La Francia ci prova con la supertassa per i calciatori

 La Francia che è considerata da più parti il prossimo paese del Vecchio Continente a cadere sotto la spinta della crisi, prova a mettere in campo quelle riforme strutturali e fiscali che tanto hanno richiesto dalle alte sfere d’Europa.

A livello di tassazione, il paese di Hollande, ha pensato bene di partire dal mondo del calcio. Per esempio il Paris Saint Germaine che dovrà affrontare la sfida europea con il Barcellona, è praticamente la squadra più ricca della Francia e presto avrà anche la quantità maggiore di tasse da pagare all’amministrazione pubblica.

La crisi francese e le altre fratture europee

La notizia è stata data al club calcistico più ricco del paese proprio dal ministro per l’economia Jean-Marc Ayrault che ha proposto una tassa del 75 per cento sullo stipendio dei calciatori che guadagnano più di un milione di euro. A pagare questa tassa, quindi, dovranno essere le squadre, i club.

L’UE vuole tassare il calciomercato

Il provvedimento era stato bocciato in prima battuta dalla Corte costituzionale perché prevedeva che le tasse fossero pagate dai calciatori. Poi la tassa, fortemente voluta da Hollande, è stata modificata ed ora rappresenta l’imposta dei club. Gli atleti sono salvi ma si deve attendere comunque il parere della Corte di giustizia amministrativa che potrebbe chiedere altri aggiustamenti. Nel 2014, quindi ci potrebbe essere una terza versione dell’imposta che secondo le previsioni dovrebbe scendere al 66 per cento per i redditi superiori a 1 milione di euro ed essere accompagnata da una tassa del 49 per cento per i redditi superiori a 500 mila euro.

 

La tassa sul diesel impensierisce la Francia

 Sui carburanti si riaccende la lotta in Francia e un altro pensiero per il presidente Hollande si unisce a quelli accumulati in questi pochi mesi di previdenza. Stavolta a parlare è la Corte dei Conti che non è riuscita a dare una spiegazione plausibile alla differenza di prezzo che c’è tra il gasolio che è notoriamente più dannoso per l’ambiente ma meno caro e la benzina che inquina meno ma costa di più.

► Sconto sui carburanti dall’estatto conto della carta

Il pronunciamento della Corte dei Conti, adesso, passa nelle mani del ministro dell’ecologia e del ministro dell’industria francesi. Il primo spinge affinché ci sia un’equiparazione dei carburanti ma l’altro replica valutando l’impatto negativo che un’operazione del genere potrebbe avere sui costruttori francesi.

L’allarme della Francia e la distanza dalla Germania

I ministri quindi sono divisi e anche le soluzioni che propongono non sembrano essere soddisfacenti, visto che, ad esempio, propongono di tassare maggiormente le auto a diesel. Gli elementi da valutare, in questa faccenda sempre più ingarbugliata, sono almeno di tre tipi: ecologici, sanitari e industriali.

La Corte dei Conti che in qualche modo ha lanciato la patata bollente all’amministrazione Hollande, spiega che la radice dei guai è nella fiscalità agevolata concessa alle operazioni in gasolio, carburante su cui mediamente sono caricati 42 centesimi di tasse per litro, molto meno dei 60 centesimi che pesano sulla benzina.

La crisi della Francia è più preoccupante

In Francia c’è il rischio che la crisi economica possa essere simile o anche peggiore di quella che ha colpito l’Italia e la Spagna. E nel Paese si corre ai ripari per evitare i rischi. Si sta proponendo di bloccare le spese per la difesa, per l’istruzione superiore e per la ricerca, al fine di raggiungere gli obiettivi di disavanzo proposti dall’Unione europea. La politica fiscale diventa quindi sempre più importante e in Francia si respira aria di crisi economica.

L’allarme della Francia e la distanza della Germania

 

L’Unione Europea ha tagliato le sue previsioni di crescita per la Francia nel 2013 allo 0,1%. Si aprono quindi gli effetti della recessione. Una recessione grave con Markit che prevede una diminuzione della manifattura francese e dei servizi al 42,3 a Febbraio. Un calo serio visto che sotto i 50 si è in contrazione economica.

C’è il rischio di un calo della fiducia, come dice Markit, che potrebbe portare a meno investimenti da parte delle imprese. I motivi di preoccupazione ci sono visto anche che l’M1 a sei mesi, che è un indicatore fondamentale della massa monetaria della Francia, ha avuto negli ultimi mesi una contrazione che è stata più veloce di quella Italia o in Spagna.

Previsioni negative quindi per l’economia della Francia. Il deficit di bilancio dovrebbe essere del 3,6% del Pil.

