su buoni postali dematerializzati

Per i buoni postali dematerializzati l’imposta di bollo a carico del detentore è pari allo 0,15% sul totale dei buoni con la stessa intestazione che superano i 5 mila euro per un importo minimo annuale di 34,20 euro.

Imposta di bollo su buoni postali cartacei

A partire dal 1° gennaio 2013 l’imposta di bollo per questi strumenti è dello 0,15%, con imposizione minima di 1,81 euro per buono. Non sono previste esenzioni per i depositi inferiori ai 5 mila euro.

Imposta di Bollo

Principali novità normative

Prodotti finanziari e importo

E possibile non pagarla?

Imposta di bollo sui conti deposito: le principali novità normative

 Con la manovra del governo tecnico sono cambiate le regole per quanto riguarda la tassazione dei conti depositi e dei vari strumenti di risparmio degli italiani.

Le novità riguardano in modo particolare l’applicazione dell’imposta di bollo, ossia l’imposta che si applica alla produzione, richiesta e presentazione di documenti bancari e postali.

Se questa imposizione fino alla fine del 2011 era pari ad 1,81 euro per ogni comunicazione che la banca inviava al cliente – molto spesso poi le banche non applicavano la tassa al cliente ma, dato l’irrisorietà del suo costo, era a carico degli istituti di credito – a partire dalla manovra effettuata all’epoca Tremonti c’è stato un primo cambiamento che ha trasformato l’imposta di bollo da tassa fissa a tassa proporzionale, con un andamento inversamente proporzionale all’ammontare del deposito.

Un successivo cambiamento è avvenuto a partire da quest’anno con il governo Monti che ha apportato tutta una serie di modifiche: l’imposta di bollo – a partire dal 1° gennaio 2013 – si applica a tutti i prodotti finanziari, con la sola esclusione di conti correnti aperti presso banche o posta, il cui saldo medio nell’anno è inferiore a 5 mila euro.

Per le somme depositate che superano tale importo l’imposta di bollo minimo applicata è di 34,20 annui, per un importo massimo di 1.200 euro.

Imposta di Bollo

Principali novità normative

Prodotti finanziari e importo

E possibile non pagarla?

 

Equitalia concede la rateizzazione dei debiti fino a 50 mila euro

 Sono in arrivo alcune utili novità sul fronte della normativa fiscale e delle modalità di riscossione dei debiti contratti con Equitalia Spa.

L’ azienda ha infatti recentemente concesso la possibilità di rateizzazione delle cartelle esattoriali con un importo non superiore a 50 mila euro che potranno così venire dilazionate fino ad un massimo di 72 rate.

> Equitalia annuncia novità nelle procedure

Si tratta di un provvedimento attuato per venire incontro alle esigenze dei contribuenti in difficoltà, che a causa della particolare congiuntura economica hanno riscontrato problemi nel pagamento dei debiti. Tra il 2012 ed oggi, dunque, la soglia dei debiti rateizzabili è stata dall’ azienda innalzata per ben due volte, da 5 mila a 20 euro e infine da 20 mila  50 mila.

Meno riscossioni per Equitalia, colpa della crisi

L’ altra novità riguarda poi la procedura stessa, che sarà possibile avviare anche senza la presentazione della documentazione, ma attraverso una semplice richiesta motivata. La rateizzazione dei debiti fino a 50 mila euro potrà quindi durare fino ad un massimo di 6 anni, con un importo minimo per rata pari a 100 euro. Ma è anche possibile optare per un piano di dilazione che preveda rate variabili e crescenti.

Una volta ottenuta la rateizzazione sarà anche possibile fare richiesta per il Durc, il  Documento unico di regolarità contributiva, per continuare a partecipare a concessioni e gare di appalto.

L’allarme di Rete Imprese per le imprese italiane

 Rete Imprese lancia un appello al Governo e alla politica tutta per ciò che sta succedendo alle imprese italiane: nel 2013 potrebbero chiudere 250mila attività commerciali e dell’artigianato con la perdita di 650mila posti di lavoro, fatto che si aggiunge alla perdita di 26,6 miliardi di Pil e 22,8 miliardi di consumi.

Una situazione gravissima generata da una crisi che si è trasformata in una recessione che intrappola le imprese sulle quali, inoltre, pesa un carico fiscale ormai intollerabile, la mancanza di credito e anche la macchinosa burocrazia italiana.

Le imprese italiane, denuncia Rete Imprese, a causa di questa situazione, non possono essere competitive sul mercato internazionale, come dimostra la perdita, negli ultimi sei anni, della competitività.

Una situazione che, però, può ancora essere invertita, ma solo se si riuscirà ad evitare il balzello fiscale previsto per l’estate che prevede l’aumento dell’Iva, la Tares e l’Imu. Il governo deve agire in fretta, commenta Carlo Sangalli, presidente di Rete Imprese Italia, e il fisco è la prima delle quattro priorità per il salvataggio delle imprese italiane che prevedono, dopo la riduzione delle tasse, la concessione di maggiore credito, la semplificazione e gli incentivi al lavoro.

