La produzione del petrolio favorisce la Cina

 La Cina, in questo momento, ha superato gli Stati Uniti per quanto riguarda la produzione di petrolio. La competizione tra Cina e USA, ormai, è proverbiale, soprattutto in periodo di crisi economica. La Cina ha rallentato la produzione ma resta un caposaldo dell’economia internazionale.

Quello che attualmente si evince dai dati disponibili è che la produzione americana di petrolio crescerà ancora. Il periodo di riferimento usato per fare la stima è quello iniziato nel 2011 che si concluderà soltanto nel 2014. La crescita di cui si parla porterà la produzione di petrolio a 13 milioni di barili al giorno.

Pechino ridona fiducia alle borse europee

Sul versante cinese, invece, la produzione dell’oro nero crescerà ancora del 6 per cento e arriverà ad un uso di 11 milioni di barili al giorno. La domanda di petrolio che invece si registra negli USA è di 18,7 milioni di barili al giorno. Le statistiche che tengono a mente quel che è successo negli anni scorsi, dicono che siamo abbondantemente sotto il picco USA di 20,8 milioni di barili del 2005.

Il petrolio cresce per colpa dell’Egitto

In prospettiva, quindi, dal prossimo ottobre, la Cina potrebbe diventare il primo importante netto di petrolio, andando ad occupare il posto su cui oggi siedono gli Stati Uniti. La stima è stata realizzata dall’Eia, l’ufficio informazione del dipartimento energetico statunitense.

L’incremento della domanda cinese e l’aumento della produzione di petrolio da parte degli Stati Uniti, sanno alla base di questo cambiamento.

L’UE perquisisce gli uffici londinesi di BP e Shell

 Il sospetto era quello dell’ esistenza di una strategica manipolazione del prezzo del greggio: così gli ispettori della Commissione europea ieri mattina hanno perquisito gli uffici londinesi di due tra le più grandi compagnie petrolifere del mondo. Le multinazionali in questione sono, ovviamente, la BP e la Shell, sospettate di aver creato un cartello al fine di tenere sempre alto il prezzo del petrolio.

I prezzi del petrolio sono in calo

Ne hanno dato notizia, stamattina, le prime pagine dei più importanti quotidiani anglosassoni. Un eventuale manipolazione del prezzo del greggio, infatti, avrebbe il potere di creare un impatto e delle ricadute enormi sulle spalle dei consumatori europei.

> GDF indaga sulle società petrolifere per truffa a danno consumatori

A seguito delle ispezioni, tuttavia, i rappresentanti delle due multinazionali non hanno rilasciato commenti, anche se ammettono l’ esistenza di indagini in corso anche presso le altre sedi europee dei gruppi e la piena disponibilità aziendale nell’ agevolare la buona riuscita delle ispezioni stesse.

Dalla parte degli ispettori sta tuttavia il fatto che negli ultimi dieci anni il prezzo della benzina è cresciuto veramente a dismisura, tanto da far sospettare che non si basi su parametri reali, frutto delle oscillazioni del mercato. Il legittimo sospetto è dunque quello che siano stati inviati alle autorità europee dei parametri ritoccati a rialzo.

I prezzi del petrolio sono in calo

 I prezzi del petrolio, costantemente in aumento, sono un tormento per la zona euro. Gli automobilisti italiani ne sanno qualcosa, ma adesso potrebbe arrivare una buona notizia dal mercato delle materie prime.

 Abramovich jr parte dal petrolio

Il prezzo del petrolio, infatti, è diminuito in modo consistente ed ha alleggerito il peso dell’inflazione sul paese. Questo vuol dire che al di là delle decisioni della BCE, i vari stati possono converge su politiche monetarie di taglio espansivo. Una proposta, questa, che piace molto alla Credit Suisse.

Shopping londinese per gli emiri

Gli analisti della banca in questione, hanno rilasciato un documento approfondito sulle economie del Vecchio Continente e alla fine hanno stabilito che:

“Il contributo all’inflazione Europea da parte delle energie è destinato a scendere. Per la zona Euro questo potrebbe significare una caduta dell’HICP (Indice dei prezzi al consumo armonizzato) all’1% nel corso di quest’anno e anche nel Regno Unito, il profilo per l’indice CPI nel medio termine sarebbe minore”.

Se poi il prezzo del petrolio continua a scendere, allora c’è la possibilità che sia la BCE, sia la Bank of England si espandano. Il prezzo scenderà nella misura in cui diminuisce la richiesta delle maggiori economie mondiali, come ad esempio gli Stati Uniti e la Cina.