La Francia ha sforato il bilancio e alla base c’è una certa difficoltà nei rapporti con la Germania. Se la Francia non sta agli accordi europei sulla disciplina economica c’è il rischio che il programma fallisca. Per i ministri dell’economia della Finlandia e della Slovacchia la Francia non deve godere di un trattamento speciale, mentre il Presidente Holland ha detto che vuole arrivare all’obiettivo del 3% il più presto possibile e che vuole evitare di l’austerità. La Francia ha scritto alla Commissione europea che si impegnerà in nuovi tagli per di 2 miliardi di Euro.

L’allarme della Francia e la distanza dalla Germania

 I paesi periferici dell’Unione Europea sono stati aiutati dal meccanismo anti-spread organizzato dall’Europa e l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia e l’Irlanda, sono venuti fuori dalla crisi, chi più, chi meno. Adesso però, la crisi fa sentire la sua ultima (si spera) sferzata, sui conti dei paesi considerati più solidi.

L’Italia ottiene più sostegno degli altri

L’ultimo allarme in ordine cronologico arriva dalla Francia che, rispetto alla Germania che continua a crescere, ha inaugurato un trend opposto. Ci si aspettava una crescita motorizzata da queste due nazioni, ma resiste soltanto la filiera tedesca.

Confermata la crisi del settore auto UE

La secondo economia d’Europa accusa qualche colpo. A livello economico sembra che l’austerità fiscale della Germania abbia messo i bastoni tra le ruote al recupero della Francia. A livello politico, poi, dopo l’uscita di scena di Sarkozy, che aveva trovato l’intesa giusta con la Merkel, sembra che adesso ci sia un rapporto Merkel-Hollande, fatto di troppi alti e e bassi.

Sale lo spread per l’incertezza politica

La Francia, a questo punto, è costretta a rivedere al ribasso le stime di crescita. Se anche si pensava ad un miglioramento irrisorio, appena lo 0,8 per cento, bisognerà rivedere anche questo passaggio. La notizia non piace agli analisti che avevano affidato le redini economico-finanziarie dell’Europa, al duo Francia-Germania.

La stagnazione francese apre le porte ad una crisi che valica i confini della politica.

Renault guadagnerà di più producendo in Francia

 Il settore automobilistico è sicuramente uno dei più in difficoltà nel nostro paese e in Europa anche se ci sono delle aziende che sopravvivono senza vivacchiare alla crisi delle vendite che si traduce in un rallentamento della produzione. In altri casi, le aziende chiedono allo stato di avere degli sconti per aumentare la competitività e resistere alla crisi.

 Crollo mercato auto dell’Ue: si scende ai livelli del 1993

Hollande, partecipando da presidente alla sua prima riunione europea, ha chiesto all’UE di adottare una politica monetaria comune per ridonare vigore alle aziende nostrane, visto che, almeno in Francia, la situazione economica non è delle migliori.

 La proposta anti-crisi di Hollande

Intanto le singole aziende francesi vanno autonomamente alla ricerca di una soluzione e sembra che sia arrivata ad un punto l’indagine della Renault.

Per aumentare i livelli di produzione automobilistica, il noto marchio francese pensa ad incentivare i CEO disponendo dei bonus annuali maggiori a condizione che sia elevata la produzione in Francia. Se non si raggiungono gli obiettivi, allora, non ci saranno i dividendi. Parliamo sempre di cifre molto interessanti: circa 480 mila euro all’anno fino al 2016.

A che prezzo i CEO dovranno operare in Francia? Al prezzo dei negoziati da intrattenere con i sindacati che stanno imbrigliando la questione della flessibilità lavorativa, costringendo per certi versi le fabbriche a non chiudere i siti anche se non più produttivi.

La soluzione Renault, comunque, potrebbe piacere agli investitori che si troverebbero davanti un management più motivato, con risultati garantiti a livello produttivo e un miglior andamento del titolo.

Olli Rehn ritratta sulla dilazione dei tempi per il pareggio di bilancio

 Il patto di stabilità non cambia. Questa la dichiarazione di Olli Rehn a proposito di quanto detto ieri sulla possibilità di una dilazione dei pareggi di bilancio per i paesi in difficoltà. Quello che sembrava un ammorbidimento delle posizioni del Commissario Ue agli affari economici è durato il tempo di una notte. Solo un malinteso: i vincoli di bilancio per i Paesi in crisi rimangono quelli decisi dal patto di stabilità.

► Olli Rehn parla di Italia e Europa

Il problema, secondo il portavoce del commissario Simon O’Connor, è stata nell’interpretazione che hanno dato i ministri delle finanze a cui era indirizzata la lettera di ieri di Rehn. Nessun cambiamento di rotta, solo la reiterazione di posizioni consuete.

