Petrolio: da dove arrivano i pericoli

 Il prezzo del petrolio, in genere, subisce delle oscillazioni sulla base della disponibilità dei paesi che sono i maggiori produttori di oro nero, a venderlo ai loro partner commerciali e prezzi accessibili. Insomma, la disponibilità di petrolio garantisce prezzi contenuti dei barili.

L’indisponibilità del materiale spesso si lega all’instabilità politica di un territorio particolare e si va sempre alla ricerca di nuovi paesi, democraticamente solidi, che possano garantire approvvigionamento energetico a tutti. Nel settore petrolifero le novità riguardano soprattutto gli Stati Uniti e si tratta di notizie positive.

Gli USA, infatti, potrebbero diventare, secondo l’AIE, i prossimi maggiori produttori di gas, soprattutto se le tensioni in Medio Oriente non accennano a diminuire. Su Fool, invece si parla in particolar modo del petrolio e si fa riferimento a tre elementi di tensione. 

Il primo è la tensione in Medio Oriente che mette sempre in forse l’erogazione di un certo quantitativo di petrolio. Poi c’è da aggiungere alle cause di tensione anche la  nuova era di nazionalizzazione energetica portata avanti dal governo di Chavez.

Infine s’inizia a fare i conti anche con la Russia che oggi è il maggiore produttore mondiale di petrolio con 10 milioni di barili. Purtroppo l’estrazione del petrolio avviene in regioni come la Siberia in cui le condizioni dei lavoratori sono durissime e in cui la pressione esterna non si allenta mai.

ConocoPhillips: una mossa strategica?

 ConocoPhillips ha deciso di compiere un’operazione che ai più appare strana ma in realtà potrebbe essere soltanto strategica. L’azienda citata è una major statunitense attiva nel settore petrolifero. Diverso tempo fa aveva sancito un accordo commerciale per l’avvio della produzione di petrolio a Kashagan.

L’operazione e l’avvio del business sarebbe dovuto esserci tra otto anni ma con un grande anticipo sui tempi tutto sarebbe partito a marzo dell’anno prossimo. La ConocoPhillips però, ha detto addio al progetto su cui lavorava dal 1998 insieme ad altre compagnie petrolifere tra cui figurano anche Eni, ExxonMobil e Royal Dutch Shell.

Nonostante l’anticipo sui tempi, dunque, l’abbandono del progetto. L’azienda, però, ha già pronta “un’alternativa”. In questo periodo, infatti, ha siglato un accordo con la società statale indiana Oil and Natural Gas Corp, la ONGC alla quale ha deciso di cedere per ben 5 miliardi di dollari, una quota dell’8,4% della North Caspian Operating Company.

Quest’ultima sta lavorando allo sviluppo di un giacimento petrolifero in Kazakhstan. L’operazione porterà nuova liquidità nelle tasche della ConocoPhillips, ma allo stesso tempo soddisferà la sete di espansione della ONGC che, considerato l’incremento del consumo di petrolio in India e considerato che il paese importa l’80 per cento del petrolio che usa, potrebbe ricavarne un buon indotto.

 

Stati Uniti verso l’autonomia petrolifera

 Entro il 2017 gli Stati Uniti si emanciperanno del tutto dal petrolio straniero e anzi, diventeranno i più grandi produttori di petrolio al mondo. E’ questa la notizia più interessante che arriva dall’ultimo rapporto annuale sulle fonti e i consumi energetici nel mondo, stilato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, l’AIE.

Attualmente i maggiori produttori di petrolio sono la Russia e l’Arabia Saudita ma gli USA possono superarli con facilità e c’è da fidarsi delle previsioni dell’AIE che inizia a prefigurare un cambio nella gestione dei flussi energetici ed economici a livello mondiale.

L’AIE è un’organizzazione internazionale intergovernativa fondata dall’OCSE dopo il Settanta, anni che sono passati alla storia per la crisi energetica mondiale. Mai però, aveva dato indicazioni sulla produzione così precise.

Come si riorganizzerebbero quindi i flussi petroliferi nel 2017? In primo luogo gli Stati Uniti raggiungerebbero l’autonomia energetica, emancipandosi dalle fonti esterne, mentre oggi importano il 20 per cento del petrolio per il consumo interno. A quel punto lascerebbero nel dimenticatoio tutti i progetti di trasporto del petrolio, costruzione di oleodotti e quant’altro.

Su questa fetta di mercato potrebbero quindi entrare i paesi orientali, la Cina in primo luogo che, per il ritmo di crescita che ha, probabilmente, necessiterà di sempre maggiore energia.

L’AIE dice che gli USA raggiungeranno l’autonomia energetica grazie all’aumento dei sistemi d’estrazione ma anche grazie alla nuova politica energetica di riduzione dei consumi. Ecco allora che le previsioni dell’AIE non convincono gli analisti.

Calano i consumi di petrolio

 Il petrolio ha da sempre subito con delle oscillazioni imprevedibili, l’incertezza del panorama di crisi. Tendenzialmente, in questo momento, i mercati evidenziano un rallentamento nella domanda di petrolio che rischia di essere al di sotto delle aspettative di medio periodo.

Questa situazione si lega alla scarsa fiducia nella crescita economica globale che seppure dovesse iniziare nel 2013, sarà comunque graduale.

Tutte queste indicazioni fanno parte del rapporto annuale World Oil Outlook, preparato dall’Opec. Il documento indica che la domanda complessiva di petrolio sarà in aumento, passando dagli attuali 88,7 milioni di barili, fino ai 91,8 milioni di barili al giorno nel 2015.

All’inizio si pensava che nello stesso arco di tempo ci sarebbe una produzione di petrolio con un milione di barili in più all’anno, ma l’Opec ha ridotto le quotazioni. In generale, il prezzo del petrolio si è assestato sui 100 dollari al barile nel medio termine.

Soltanto per avere un’idea dei rincari e per suggerire qualche investimento, ricordiamo che l’Opec un anno fa parlava di prezzi medi tra gli 85 e i 95 dollari. Oggi è sceso di 1,08 dollari.

Il petrolio, tra l’altro, oggi deve fare i conti anche con nuove forme energetiche, per esempio lo shale gas, il cosiddetto gas non convenzionale che rischia di rivoluzionare il sistema, visto che si estrae da argille e scisti.

Sale l’offerta russa di greggio

La domanda di greggio, dicono gli analisti, è in miglioramento e nello stesso tempo si prende atto di una novità sul fronte dell’offerta: l’incremento della produzione russa di petrolio. Ecco gli effetti di questo nuovo scenario.