GDF indaga sulle società petrolifere per truffa a danno consumatori

 Le accuse che la Guardia di Finanza ha mosso verso le maggiori compagnie petrolifere operanti in Italia (Shell, Tamoil, Eni, Esso, TotalErg, Q8 e Api) sono particolarmente gravi. Si tratta, infatti, di rialzo e ribasso fraudolento dei prezzi sul mercato, manovre speculative su merci e truffa a danno dei consumatori.L’indagine della Guardia di Finanza è iniziata circa un anno fa. L’occasione che ha fatto partire le indagini è stato un continuo rialzo dei prezzi del carburante denunciato dal Codacons, che ne sottolineava l’ingiustificabilità: i prezzi dei barili erano più o meno stabili, ma quelli del carburante raffinato venduto al cliente finale continuavano ad aumentare, da qui il sospetto che dietro ai prezzi ci fossero delle manovre speculative.

La Guardia di Finanza ha passato al setaccio tutti i documenti relativi alla determinazione dei prezzi del carburante e anche quelli relativi alle istruttorie aperte dall’Authority per la Concorrenza e il Mercato e dal ministero dello Sviluppo economico. I prezzi italiani del carburante, poi, sono stati messi a confronto con quelli applicati negli altri paesi dell’Unione Europea.

Il risultato? Secondo la GDF gli aumenti dei prezzi derivano dai fondi di investimento in commodity e dagli ETF sul petrolio, per i quali hanno un grande peso le azioni speculative che hanno permesso alle compagnie petrolifere di mantenere i prezzi elevati sul mercato.

Comunque, nonostante tutto, i prezzi della benzina in Italia sono ancora altissimi.

Abramovich jr parte dal petrolio

 Ereditare l’attività e il business dei propri genitori, oggi, è sicuramente un sogno di tanti ragazzi che cercano di lavorare in un mercato sempre più blindato dalle difficoltà della crisi. Certo è che quanto tuo padre è il patron del Chelsea, magnate russo del petrolio, l’eredità è un vero terno al lotto.

Tutto quello che c’è da ricordare sulle materie prime

La notizia riguarda nello specifico Arkadij Abramovich che a soli 19 anni ha ricevuto una cospicua paghetta dal padre ed è diventato petroliere. Come ha fatto? Ha acquistato per 46 milioni di dollari un giacimento di petrolio in Siberia. La regione di per sé è molto ricca di oro nero. L’acquisto di questo giacimento è stato raccontato dal Times di Londra.

Cosa succederà al petrolio venezuelano

Abramovich Jr, infatti, prima di passare allo “shopping” ha costituito una socità, la Ara Capital che per il 45% appartiene alla Zotlav. Quest’ultima è stata usata per rilevare la CenGeo Holdings, per la modica cifra di 26 milioni di dollari, proprietaria di un altro giacimento di petrolio situato nella zona occidentale della Siberia. Questa regione con i suoi 100 milioni di barili di greggio, resta la riserva più importante di petrolio.

Il giovane petroliere, comunque, non è uno sprovveduto. Prima di lanciarsi nel mondo dell’imprenditoria, infatti, ha studiato all’estero, a Londra e in Svizzera e soltanto dopo la fine degli studi superiori ha deciso di lavorare, visto che di università, a quanto ne dicono, non ne vuole sentir parlare.

Cosa succederà al petrolio venezuelano

 E’ morto Hugo Chavez, il presidente Venezuelano che per alcuni è stato un dittatore, per altri un eroe. A livello finanziario ed economico, questa sua oscillazione identitaria tra il presidente ideale e il feroce aguzzino, non sono molto indicativi per la comprensione delle prossime mosse del paese.

Barclays suggerisce le commodities per il 2013

Il Venezuela, infatti, ha un grande patrimonio, il petrolio, e la sua produzione supera perfino quella dell’Arabia Saudita. Che ne sarà in futuro? Tutta l’economia del paese si fonda proprio sull’estrazione dell’oro nero. La British Petroleum ci fornisce i dati ufficiali: il Venezuela produce 296,5 milioni di barili di petrolio, superando i 265,4 milioni di barili del suo concorrente in Medioriente.

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Tutta l’economia venezuelana ruota attorno al petrolio, basta pensare che più della metà delle entrate del Governo sudamericano è basata su questa materia prima che capitalizza anche il 95 per cento delle esportazioni del paese. Per il futuro lo scenario è molto incerto.

