Produzione industriale in crescita negli Stati Uniti e in Europa

 Negli Stati Uniti, le previsioni sugli ordini per i beni come computer e macchinari vedono una crescita a marzo del livello più alto in quattro mesi. Nella zona euro, le previsioni sono di una crescita costante della produzione industriale. In Cina, la seconda più grande economia del mondo, le previsioni sono invece di una minore crescita, anche se i dati non dovrebbero essere così negativi come a marzo.

Gli ordini negli Stati Uniti per i beni durevoli, quelli fatti per durare almeno tre anni, sono saliti del 2 per cento il mese scorso a seguito di un aumento del 2,2 per cento nel mese di febbraio. Gli ordini per i beni strumentali, che sono considerati un proxy sulle prospettive per gli investimenti delle imprese in elementi come computer e macchinari, sono aumentate dell’1 per cento facendo segnare l’aumento più alto dal mese di novembre.

In Cina, l’indicatore sulla produzione industriale si prevede in crescita ad aprile a 48,3 da 48 del mese precedente. La stima degli economisti è più bassa di 50 che significa contrazione.

 

Negli Stati Uniti in crescita prezzi alla produzione e fiducia dei consumatori

 

Nell’Eurozona, la produzione di beni e l’attività dei servizi è rimasta sostanzialmente invariata nel mese di aprile. Un sondaggio dei responsabili degli acquisti da Markit Economics mostra il dato preliminare ad aprile con l’indice composito che è cambiato poco a 53 rispetto a 53,1 del mese precedente. La misura dell’attività dei servizi si prevede in crescita a 52,5 da 52,2 di marzo. L’impressione generale è che il settore manifatturiero della zona euro è attualmente in un percorso di modesto recupero. La produzione industriale è crescita in modo non eccessivo ma comunque continuo in tutta la zona euro nel primo trimestre e ha dato un contributo per la crescita. La fiducia delle imprese tedesche, misurata dall’istituto di ricerca Ifo, si prevede in abbassamento nel mese di aprile con le aziende che sentono il rallentamento dei mercati emergenti e il rischio di escalation di sanzioni contro la Russia per l’annessione della Crimea.

In Cina aumentano i prezzi al consumo e scendono quelli alla produzione

 Il tasso di inflazione al consumo in Cina è aumentato a marzo, con i prezzi degli alimentari freschi in crescita. La deflazione però persiste nel settore industriale e questo è un altro segnale di una domanda debole e del rallentamento della crescita nella seconda più grande economia del mondo. L’indice dei prezzi al consumo (Ipc) è salito del 2,4 per cento a marzo rispetto all’anno precedente, con un aumento di più del 2 per cento nel mese di febbraio.

I prezzi dei prodotti alimentari freschi hanno dato un importante contributo, con i prezzi della frutta che sono cresciuti fino al 17,3 per cento e della verdura fino al 12,9 per cento. I prezzi alla produzione sono diminuiti in termini annuali per il mese consecutivo del 2,3 per cento, più del previsto.

 

La Cina prepara strategie aggressive per rilanciare la crescita

 

I dati commerciali deboli  di questa settimana si sono aggiunti alla corsa quasi senza sosta dei dati deludenti di quest’anno. Le autorità hanno escluso qualsiasi stimolo importante per rilanciare l’economia, anche se hanno annunciato alcune piccole misure mirate. L’ambiente attuale in qualche modo funge da cartina di tornasole per l’impegno del governo a consentire un più decisivo ruolo delle forze di mercato nell’economia.

In Cina si prevede che la crescita economica annuale rallenterà a un livello che è il più basso da cinque anni, al 7,3 per cento nel primo trimestre dal 7,7 per cento della fine dello scorso anno.

L’indice dei prezzi al consumo è aumentato quindi 2,3 per cento nel primo trimestre rispetto all’anno precedente con l’obiettivo del governo che è di circa il 3,5 per cento. Mentre i prezzi al consumo sono costantemente aumentati, i prezzi alla produzione sono scesi al ritmo più veloce in otto mesi a marzo, guidati soprattutto dai costi di estrazione del metallo.

La Gran Bretagna continua a crescere nella produzione industriale

 L’economia della Gran Bretagna ha esteso la sua ripresa quest’anno, come mostrano i dati, con la produzione industriale che ha fatto un salto più alto del previsto. Le imprese hanno fatto evidenziare un primo trimestre vivace e segni di una ripresa dei salari.