Quindi Rehn non ha detto che in una situazione di peggioramento delle condizioni economiche di un paese, questo ha la possibilità di ottenere un rinvio dei tempi per conseguire i suoi obiettivi di risanamento dei conti, ma che la dilazione dei tempi di risanamento è possibile solo se la crescita si deteriora in maniera imprevista e a patto che abbia effettuato gli sforzi di risanamento richiesti.

► Un tetto per il fondo salva stati

Gli occhi di tutti si sono rivolti verso Parigi. E’ la Francia, infatti, che potrebbe, a breve, rivedere in peggio anche gli obiettivi di crescita previsti per l’anno in corso e non raggiungere, quindi, i limiti fissati dall’Unione Europea. L’obiettivo della Francia per il 2013 è di ridurre il deficit al 3%, impossibile da attuare vista la situazione dell’economia del paese, ma il premier Jean-Marc Ayrault ha assicurato che il pareggio sarà raggiunto solo alla fine del quinquennio di presidenza di Hollande.

 

La ripresa c’è ma solo in Germania

 Gli analisti internazionali sono concentrati sulla situazione europea perché dall’equilibrio del Vecchio Continente, in un’epoca in cui tutti i mercati sono intimamente legati, dipende anche la stabilità degli Stati Uniti e del settore asiatico.

La crisi nella zona Euro non è finita, ce lo sentiamo ripetere da più fronti, ma nessuno smette di cercare gli indizi che dimostrino qualche barlume di ripresa. Così, nel blog Free Exchange del The Economist, apprendiamo che nel Vecchio Continente la ripresa è iniziata, ma è visibile soltanto in Germania, mentre dobbiamo restare in allerta per quel che sta succedendo in Francia.

Il rallentamento della Germania è finito

In pratica in tutta l’Europa continua la contrazione del PIL ma ad un ritmo inferiore al previsto e l’attività in Germania, al contrario, ha trovato modo di espandersi nel primo mese dell’anno. L’altro pezzo forte dell’UE è la Francia, dove il presidente neoeletto ha trovato coraggio di dire la sua all’Europa. La proposta anti-crisi di Hollande, però, ha fatto un po’ irritare la Germania che ha cercato di mettere sotto il tappeto il problema dei suoi vicini.

In pratica i tassi sui titoli francesi salgono quando i mercati vanno verso la soglia risk-on e siccome questo accade per la Francia, ma non per la Germania, il primo dei due paese è automaticamente relegato nella posizione di “paese periferico”.

FMI rivede stime di crescita del Pil globale

 Secondo le nuove stime redatte dal Fondo Monetario Internazionale, l’economia mondiale sta avendo i primi segni di ripresa, anche se il percorso da affrontare è ancora lungo.

Questo è quanto detto da Olivier Blanchard, capo economista del FMI, alla presentazione delle nuove stime, che sono tutte al ribasso ma con speranze di miglioramento a partire dal 2014. Il 2013 sarà l’anno della svolta: l’economia tornerà a girare, ma ad un ritmo più graduale rispetto a quanto stimato in ottobre nell’l’Outlook autunnale. Quello che fa comunque sperare è che tutti i grandi economisti riuniti al World Economic Forum di Davos sono concordi nelle prospettive si miglioramento per i prossimi anni.

Anche Christine Lagarde ha lasciato intendere che il 2013 sarà l’anno cruciale per il definitivo superamento della crisi

Abbiamo evitato il collasso ma dobbiamo evitare ricadute. Il 2013 sarà l’anno dell’o la va o la spacca.

Si tratta di espressioni ottimistiche, anche se è stato lo stesso FMI a tagliare le prospettive di crescita di molti paesi, in primis l’Italia, per la quale nel 2013 è prevista una flessione del Pil dell’1%, quindi scesa di ulteriori 3 punti percentuali rispetto a quanto detto in ottobre. Solo nel 2014 la situazione inizierà a migliorare, con una crescita prevista dello 0,5%.

Fmi mette sotto controllo l’economia italiana

Dal FMI è arrivato anche il plauso per l’operato del governo tecnico guidato da Mario Monti che, per quanto le sue scelte abbiamo richiesto dei grandi sacrifici all’Italia, sono state fondamentali per mettere in atto quelle riforma strutturali per far guadagnare fiducia al paese agli occhi degli investitori stranieri.