A livello internazionale, infatti, i giacimenti petroliferi di questo colosso petrolifero, fanno gola a tanti investitori. Per esempio i russi della Rosneft hanno già detto di essere pronti a pagare 800 milioni di euro per avviare un’esplorazione nel territorio sud orientale del paese.

Tutto, adesso è nelle mani del vicepresidente che deve restare in equilibrio tra le spinte della crisi economica e della svalutazione monetaria da un lato e le spinte della produzione del petrolio dall’altra.

La Cina sarà il maggiore importatore di oro nero

 E’ successo a dicembre: la Cina ha superato gli Stati Uniti nell’importazione del petrolio e questa evenienza sembra dovuta all’incremento della produzione economica del paese e all’aumento dei consumi della classe media cinese.

Nel 2012 gli Stati Uniti avevano annunciato con sicurezza che in futuro sarebbero diventati i maggiori produttori di petrolio del mondo, i primi in assoluto, superando anche l’Arabia Saudita e cercando d’incentivare la soddisfazione della domanda interna del paese.

Non si è accennato al fatto che il 2013, dal punto di vista della produzione del petrolio, sarebbe invece stato all’insegna della Cina che pur avendo rallentato nella crescita economica, occupa ancora un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale.

I dati ufficiali devono ancora essere diffusi ma sembra che il sorpasso ci sia stato e a documentarlo sono i report del Financial Times che, riguardo all’America parlano di un calo delle importazioni pari a 5,98 milioni di barili al giorno. Un livello che non si registrava dal lontano 1992. Le importazioni cinesi, invece, sono cresciute fino a 6,12 milioni di barili al giorno.

Il sorpasso è stato possibile in virtù della crescita economica della Cina che ha comportato una richiesta importante di materie prime. Il calo delle importazioni negli Usa, invece, si lega al fatto che il paese ha puntato molto sulle rinnovabili ed ha cercato di soddisfare autonomamente la richiesta di petrolio.

 

Opec alza stime domanda mondiale petrolio

 E’ stato pubblicato questa mattina il report mensile dell’Opec -Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio- nel quale si legge che per l’anno in corso la domanda di petrolio potrebbe essere superiore a quanto stimato. La domanda di greggio nel 2013 è stata portata dai 760 agli 840 mila barili giornalieri.

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Già per il quarto trimestre del 2012 il cartello dei paesi esportatori di petrolio aveva alzato le stime di 45 mila barili al giorno fino a portarla a 0,8 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno. A dare questa iniziale spinta alla domanda globale di petrolio sono state, da un lato, i segnali di ripresa dell’economia e, dall’altro, il clima più freddo previsto per l’inizio del 2013.

Le nuove revisioni al rialzo, invece, che sono state quantificate in circa 80 mila barili al giorno, sono da attribuirsi ad una maggiore richiesta di greggio proveniente dalla Cina.

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Ma, a questa revisione al rialzo delle stime della domanda di petrolio, non corrisponde una crescita dell’economia mondiale che, anzi, è stata rivista al ribasso. La crescita stimata dall’Opec si attesta al 3% nel 2012 e al 3,2% nel 2013.

 

Nel 2013 si potrà investire tranquillamente sulle commodities

 Il 2012 si è finalmente concluso, portando via con sé le paure e le incertezze legate alla crisi economica che ha investito tutte le economie dei paesi sviluppati. Molti analisti sono concordi nel dire che questo nuovo anno si aprirà con un clima diverso che dovrebbe riportare i mercati alla normalità anche nel caso delle commodities, uno dei settori di investimento maggiormente colpiti in questo recente passato.

Il prezzo del petrolio continuerà a crescere nel corso dell’anno, soprattutto grazie all’aumento della produzione statunitense, che porterà il Brent in aumento del 4% e l’olio combustibile del 2% rispetto allo scorso anno.

La crescita dell’economia cinese, che quest’anno dovrebbe far registrare una crescita del Pil di almeno l’8%, si ripercuoterà sui prezzi dei metalli: in discesa quelli di ferro e acciai, in salita, invece, le quotazioni di rame, l’alluminio, il piombo, lo zinco, lo stagno e il nickel.

L’agricoltura rimane sempre un settore ad alto rischio, non solo per le congiunture economiche, ma soprattutto per quelle naturali. Tendenzialmente, comunque, per l’anno a venire, è previsto un lieve incremento dei cereali USA e del legname di conifere, mentre variazioni negative sono attese per la a lana e il cotone e, soprattutto, per la gomma.