L’Office for National Statistics ha affermato che la produzione manifatturiera si è ampliata dell’1 per cento nel mese di febbraio rispetto a gennaio, il più grande aumento dal settembre dello scorso anno.

 

L’inflazione in Gran Bretagna scende ai minimi dal 2010

 

La produzione industriale è stata del 3,8 per cento superiore rispetto allo stesso mese dello scorso anno, il più grande aumento di tale misura in tre anni. La produzione industriale complessiva della Gran Bretagna, che comprende la produzione di energia e di petrolio nel mare del nord, è salita dello 0,9 per cento sul mese, riprendendosi da un debole gennaio, quando il maltempo ne ha ostacolato la produzione. L’Ons ha detto che rispetto a un anno fa la produzione industriale è aumentata del 2,7 per cento.

Il ministro delle Finanze britannico George Osborne il mese scorso aveva annunciato misure per aiutare i produttori nell’ambito di piani di lunga durata per rendere l’economia della Gran Bretagna meno dipendente. Dopo la sorprendentemente e veloce ripresa nello scorso anno, l’economia della Gran Bretagna sta crescendo più rapidamente di quasi tutti gli altri Paesi sviluppati. I dati dell’Ons suggeriscono che l’economia della Gran Bretagna è cresciuta dello 0,7 per cento nel primo trimestre, mantenendo il suo ritmo degli ultimi tre mesi dello scorso anno.

Con la ripresa accompagnata da un’inflazione sotto controllo, i funzionari politici della Banca d’Inghilterra politici, che si incontreranno questa settimana, non hanno alcuna fretta di alzare i tassi di interesse dal loro minimo storico dello 0,5 per cento. La Banca ha segnalato il secondo trimestre del prossimo anno, come la tempistica più probabile per un aumento  del tasso.

L’Europa è in ripresa e tornano gli investimenti

 La produzione industriale e le attività di servizi in Europa sono vicini al livello più alto da quasi tre anni, secondo i dati rilasciari ieri. I dati mostrano la crescita anche in un contesto di sconvolgimento geopolitico con la crisi politica in Ucraina e il rallentamento economico in Cina, suggerendo che le politiche del presidente della Banca centrale europea (Bce) sono state utili contro la crisi finanziaria della zona euro.

I tagli dei tassi di interesse di Draghi, le iniezioni di liquidità e l’impegno controverso per comprare i titoli dei Paesi in crisi hanno rafforzato la fiducia delle imprese e hanno spinto verso un’economia migliore. Draghi a mantenuto i tassi fermi in questo mese e a parte la ripresa ha avvertito che restano i rischi dei prezzi tenui, cioè l’inflazione bassa, e una valuta in rafforzamento, cioè l’euro.

 

L’Europa tra crescita e rischio deflazione

 

Il segnale che arriva dai dati economici è che c’è una migliorata fiducia e una modesta ripresa nell’Eurozona. A condizione però che l’inflazione non scenda ulteriormente.

L’indice sul settore manifatturiero e dei servizi nell’area dell’euro a febbraio, come ha comunicato Markit Economics Londra, è a 53,3 che è il più alto da giugno 2011. L’indicatore è stato superiore a 50, la linea di demarcazione tra espansione e contrazione, da luglio.

I dati dei primi tre mesi di quest’anno sono stati i migliori dal secondo trimestre del 2011 con la produzione in Francia, la seconda più grande economia della zona euro, che è aumentata per la prima volta da luglio 2011.

Gli investitori internazionali stanno tornando in Europa anche verso nazioni che hanno ricevuto salvataggi nelle profondità della crisi. Il Portogallo ha attirato più di 14,5 milioni di euro con un aumento di nove volte quest’anno. Il denaro è anche defluito in Grecia e Irlanda, che hanno visto gli investimenti aumentare rispettivamente del 75% e del 25%.

In Cina industria manifatturiera ancora debole

 L’industria manifatturiera della Cina si è indebolita per il quinto mese consecutivo, secondo una misura preliminare che si riferisce a marzo pubblicata oggi. Cresce quindi la preoccupazione della nazione di mancare l’obiettivo di crescita del 7,5% per quest’anno.

L’indice di HSBC Holdings e Markit Economics è sceso a 48,1 da 48,7. Numeri superiori a 50 indicano l’espansione.
I leader politici cinesi devono affrontare un atto di equilibrio nell’espansione del credito che è alimentato dal rischio di prestiti non rimborsati, mentre si cerca di scongiurare una crisi economica che aumenterebbe le probabilità di un incremento della disoccupazione.

