Tribunale fallimentare dichiara insolvenza Banca Etruria

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Il Tribunale fallimentare di Arezzo dichiara l’insolvenza di Banca Etruria. Lo fa con una sentenza di 15 pagine, decretando il fallimento dell’istituto aretino.

È stata respinta anche la richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale del decreto Salva Banche del 22 novembre scorso, presentata dai legali di Lorenzo Rosi, l’ultimo presidente del cda di Etruria.

La sentenza crea un nuovo scenario giudiziario. Esso rischia di travolgere tutti i membri del consiglio di amministrazione che si sono succeduti dal 2013 al 2015, compreso Pier Luigi Boschi, il padre del ministro delle Riforme Maria Elena, il quale dal maggio 2014 al febbraio 2015 è stato vicepresidente senza deleghe. La dichiarazione di insolvenza, infatti, è il presupposto che il procuratore di Arezzo Roberto Rossi aspettava per valutare l’apertura di una maxi indagine per bancarotta fraudolenta.

A questo punto tutte le spese deliberate dal cda di Etruria (le consulenze da 17 milioni di euro, la liquidazione all’ex direttore generale Bronchi da 1,1 milioni di euro, i premi aziendiali, i fidi concessi agli imprenditori “amici”) potrebbero diventare malversazioni a carico degli amministratori.

Gli avvocati Michele Desario e Antonino Giunta, che rappresentano l’ultimo presidente di banca Etruria, Lorenzo Rosi, hanno annunciato l’impugnazione in Appello della decisione con cui il tribunale di Arezzo ha dichiarato lo stato di insolvenza dell’istituto di credito ed ha rigettato l’eccezione di costituzionalità per il decreto salva-banche.

Si complica intanto la situazione del procuratore Roberto Rossi al Csm. La Prima Commissione, che sta trattando il suo caso per verificare un’eventuale incompatibilità per via dei suoi “silenzi” su Pierluigi Boschi, ha deciso di chiedere un ulteriore approfondimento alla procura generale di Firenze sui 10 processi che la procura di Arezzo ha trattato proprio sul vice presidente di Banca Etruria.

L’originale idea di considerare Rossi in buona fede da parte della Prima Commissione sta lasciando il posto, tra vari consiglieri, all’ipotesi che in realtà Rossi non abbia detto tutta la verità al Csm. La decisione comunque, a questo punto, dovrà attendere l’ulteriore arrivo delle carte da Firenze, che a sua volta dovrà chiederle allo stesso Rossi.

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