Mario Monti spiega i motivi della sua candidatura

Ma non è solo il nostro paese ad essere stato coinvolto in questa revisione al ribasso: la Germania ha delle previsioni di crescita dello 0,6% (-0,3% rispetto a ottobre) per il 2013 e dell’1,4% per il 2014, per la Francia si prospetta un +0,3% quest’anno (-0,1%) e un +0,9% il prossimo (-0,2%). La Spagna è attesa in calo dell’1,5% nel 2013 (-0,1%) con un’inversione di tendenza per il 2014 quando il pil crescerà dello 0,8% (ad ottobre la stima di crescita era dell’1%).

Dati Pil Spagna

Nel complesso l’economia della zona Euro si contrarrà dello 0,2% quest’anno (-0,3% rispetto al rapporto precedente), per poi avviare un trend positivo per il 2014 (+1%). La lentezza della ripresa del vecchio continente ha le sue ripercussioni anche sul resto del mondo: il FMI ha stimato che il Pil globale per il 2013 crescerà dal 3,5% (0,1 punti in meno rispetto a quanto previsto in ottobre) ma che comunque dimostra come ci sarà un miglioramento rispetto al 2012, quando i dati parlano di una crescita che si è fermata al +3,2%.

Ripercussioni che lambiranno anche il 2014, anno per cui le stime di crescita del Pil sono state riviste dal 4,1% al 4%.

Indagato per Frode Ministro Francese Fisco

Paradossale. Eppure è vero. Jérôme Cahuzac è nella bufera. Cahuzac, ministro francese che detiene la responsabilità del Budget e del Fisco è incredibilmente indagato per  frode fiscale. Proprio lui, che è l’uomo che ha proposto, senza alcun successo, la famosa tassa del 75% contro i ricchi. Ora, quasi come se fosse uno scherzo del destino (o una manovra?) Cahuzac è accusato di avere tenuto per vent’anni un conto segreto in Svizzera, e di avere nel 2010 trasferito i fondi in una più lontana banca di Singapore.

Jérôme Cahuzac  ha sessant’anni. Ha un fisico aitante essendo appassionato di boxe, ciclismo e sci ed era cardiologo convertito alla politica e al più conveniente mercato dei trapianti per capelli. Cahuzac ha accolto il comunicato della Procura di Parigi dimostrandosi forte è sicuro di sé. Questa la sua dichiarazione: “Finalmente potrò provare la mia completa innocenza”.

In Francia lo sperano. Lo sperano soprattutto François Hollande e il Presidente del Consiglio Jean-Marc Ayrault, costretti da trenta giorni ad affrontare le lamentele contro le tasse con un responsabile sospettato di frode che qualsiasi accertamento fiscale potrebbe facilmente verificare. Il problema è che, sembra uno scherzo, solo Cahuzac può mettere nei guai Cahuzac.

Ora, però, sono i magistrati a aprire un fascicolo, con buona pace dei giornalisti di Mediapart esultano, i quali il 4 dicembre scorso hanno svelato il dossier, diffondendo nel giorno seguente una registrazione audio. In questo file si sente un uomo (similissimo al ministro dal punto di vista vocale, come conferma l’accusa), dire al telefono frasi tipo la seguente:

«Mi scoccia troppo avere un conto aperto là (Ginevra, ndr), l’Ubs non è certo la più imboscata delle banche».

Staremo a vedere.

Hollande pronto a riformare il mercato del lavoro

 La Francia potrebbe guadagnare terreno nel settore dei titoli di stato se Hollande riuscisse a portare a termine il grande progetto di riforma del mercato del lavoro. In che direzione si stanno muovendo i nostri vicini di casa? Analizzare quel che accade in Francia è utile sia agli opzionaristi sia a chi s’interessa di politica nel nostro paese.

Il 2013 è davvero scintillante, almeno in questo avvio d’anno visto che il presidente Hollande ha subito lanciato una sfida pazzesca ai suoi concittadini, dicendo che vuole portare a termine la riforma del mercato del lavoro che è stata inserita come priorità nell’agenda delle associazioni imprenditoriali ma anche dei sindacati.

La riforma nasce dal bisogno di trovare una soluzione alla rigidità che accompagna la firma dei contratti dei dipendenti da un lato e all’aumento delle occupazioni precarie dall’altro.

I datori di lavoro francesi vorrebbero quindi che fossero rivisti i contratti privilegiando l’adozione di una maggiore flessibilità in termini salariali che si dovrà accompagnare con una migliore gestione degli orari di lavoro e della mobilità dei dipendenti. In pratica vogliono garantire il mantenimento del posto di lavoro per tutti ma magari riducendo orari e stipendi o delocalizzando le risorse.

I sindacati non sono sulla stessa lunghezza d’onda e invece chiedono che le aziende che privilegiano contratti precari siano costrette a pagare più contributi così da scoraggiare questi contratti, garantendo al tempo stesso a tutti i lavoratori l’estensione dell’assistenza sanitaria.