 

►  Il rallentamento della Cina e gli obiettivi

 

Il Pmi è diventato sempre di più un barometro dell’economia cinese per gli investitori globali. Un vantaggio è che è uno dei primi dati di ogni mese, mentre i rapporti governativi sul commercio, la produzione industriale e le vendite al dettaglio in genere vengono rilasciati alcune settimane più tardi.

Il ministro delle Finanze Lou Jiwei ha affermato che la Cina non userà uno stimolo fiscale su larga scala per stimolare gli investimenti e si concentrerà sulla qualità della crescita. La nazione metterà più attenzione sull’ambiente.
La relazione di oggi dà qualche indicazione di quanto il rallentamento nei primi due mesi dell’anno si è esteso a marzo. Gli economisti all’inizio di questo mese hanno tagliato le proiezioni di crescita della Cina dopo che gli investimenti di capitale fisso sono aumentati al ritmo più lento da gennaio-febbraio del 2001. La produzione industriale e le esportazioni sono diminuite al livello più alto dal 2009.

La Cina garantisce azioni rapide come l’accelerazione dei progetti di investimento programmati per stabilizzare la crescita nel breve termine che dovrebbe essere accoppiato alle riforme per promuovere gli investimenti privati e guidare la crescita nel medio termine.

Il Vietnam è la nuova base della produzione globale a basso costo

 Il Vietnam potrebbe diventare quello che fino a oggi è stata la Cina, cioé una nazione dove si può produrre a bassi costi per prodotti di aziende multinazionali presenti in tutto il mondo. Il Vietnam e anche il Bangladesh si prestano bene a questo compito che la Cina non sembra più di potere realizzare.

La crescita economica della Cina ha portato anche a fenomeni correlati. Da una parte, lo sviluppo dei sindacati e dall’altra la questione inquinamento che rischia di diventare un’emergenza e che ha portato il governo a pensare a degli interventi per ridurne l’impatto. Il risultato sembra essere sempre di più la crescita del costo del lavoro e minori possibilità di avere una produzione rapida e senza tanti criteri da ottemperare.

 

Il Made in Cina verso il tramonto superato dal Vietnam e da altri Paesi

 

Quello che sta succedendo nell’economia globale è quindi uno spostamento della produzione a basso costo in Vietnam e Bangladesh. L’ambito del tessile, alla base di diverse aziende di moda, si sta orientando verso questi Paesi. Spesso attraverso una sorta di sfruttamento del lavoro e in condizioni non proprio corrette, molte aziende mondiali della moda, anche con accordi fatti con i governi locali, riescono a produrre con minori investimenti e a presentare prodotti a prezzi più bassi. Molti fenomeni come Zara hanno una logica di investimento di questo tipo, anche se magari non è necessario o praticato lo sfruttamento dei lavoratori. La manodopera costa poco in questi Paesi rispetto ai Paesi più sviluppati, c’è meno democrazia e spesso i lavoratori non sono ancora organizzati per chiedere retribuzioni più alte e migliori condizioni di lavoro.

 

In Cina rallenta l’economia

 Dopo il rallentamento del tasso di crescita, attestatosi l’anno scorso a quota 7,7%, il ritmo economico della Cina dà segni di ulteriori rallentamenti e mette in forse gli obiettivi di sviluppo previsti per il 2014 dalle autorità della Repubblica Popolare.

Il governo cinese ha infatti stimato per quest’anno un tasso di crescita pari al 7,5%. Tuttavia, secondo l’ufficio statistico nazionale, gli ultimi dati provenienti sia dal settore industriale e manifatturiero che dal versante dei consumi, indicano che l’incremento della produzione nei due mesi di gennaio-febbraio 2014 ha subìto un drastico rallentamento: è infatti calato all’8,6% rispetto al 9,7% registrato a dicembre ed anche rispetto al 9,5% previsto dagli economisti.

 

L’economia cinese cresce meno delle attese

 
L’indice meno incoraggiante viene dal comparto delle vendite al dettaglio, che si sono contratte su un livello di crescita dell’11,8% , contro il 13,1% di dicembre, mentre le proiezioni statistiche erano fissate su una crescita del 13,5%.

Secondo l’analisi realizzata dalla francese Société Générale, il calo delle vendite è attribuibile alla politica anti-inflattiva e alle misure anticorruzione recentemente avviate dalla Banca Centrale Cinese: il conseguente eccesso di scorte avrebbe a sua volta inciso sui livelli di produzione.