Il gettito delle entrate tributarie nel primo trimestre 2013

 Il Ministero dell’ Economia e delle Finanze (MEF) ha rilasciato oggi, attraverso il consueto bollettino, i dati relativi al gettito delle entrate tributarie italiane per il primo trimestre dell’ anno 2013.

Le entrate dello Stato italiano per i primi tre mesi dell’ anno sono dunque state pari a 87.756 milioni di euro e hanno dimostrato solo una leggera flessione dello 0,3% rispetto ai dati relativi allo stesso periodo dell’ anno precedente.

Il fisco italiano è uno dei più “pesanti” d’Europa

Il Ministero ha così commentato, di conseguenza, che “nonostante il marcato deterioramento del ciclo economico, il gettito del primo trimestre 2013 è rimasto sostanzialmente in linea con quello dell’ analogo periodo dell’ anno precedente”.

> Una service tax al posto dell’IMU?

Andando più nello specifico, le entrate dirette nel corso dei primi tre mesi di quest’ anno hanno subito un incremento del 5,9% rispetto al 2012, come anche il gettito dell’ Irpef, cresciuta del 2,0%, soprattutto in seguito all’ aumento subito dalle ritenute sui redditi.

In calo, invece, nel primo trimestre del 2013, le imposte indirette, per cui il Ministero ha registrato una diminuzione del 7,4% , risultato in particolare da una flessione dell’ IVA (-8,6%), che però risulta aumentare del 2,1% nel settore del commercio al dettaglio.

Un calo del 9,8% ha interessato poi l’ IRES, seguito da quello delle entrate relative ai giochi (-8,7%).

Le entrate tributarie risultanti dalle attività di accertamento e controllo hanno infine prodotto un gettito pari a 1.554 milioni di euro.

Il fisco italiano è uno dei più “pesanti” d’Europa

 La pressione fiscale a cui sono quotidianamente soggetti gli Italiani è una delle più alte e onerose d’Europa. Lo rileva – e rivela – uno studio condotto dalla Cgia di Mestre, l’ organizzazione veneta che ha analizzato i dati relativi alla situazione tributaria vigente nella maggior parte dei paesi europei.

In Italia troppe tasse sul lavoro secondo l’UE

Solo Danimarca (con il 47,4%), Svezia (con il 36,8%) e Finlandia (con il 30,5%), infatti, occupano nella classifica stilata dalla Cgia una posizione più elevata di quella dell’ Italia.  Bisogna considerare, tuttavia, che in questi paesi i livelli della pressione fiscale sono sempre stati storicamente molto elevati, anche perché adeguati all’ alto livello dei servizi pubblici e del welfare offerti ai cittadini.

Zanonato punta alla riduzione delle tasse

In Italia, stando alle stime della Cgia, l’indice della pressione fiscale raggiunge dunque il 30,2%, con un incremento di 1,3 punti percentuali che si è potuto registrare solo negli ultimi due anni, cioè a partire dal 2011. Il nostro Paese si situa, quindi, al quarto posto nella classifica generale.

Per un termine di confronto, il peso medio del fisco in Europa, invece, raggiunge invece i 26,5% punti percentuali, poiché in numerosi paesi europei (ad esempio Regno Unito, francia e Germania)  i livelli della pressione fiscale sono decisamente inferiori rispetto a quelli italiani.

Il fisco italiano è una partita da 7 miliardi

 Il problema delle risorse economiche appare sempre più al centro della dialettica politica per la formazione del nuovo esecutivo. Le forse politiche in campo, infatti, dovranno, da qui a breve, trovare un nuovo accordo su un punto fondamentale: quello del ripartizione delle entrate fiscali secondo modalità che accontentino tutte le prerogative e le promesse elettorali.

> Il Pdl vorrebbe cancellare l’IMU sulla prima casa

Un accordo, dunque, che già adesso sembra di non facile attuazione, dal momento che quella relativa al fisco italiano è una partita che vale ben 7 miliardi e  che le idee delle diverse parti politiche su come dividere il gettito  sono sostanzialmente differenti.

Ma veniamo ai conti. Le componenti in ballo nella partita fiscale sono almeno tre: l’Imu, la famosa tassa sugli immobili, l’Iva e la Tares, l’ultima nata tra i tributi italiani.

Tares prima rata a maggio e la maggiore arriverà a dicembre

Dall’ imposizione dell’IMU solo sulla prima casa lo Stato Italiano ricava almeno 4 miliardi, che devono quindi essere sommati al gettito che a partire da luglio prossimo produrrà l’ aumento dell’aliquota dell’Iva, e che attualmente ammonta a circa 2 miliardi, cui dovrà infine essere sommato quel miliardo che frutterà la Tares, la nuova tassa su rifiuti e altri servizi che scatterà a fine anno per privati e aziende.

Solo nei prossimi giorni e nelle prossime ora si saprà come andrà effettivamente giocata questa partita.