Questi numeri, sempre secondo Société Générale, dovranno indurre la Banca Centrale a rivedere le proprie strategie monetarie, individuando nuove misure e stimoli economici per contenere l’inflazione, anche nell’ottica delle politiche monetarie della FED, la Banca Centrale statunitense.

Nel mese di gennaio i prezzi al consumo sono rimasti fermi al 2,5% ma quelli relativi alla produzione industriale sono calati all’1,6%. Questa è la 23esima contrazione mensile consecutiva che coinvolge tutte le categorie di materie prime e beni strumentali.

L’economia cinese cresce meno delle attese

 La produzione industriale, gli investimenti e la crescita delle vendite al dettaglio in Cina si sono raffreddate più di quanto stimato in gennaio e febbraio, segnalando un rallentamento economico che rende l’obiettivo di espansione del governo più difficile da raggiungere.

La produzione industriale è aumentata dell’8,6%, l’avvio di anno più debole dal 2009. Le vendite al dettaglio sono avanzate dell’11,8%, il ritmo più lento dal 2004. L’aumento del 17,9% degli investimenti in capitale fisso è stato il più basso da 13 anni.

 

Il Made in China verso il tramonto superato dal Vietnam e da altri paesi

L’inizio dell’anno per la Cina non è stato quindi di crescita, mentre il premier Li Keqiang aveva indicato alla nazione che raggiungerà l’obiettivo di crescita flessibile del 7,5%. Il rallentamento può testare l’impegno del Partito Comunista di affronatre il debito e l’inquinamento. In tutti i casi la decelerazione della seconda più grande economia del mondo è molto veloce. Il governo cinese potrebbe tagliare il coefficiente di riserva o fare qualche allentamento entro pochi giorni per mantenere l’obiettivo di crescita del 7,5%.

Il rallentamento dell’economia cinese è piuttosto insolito nella storia economica degli ultimi dieci anni e le cifre di oggi mostrano una certa debolezza. Negli ultimi anni la Cina è cresciuta più degli altri Paesi essendo il principale tra i Paesi emergenti.

I dati rilasciati in precedenza, prima di febbraio, hanno mostrato esportazioni inaspettatamente crollate. I dati di oggi hanno mostrato anche che il valore delle case vendute è sceso del 5% rispetto agli stessi due mesi di un anno fa.

In un conferenza il Presidente Li ha affermato che il target di crescita del Pil è di circa il 7,5% e questo significa che c’è un certo grado di flessibilità.

L’industria torna a crescere a novembre

 A novembre 2013, l’indice della produzione industriale nazionale è tornato su valori positivi portandosi ad un incoraggiante +1,4%, con un incremento dello 0,3% rispetto al mese di  ottobre.

Secondo i dati Istat, tuttavia , la produzione su base 11 mesi è scesa del 3,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno 2012, mentre la media trimestrale (settembre-novembre 2013) si è assestata su un positivo 0,4% in più  rispetto ai precedenti mesi di giugno, luglio e agosto.

 

► Produzione industriale in crescita dopo più di due anni

 

Un’indagine di Bankitalia dello scorso dicembre ha inoltre evidenziato che l’imprenditoria italiana ha espresso in larga maggioranza una positiva valutazione di stabilità riguardo alla situazione generale dell’economia nazionale (64,2 per il settore industriale; 60,8% per il comparto servizi).

La ricerca di Bankitalia registra anche un ribasso delle attese a 6 mesi relativamente all’inflazione al consumo: dall’1,5% di settembre 2013, allo 0,9% di dicembre 2013, coerentemente con la decelerazione dei prezzi che ha caratterizzato la fase finale del 2013.

 

► Il Pil ferma la caduta e la produzione industriale cresce

 

Analogamente le aspettative a uno e due anni hanno segnato una riduzione rispetto alla precedente indagine, attestandosi rispettivamente all’1,1% (dall‘1,6%) e all’1,2% (dall’1,7%). Il 2014 potrebbe quindi iniziare con una ripresa debole come si prevedeva.

Tassi in diminuzione nell’asta di Btp: il ministero dell’Economia ha collocato titoli per complessivi 8,2 miliardi di euro, di cui 4 miliardi per i Btp triennali con rendimento lordo dell’1,51% ( 0,29% rispetto all’asta precedente).

I Btp settennali sono stati piazzati per 2,5 miliardi a un tasso del 3,17%, mentre i Btp a 15 anni hanno realizzato un complessivo di 1,694 miliardi (su un’offerta massima di 1,750 miliardi), con un rendimento pari al 4,26% (0,33% sulla precedente collocazione).